Un cambio di passo necessario per le politiche sulla montagna, ma soprattutto «l’introduzione di una filosofia amministrativa che disegni nuovi percorsi di sviluppo».
È il messaggio che parte da Manoppello dove amministratori e studiosi si sono incontrati per affrontare il tema del futuro della montagna e la necessità di un riequilibrio dei territori in grado di garantire la sopravvivenza dei piccoli comuni montani.
Organizzato dall’assessorato alle Politiche montane, il convegno “Vivere in Appennino. Una nuova legge sulla montagna“, rappresenta «lo spartiacque che la Giunta regionale ha intenzione di costruire nella politica di sviluppo della montagna», spiega l’assessore Donato Di Matteo.
«La nuova legge sulla montagna non sarà sullo stampo delle precedenti – spiega – ma disegnerà un modello che inserirà automaticamente le aree montane nei meccanismi dell’attività politica e amministrativa. In sostanza – aggiunge Di Matteo – la montagna sarà ‘trasversale’, prevendendo in ogni settore economico e sociale quote di attribuzione riservate alle aree montane».
Si abbandona, dunque, l’impostazione degli anni scorsi del Fondo nazionale sulla montagna come semplice erogatore di risorse per far posto al ‘modello montagna’ che entra come punto stabile nei processi di crescita e sviluppo dei singoli settori economici.
La nuova legge regionale, assicura Di Matteo, «avrà questa innovativa impostazione», al pari di quella che sta elaborando il Comitato interparlamentare sullo sviluppo della montagna il cui presidente, Enrico Borghi, è intervenuto al convegno di Manoppello.
«Il punto di svolta – spiega Borghi – è far capire le peculiarità dei territori montani e per loro studiare nei singoli provvedimenti interventi specifici senza per questo elaborare le cosiddette ‘leggi speciali’». «Nell’immediato – spiega ancora Borghi – questa nuova idea di sviluppo della montagna dovrà essere calata nell’elaborazione della local tax, banco di prova importante sul quale si giocano destini decisivi riguardo la fiscalità degli enti locali. Ma questo processo – ha concluso Borghi – deve partire e svilupparsi dal basso con una partecipazione diretta di sindaci e amministratori dei comuni montani. Si scordi Roma di realizzare vestiti che poi altri dovranno indossare».
Ma l’incontro di Manoppello è servito anche per fare il punto sullo stato dei servizi nei comuni montani. E qui il dato è «allarmante, perché – ha detto Borghi citando uno studio commissionato dal Comitato interparlamentare – il 70% dei comuni montani nega il diritto di cittadinanza per carenza di servizi». In Abruzzo, poi, un ruolo importante lo devono svolgere le aree protette, ma «è indispensabile – ha sottolineato Giovanni D’Amico della presidenza del Consiglio regionale – creare una rete di relazioni delle aree protette senza per questo diminuire o negare le singole autonomie. In tutti questi anni in Abruzzo questo è mancato».
PrimaDaNoi.it
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