I prodotti da forno
Il pane di Cappelli è ottenuto da una lunga e complessa lavorazione della farina di frumento duro della varietà Cappelli, preparazione che viene tramandata da padre in figlio sin dal 1930. Si presenta all’esterno con una consistente crosta di colore giallo oro e all’interno una struttura voluminosa gialla paglierina, con pronunciati alveoli di forma ovale. Viene prodotto in diverse pezzature che assumono le denominazioni dialettali seguenti: filoncino di municarella; coppiette; pagnotta alta; filone; cuscino; schirone. Può conservarsi per una decina di giorni. La Pizza Scime (çime) è un pane azzimo (senza lievito), nel dialetto frentano açime significa azzimo. Diffusa probabilmente dagli ebrei, che dal XII al XVIII secolo vivevano a Lanciano. La pizza scime sostituiva il pane al bisogno ed era consumata per accompagnare il cibo durante il lavoro. Si ottiene impastando a mano farina, acqua, sale e a volte olio e vino, l’impasto è appiattito in una sottile sfoglia di dimensioni diverse, la cottura era eseguita sotto il “coppo”, oggi viene cotta al forno, ha consistenza croccante e si conserva per più giorni. Con il nome di Fiadone, è compresa un’intera famiglia di prodotti da forno tradizionali, la caratteristica comune è l’essere costituiti da una parte esterna di pasta semi-frolla (fatta con farina, olio d’oliva e vino bianco) ed una farcitura interna a base di formaggio fresco o semi stagionato e uova.
Le numerose varianti di Fiadone afferiscono sostanzialmente a due categorie: Dolce, a forma di ciambella; ha un interno, formaggio fresco o ricotta che, nelle versioni più riuscite si presenta umido e spugnoso dal gusto delicato. – Salato, che ha la stessa forma, con un ripieno più asciutto ed elastico, se ne fanno di piccoli di forma tronco conica. Al taglio i sentori sono intensi di formaggio e uovo cotti insieme a cui si accompagnano i profumi dell’olio e del vino dell’impasto. Il fiadone rappresenta da sempre un cibo di rito, legato alla Pasqua (scambiato come dono fra le famiglie), oggi lo si trova nei forni della provincia durante tutto l’anno.
La pasticceria
L’arte dolciaria nel chietino è legata, più che in altri luoghi, ai doveri delle ritualità delle tradizioni locali. Alcuni dolci tipici prodotti dai forni con ingredienti semplici e genuini: “cielli pieni, pizzelle, spume, dolcetti di mandorle”, sono da sempre protagonisti dei banchetti e meritano di essere riscoperti e valorizzati come “tradizioni e sapori antichi” capaci di creare un ponte tra passato e presente. Grande importanza per questi dolci tra i vari ingredienti hanno le mandorle, presenti in buona parte delle preparazioni, siano usate intere o ridotte a farina. Altrettanto frequente è l’impiego della confettura d’uva Montepulciano d’Abruzzo, del mosto cotto, del miele e del cioccolato. Esiste sul territorio una fitta rete di forni che si approvvigionano da produttori locali di farine, marmellate, olio e miele. Si tratta generalmente di aziende per la maggior parte rappresentate da forni di piccole dimensioni a conduzione familiare, alcune con attività cinquantennale, sono accomunate da una profonda conoscenza e selezione delle materie prime e dai metodi di lavorazione dove, Il lento e prezioso processo di lavorazione a mano, permette un continuo perfezionamento di ricette tradizionali.
La pasticceria della Maiella
La tradizione dolciaria di quest’area trae origine dalle festività religiose più importanti ma anche dalle tradizioni locali: ecco le natalizie “nevole” o neole di Ortona, cialde (anche arrotolate a forma di cono) preparate con impasto di farina, mostocotto, olio e anici, cotte sul fuoco con un ferro particolare che ne disegna il tradizionale formato. Un altro esempio è dato dalle sise delle monache, dette anche Tre Monti, il dolce simbolo della città di Guardiagrele. Il dolce, con la forma tipica a tre ciuffi accostati a triangolo, è costituito da due alti strati di soffice Pan di Spagna farciti con crema pasticcera. Di rilievo anche il torrone di Guardiagrele, un gustoso croccante, costituito da mandorle intere tostate e mescolate a zucchero, cannella e frutta candita. A Rapino vale la pena di assaggiare i pasticci, di forma tronco conica, con involucro di pasta frolla ripiena di una crema a base di latte, cioccolato fondente, limone e di un trito di mandorle tostate e cannella in polvere e i cavalli, le pupe e i cuori, tipici dolci pasquali dell’intera provincia, ma qui felicemente interpretati, e finemente decorati. Tipico dolce di Fara Filiorum Petri è invece il serpentone, localmente ‘lu serpendone’ che veniva preparato anticamente in coincidenza della macellazione del maiale perché per la sua farcitura veniva impiegato il sanguinaccio.
I celli pieni
Un dolce di rito questo, si consuma in famiglia nelle feste di natale, come il panettone per i milanesi, molto diffuso in provincia, ma particolarmente nella zona frentana e a San Vito. L’amministrazione comunale del paese marinaro recentemente ha registrato il marchio figurativo e sta avviando le procedure per farne un prodotto a marchio. Forte è il legame con i sanvitesi che in agosto ne celebrano una evocativa festa. Oltre ad essere il dolce delle feste natalizie fino a poco tempo fa veniva fatto in famiglia in occasione del matrimonio della figlia e se ne riempivano canestri che accompagnavano, volando, la ragazza, che lasciava, sposandosi, il nido familiare per costruirne uno nuovo da riempire, e da qui il nome cellipieni. Dolce simbolo del volo e della fertilità. La forma è quella di un uccelletto, oggi rara, più diffusa quella di un tortellone. L’involucro è costituito da una pasta ottenuto da farina, vino, olio extravergine, zucchero. La farcitura è marmellata d’uva, arricchita con cioccolato, cannella e buccia di limone. Si conservano a lungo. Il bocconotto di Castel Frentano. “Lu buccunotte” è un pasticcino dalla forma tipica di coppetta, un involucro di tenera pasta frolla che racchiude una farcitura di consistenza morbida e vellutata, con granelli di mandorla tostata, dal profumo intenso e speziato di cannella, di cioccolato fondente e mandorle. La pasta frolla delicata e friabile, che costituisce l’involucro esterno del dolce, ed il sapore ricco e pieno della farcitura conferiscono al bocconotto castellino caratteristiche uniche, e ne fanno un vero e proprio “must” della pasticceria regionale. La ragione del successo forse dipende dal riuscito matrimonio tra ingredienti di origine locale, quali l’olio extravergine di oliva, la farina, le uova e le mandorle, ed esotici, come la cannella e il cioccolato fondente, oltre, naturalmente alla abilità delle massaie di Castel Frentano. La zona di produzione tipica è quella dei comuni di Castel Frentano e Lanciano. Se ne trovano degne di attenzione un po’ ovunque in tutto il Sangro Aventino e non solo. Nonostante si mantenga tranquillamente (in frigo) sino a 7-8 gg., il Bocconotto va gustato fresco ed a temperatura ambiente. Tra le numerose pasticcerie e forni del territorio che producono Bocconotti si segnalano due indirizzi: Liliana e Lobosco. La sfogliatella di Lama dei Peligni. La “sfuiatell” è un dolce tipico del comune di Lama dei Peligni, anche se in altri piccoli comuni montani della provincia si realizzano dolci simili con ingredienti diversi. Il dolce dalla forma ricorda una tellina molto grande le cui valve di sottile pasta sfoglia racchiudono una farcitura costituta da un mix di marmellata d’uva e di amarena, mosto cotto, noci e cacao. A fine cottura, le numerose e ondulate sfoglie assumono un bell’aspetto dorato. Prima del consumo viene spolverata con zucchero a velo. La sfoglia è ottenuta da un impasto di farina, uova, strutto e acqua, la cottura è al forno. Le sfogliatelle di Lama hanno avuto origine alla fine del 1800 ad opera di Donna Anna di Guglielmo in Tabassi baronessa di Lama dei Peligni. Gli ingredienti della originaria ricetta napoletana furono modificati per utilizzare le materie prime del territorio. La ricetta, così rielaborata, fu gelosamente custodita e solo intorno agli anni ’60 è stata resa di dominio pubblico. Il comune, insieme alla locale pro-loco, organizza ogni anno in aprile, un concorso fra le famiglie, per l’assegnazione della sfogliatella d’argento, al migliore dolce in gara.
Il miele
L’Abruzzo è la terza regione d’Italia per la produzione di miele che per la maggior parte viene prodotto in Val di Sangro. In questo territorio l’apicoltura moderna è stata avviata agli inizi del secolo scorso e si è notevolmente sviluppata: già prima della seconda guerra mondiale esisteva un’associazione di produttori e dal 1960 opera la prima ed unica cooperativa apistica abruzzese. Grazie alle relazioni fra aziende specializzate, facilitate dalla prossimità geografica e, soprattutto, grazie al lavoro di animazione di grandi appassionati come Nicola Caniglia ed Enzo Santeusanio oggi operano imprese molto professionali e si producono mieli di elevato livello qualitativo. L’adozione di tecniche produttive che prevedono lo spostamento delle api da un territorio all’altro in coincidenza con le epoche di fioritura, ha favorito in Val di Sangro la produzione, oltre che del caratteristico millefiori, di una grande varietà di mieli monoflora. Di questi, alcuni sono tipici del territorio come sulla, lupinella, acacia, girasole e santoreggia; altri vengono “bottinati” portando le api sulle fioriture tipiche di altre regioni come l’Eucalipto nel Lazio e gli Agrumi in Calabria e Puglia. La “capitale” del miele è il paese di Tornareccio ove ogni anno in settembre si organizza una manifestazione specializzata con mostra mercato
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