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Pescocostanzo

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Il toponimo Pescus Constantii compare per la prima volta nella seconda metà dell’XI sec. Pesco, dal vocabolo osco pestlùm (latinizzato poi in pesculum, da cui la forma volgare Peschio), indica il basamento roccioso sul quale si è formato il centro abitato originario. Del Costanzo che legò il suo nome a quello del masso roccioso, non si hanno notizie certe.

La Storia

• III sec. d.C., il ritrovamento di alcune tombe lascia supporre un insediamento in età romana. • X-XI sec., sorge il primo nucleo abitato, grazie alla rinascita delle attività agricole voluta dai monaci benedettini, verso il Mille. L’esistenza di un borgo fortificato è testimoniata da un’iscrizione del 1066 riportata su una delle formelle della porta bronzea della Basilica di Montecassino. • XIV sec., nuove costruzioni cominciano a occupare l’area a ridosso delle mura, mentre già era stato fondato l’antico nucleo religioso dove attualmente sorge la chiesa di S. Maria del Colle. • XV sec., il borgo continua a espandersi fino al 1456, quando viene distrutto dal terremoto. • XVI sec., la ricostruzione è rapida grazie anche al potenziamento della “Via degli Abruzzi” che unisce Napoli a Firenze evitando le insidie delle Paludi Pontine. Il rinnovamento urbano coincide con il governo illuminato di Vittoria Colonna (1525-47): la commissione degli “homini della Signora” diviene l’organo che sovrintende alle nuove espansioni urbane verso ovest e sud, conferendo al tessuto edilizio una conformazione molto vicina all’ attuale. • XVII-XVIII sec., lo sviluppo economico e culturale, dovuto alla pastorizia e alle attività ad essa legate, richiama in paese maestri artigiani di provenienza lombarda, che danno impulso all’artigianato dell’oreficeria, del ferro battuto, dei tessuti, del legno, dei merletti. E’ il periodo d’oro del borgo, che si arricchisce di chiese, palazzetti, case a schiera e opere d’arte. Nel 1774, l’Università di Pescocostanzo riesce ad acquistare definitivamente dal feudatario tutti i diritti sulla propria terra.

Uno straordinario patrimonio culturale e artistico

Tra gli immensi e silenziosi pascoli che la Maiella e l’alta valle del Sangro sorvegliano, sorge l’abitato di Pescocostanzo. Il luogo è così ricco di tesori d’arte e bellezze naturali da apparire miracoloso, una specie di quaderno rinascimentale e barocco da sfogliare con cura, con la premura di prestare orecchio ai passi degli avi che ancora echeggiano sulle strade lastricate, sotto le finestre degli antichi palazzi.

La visita al centro storico può iniziare dalla Chiesa di Gesù e Maria e dall’annesso Convento dei francescani, cui si arriva dalla stazione percorrendo un lungo viale costeggiato dai giardini pubblici. Fondata nel 1611, la chiesa presenta pregevoli altari barocchi in marmo, sui quali spicca il grandioso altare maggiore realizzato su disegno di Cosimo Fanzago (1626-30), autore anche del chiostro quadriportico del convento. Proseguendo sulla via Colecchi, si notano il fronte principale di Palazzo Sabatini (quello laterale dà sulla ripida gradinata di via Colle dei Corvi), ricco di portali, balconcini e decori in pietra, e la casa natale di Ottavio Colecchi, matematico e filosofo. Si arriva in breve allo slargo su cui si affaccia la Collegiata di Santa Maria del Colle (XIV-XV sec.) che conserva al suo interno magnifiche opere d’arte, a partire dal soffitto a cassettoni dorato e dipinto che copre tutta la navata centrale, realizzato da Carlo Sabatini intorno al 1680. L’interno si presenta a cinque navate suddivise da imponenti pilastri ed è frutto della ricostruzione seguita al terremoto del 1456.

E’ ricco di marmi, altari intarsiati, soffitti lignei. In particolare, l’attenzione si sofferma sull’altare maggiore, sulla statua lignea duecentesca, sul battistero in marmi policromi e sulla barocca cancellata in ferro battuto, opera dei maestri Santo e Ilario di Rocco (1699-1705), che chiude la Cappella del Sacramento.

Sulla stessa scalinata della Collegiata si affaccia un’altra chiesa degna di attenzione, Santa Maria del Suffragio dei Morti, che vanta un portale secentesco, un soffitto a cassettoni in legno  e un grandioso altare scolpito nel legno di noce, terminato da Ferdinando Mosca nel 1716.

Vicino si ammirano Palazzo Coccopalmeri (sec. XVII) con bel portale, balconi e finestre lavorate in pietra e, proseguendo frontalmente, sulla sinistra, Palazzo Colecchi dalla severa architettura cinquecentesca. Risalendo si entra in Piazza Municipio, una di quelle piazze italiane che sorprendono il visitatore per il meraviglioso effetto d’insieme.

Vi si affaccia da un lato l’ex Monastero di Santa Scolastica, costruito nel 1624 su disegno di Cosimo Fanzago, con la facciata movimentata da sei scenografiche nicchie cieche in pietra (al posto delle finestre, essendo destinato a monache di clausura) e da una grande gronda sorretta da mensole a forma di drago. Qui, nel luogo del castello e della chiesa di Sant’Antonio, si è sviluppato il nucleo più antico del borgo, il “Peschio”.

E da questa roccia, lo sguardo si apre agli altopiani, ai boschi e ai monti circostanti. Ridiscesi al “largo”, si incontrano il Palazzo del Governatore, recentemente restaurato, e il cinquecentesco Palazzo Comunale con la torre dell’orologio. Imboccando a sinistra Corso Roma, si entra nella parte più interessante del centro storico per l’edilizia civile minore, che assume caratteri di straordinaria peculiarità espressiva.

Tra i palazzi degni di nota, si incontrano Casa D’Amata (sec. XVI) con il caratteristico “vignale” (il pianerottolo su scala esterna), porte abbinate e finestre riquadrate, il Palazzo Grilli (sec. XVI) con quattro torrette angolari e due portali in pietra lavorata, e il Macello cinquecentesco. Tornati sul Corso, vediamo la severa architettura di Palazzo Mansi (sec. XVI) con il suo splendido portale e, sulla destra, una fila di abitazioni dei secoli XVI e XVII, con le tipiche logge e scale esterne. Svoltando a sinistra per via S. Francesco, dopo Palazzo Grillo si incontra Palazzo De Capite con belle opere in pietra datate 1850, e la chiesetta di S. Giovanni con portale e rosone di metà Cinquecento

Nello slargo successivo ci accoglie la cinquecentesca Fontana maggiore, cui sta di fronte, su una breve salita, Palazzo Colecchi (1771) dalle linee armoniose  e leggiadre. Superato l’angolo, a destra si osserva Palazzo Cocco, pure barocco, e sulla sinistra, in un vicolo, Palazzo Ricciardelli (sec. XVI) con un bel portale e i balconi a pancia in ferro battuto. Superate a sinistra le caratteristiche case a schiera sei-settecentesche, si arriva a via della Fontana, dove si nota a sinistra Palazzo Pitassio.

Di qui si raggiunge la piazzetta dove sta la piccola Chiesa di Santa Maria del Carmine (1645), nei cui pressi sorge Palazzo Mosca (1564), della locale famiglia di intagliatori e maestri dell’arte lignea, sede fino al 1860 di una scuola di diritto canonico. La visita si conclude con Casa Rainaldi, ennesimo trionfo del barocco (portale, balconi e finestre) in questo splendido borgo. 

Il prodotto del borgo

Sono ancora fiorenti alcune espressioni artigianali di antica tradizione, quali l’oreficeria in filigrana, il merletto a tombolo, la lavorazione del ferro (oggetti per la casa in ferro battuto) e del legno (grazie a una scuola di eccellenti intagliatori). Le donne di Pescocostanzo lavorano in genere per conto terzi, ma qualcuna ancora vende direttamente a casa i suoi preziosi merletti realizzati al tombolo, anche su disegno.

Un giro per Pescocostanzo

Visitare Pescocostanzo è come fare un tuffo nel passato. Il centro storico è un susseguirsi di palazzi, chiese e monumenti rinascimentali e barocch.Tutto è così ben conservato che in questi luoghi l’alternarsi dei secoli sembra sia avvenuto per passaggi naturali, senza scossoni e stravolgimenti. Rimangono immutate le case tipiche (i vignali) con le gradinate e i pianerottoli esterni, separati da muri frangivento, i palazzetti ornati da portali e finestre in pietra lavorata, le botteghe degli artigiani del centro.

La Chiesa Colleggiata dell’Assunta

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oggi Basilica dedicata a S. Maria del Colle, ha un’architettura imponente romantico-rinascimentale. Fu distrutta dal terremoto del 1456 e ricostruita e sottoposta a continue modifiche nei secoli successivi. All’interno, le 5 navate danno un’impressione di grandiosità e il soffitto a cassettoni in legno scolpito e con la volta dorata, rapisce lo sguardo. Gli affreschi, gli stucchi e gli altari lignei nascondono veri e propri tesori dell’arte rinascimentale. Racchiude in sé tutta la storia dell’artigianato locale.

Palazzo Fanzago

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Fu costruito nel 1624 come convento di clausura per le religiose di Santa Scolastica. Progettato da Cosimo Fanzago è un edificio maestoso che nella facciata non ha finestre, vietate dalla clausura, ma sei grandi nicchie barocche, a protezione dell’isolamento claustrale, e il tetto incorniciato da mensole in legno a forma di draghi.

Ospita il museo dell’artigianato artistico e della scuola di tombolo La Chiesa di Gesù e Maria, fondata nel 1611, con un grandioso altare maggiore in marmo Opera di Fanzago e l’annesso Convento dei francescani

Il Palazzo del Governatore

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in Piazza del Municipio e il Palazzo comunale su una cui parete laterale sono infisse le lapidi dei Capitoli amministrativi approvati da Vittoria Colonna nel 1507. I Palazzi Rinascimentali delle ricche famiglie del passato: Grilli(sec. XVI), Coccopalmeri (sec. XVII), Ricciardelli(sec. XVI), Colecchi(sec. XVI), D’Amata, Schieda.

Il tombolo

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Sono ancora fiorenti le antiche tradizioni artigianali, come l’oreficeria in filigrana, il ferro battuto e la lavorazione del legno (grazie a una scuola di eccellenti intagliatori)  Il tombolo, però, è la più conosciuta delle arti di Pescocostanzo. la sua lavorazione si diffuse alla fine del XV secolo, grazie alle mogli dei maestri muratori lombardi che si trovavano qui per rimettere a nuovo il paese dopo il tragico terremoto del 1456. Oggi un intero museo è dedicato ai merletti e alla lavorazione artigianale, con una ricca esposizione di lavori antichi, un prezioso catalogo di motivi del primo ‘900, una collezione di utensili da lavoro. All’interno è possibile acquistare anche alcuni lavori e disegni.  Le donne di Pescocostanzo lavorano in genere per conto terzi, ma qualcuna ancora vende direttamente a casa i suoi preziosi merletti realizzati anche su disegno.  Le trine di Pescocostanzo si diffusero e furono apprezzate in Italia e all’estero a partire dagli inizi del ‘900. Seguono due metodi di lavorazione: ”rinascimentale”, con ampie volute e motivi floreali, ”punto antico” con la ripetizione di motivi propri della tradizione come: la giara, l’aquila, la rosa, i pesci etc. Oggi la diffusione e il compito di tramandare questo tipo di lavorazione alle nuove generazioni è affidato alla scuola comunale.

Il Bosco di Sant’Antonio

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La Riserva del Bosco di Sant’Antonio, gestita dal comune di Pescocostanzo, è ideale sia per il trekking che per lo sci di fondo. E’ stata la prima area naturale regionale ad essere istituita in Abruzzo e nei suoi 550 ettari ospita una faggeta d’alto fusto circondata da campi coltivati ed aceri e pini selvatici secolari. D’inverno la Riserva è percorsa da un interessante anello per lo sci da fondo, con tracciati tra i più conosciuti della regione, serviti da scuola sci, noleggio attrezzature, sciolinatura e punto di ristoro.  Al margine meridionale del bosco c’è l’eremo di Sant’Antonio, una suggestiva cappella rurale, di origine medievale, con un piccolo campanile a vela, ancora oggi meta di pellegrini, in particolar modo il 13 giugno, festa del santo.

Eremo di San Michele Arcangelo

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L’eremo di San Michele Arcangelo si trova a soli 4 km da Pescocostanzo, ai piedi del monte Pizzalto, in località Pedicagna, in zona comodamente raggiungibile da tutti. Se ne ha notizia già nel 1183 in una Bolla di papa Lucio III, ma probabilmente l’origine è più antica ed è legata al culto di Ercole. Con il diffondersi del Cristianesimo e per la presenza dei Longobardi nell’area, il luogo di preghiera fu dedicato a San Michele Arcangelo. La parte frontale è strutturata ad angolo. La facciata principale chiude la grotta che ospita la chiesa e la cappella funebre dei Ricciardelli. La facciata laterale più piccola chiude invece la zona abitativa, con due stanze disposte su due livelli, realizzata come ricovero di pastori transumanti. L’interno della chiesa è pavimentato con lastre in pietra, in contrasto con la volta nella roccia originale e presenta una balaustra finemente lavorata, sempre in pietra locale, a chiudere la zona più interna in cui troverete un piccolo altare ed una nicchia che ospitava la statua di San Michele Arcangelo.

Credits:

portaleturistico – viva abruzzo

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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