Alla ricerca di magici scenari
I Piani di Pezza sono un altopiano carsico di origine glaciale compreso nella catena del Velino-Sirente. È delimitato a nord e a sud da interessanti creste montuose che spesso superano i 2000 m, ed è un luogo incontaminato che si ben presta alla pratica di sport sia estivi che invernali. Il nostro percorso inizia a Capo Pezza dopo aver percorso quasi interamente i piani (circa 5 km su strada brecciata). Si prende poi la strada bianca che poco dopo diventa sentiero, seguendo sempre i cartelli bianco-rossi (percorso 1). Si Piega a destra e poi si entra nella faggeta dove comincia la salita. A circa un’ora dalla partenza fare attenzione alla biforcazione del sentiero (sentieri 1/1A). Intorno a quota 1800 m, prendere sulla destra un sentiero in salita (bianco-rosso 1A). Continuare sul sentiero fino ad uscire dal bosco. Davanti a voi lo splendido scenario dello Iaccio di Capo Pezza. Mantenere il sentiero a destra sotto le balze della Cimata del Puzzillo. Il percorso comincerà a salire leggermente (circa 1h dalla partenza). Poi il sentiero si inerpica per stretti tornanti fino a raggiungere la cresta soprastante (Cimata di Pezza). Una volta raggiunta la cresta, l’orizzonte si allarga sulla Valle del Puzzillo e l’evidente Rifugio Vincenzo Sebastiani (consultare sul sito i giorni di apertura), proprio sotto le pareti del Costone. Il ritorno è per il medesimo percorso. Questo sentiero risulta impegnativo per via del dislivello; quindi valutare le proprie condizioni fisiche e tornare indietro quando si è stanchi
Il sentiero del grifone
Il Sentiero del Grifone si sviluppa su carrarecce e sentieri pedemontani stanti il versante sud del massiccio Velino-Serra in una cornice naturalistica e archeologica di alto pregio. Il percorso è attrezzato e segnalato nei comuni di Scurcola Marsicana, Magliano dei Marsi e Celano. Esso prende il nome dall’avvoltoio qui introdotto con successo negli anni ‘90 dal Corpo Forestale dello Stato. Il tratto qui proposto, che ricade nel comune di Celano, parte in cima al centro storico da un comodo tracciato che inizia dietro la chiesetta degli Alpini, dove è posizionato il primo segnavia su una tabella in legno. Seguendo il segnale bianco-rosso si attraversa un’area con bassa vegetazione che consente di guardare il panorama circostante; si giunge poi ad una rigogliosa pineta. Il sentiero, prevalentemente pianeggiante, si fa strada tra i fusti che, con portamento slanciato, arrivano anche ai 30 m d’altezza. Si costeggia una parete di roccia dove c’è un’area attrezzata per l’arrampicata. Per un tratto si abbandona la pineta. Il luogo offre un’atmosfera suggestiva e unica: ci si trova all’improvviso di fronte al massiccio del Monte Velino e in lontananza si scorge la Piana del Fucino; sopra la nostra testa inoltre, in alto nel cielo, è possibile ammirare i grifoni con i loro voli circolari che seguono le correnti calde che li accompagneranno alla ricerca del cibo. Con andamento sali e scendi, si giunge a Casca l’Acqua, meta dell’escursione, dove fino a primavera è possibile ammirare la cascata. Ci si avvale dello stesso itinerario per il ritorno.
Il Lavino e le sue sorgenti cristalline
L’area protetta del Parco del Lavino prende il nome dall’elemento naturalistico che maggiormente lo caratterizza, ovvero le acque sulfuree del fiume omonimo in cui sono presenti solfati disciolti che conferiscono ai laghetti, alle polle sorgive e ai ruscelli la loro caratteristica e suggestiva colorazione azzurro-turchese. Il Parco sorge a Scafa, nella frazione di Decontra e il percorso comincia direttamente dalla strada Provinciale: a segnalarne l’inizio c’è un arco in ferro battuto con la scritta “Parco del Lavino”. Esso si snoda in parte su una pista ciclabile e in parte su sentiero ed è delimitato da massicce staccionate in legno. Dopo 150 m, si gira a sinistra nei pressi di un cavalcavia e si giunge ad un’area pic-nic con annesso parco giochi. Un’implosione sensoriale colpisce il visitatore: l’acqua cristallina assume diverse colorazioni e l’olfatto è rapito dal pungente odore di zolfo. Dall’area pic-nic si costeggia il corso d’acqua a sinistra, si oltrepassa il ponticello e si procede dritti per circa 200 m su una traccia visibile. Poi si torna indietro sui propri passi per 150 metri, dopodichè si gira a destra. Il percorso delimitato anche da pietre colorate di giallo ci porta ad osservare alcune costruzioni che testimoniano lo sfruttamento delle risorse idriche del Lavino, come l’antico mulino Farnese risalente al 1600. Dal Mulino si prosegue poi per circa 100 m e poi si gira a sinistra percorrendo la strada ciclabile ombreggiata da alberi di fichi, nocciole e prugne, fino al punto di partenza.
Lungo il fiume della storia
Siamo nei pressi di una delle più antiche abbazie benedettine d’Abruzzo, San Liberatore a Majella, la cui fondazione verrebbe fatta risalire all’IX secolo, per opera di Carlo Magno. Le sue pertinenze, nel periodo di massima espansione, andavano dalla Majella all’Adriatico, tra le valli del Sangro e del Pescara. Questo breve percorso ad anello (Itinerario 5 del Parco) parte dal piazzale dell’Abbazia e conduce attraverso un comodo sentiero sulle rive del fiume Alento, in questo tratto ancora un torrente. Qui, protetti da una staccionata, si può osservare una bella cascata. Si prosegue guadando il torrente grazie ad un piccolo ponticello in legno e, dopo una breve salita di pochi minuti, si raggiunge uno slargo; sulla sinistra, incastonate nella parete rocciosa, si possono ammirare alcune tombe rupestri di epoca paleocristiana. Qui l’ambiente è molto suggestivo e risulta caratterizzato da un’elevata umidità che favorisce il proliferare di muschi e felci. Superate le tombe, si prosegue per alcuni metri lungo la gola (prestare attenzione quando il fondo è bagnato), si attraversa un altro ponticello dopo il quale il sentiero si stringe. Da qui, a sinistra, si risale su un costone per alcuni metri fino ad arrivare su una strada sterrata che, costeggiando a monte l’Area faunistica del Capriolo, riporta verso la grande abbazia di San Liberatore a Majella. All’area faunistica si accede liberamente e gli animali possono essere avvistati dalle feritoie poste lungo il perimetro della recinzione.
Sulle tracce di Papa Celestino V
Questo breve sentiero conduce all’Eremo di San Bartolomeo: lasciata l’auto sulla strada in località Macchie di Coco si prende il percorso indicato con “S” (Spirito) sulla sinistra che all’inizio è una strada sterrata (Itinerario 3 del Parco). Dopo aver deviato a sinistra in corrispondenza di una croce in ferro, il sentiero si stringe e, dopo pochi minuti, conduce ad un belvedere sull’omonimo vallone. Comincia poi la discesa, agevolata da scalini scavati nel terreno, che termina dopo un ultimo tratto comodo a mezza costa. Di qui, il percorso continua attraverso un passaggio nella roccia da cui si accede alla balconata naturale dove è stato edificato, a metà del XIII° secolo, l’Eremo di San Bartolomeo. Pressochè al centro della balconata, vi sono due gradinate: la prima è detta “Scala Santa”. Sulla facciata vi sono due tabelloni affrescati del XIII secolo: una Madonna col Bambino e un Cristo benedicente. Nella parte antistante si trovano la chiesa con l’altare e la nicchia che ospita la statuetta di San Bartolomeo; mentre, nella parte posteriore, la piccola cella in cui si ritirava Pietro da Morrone, passato alla storia come Papa Celestino V. All’interno della chiesa, sotto una pietra squadrata, vi è una piccola risorgenza d’acqua dalle proprietà taumaturgiche chiamata acqua di S. Bartolomeo. È costume che venga raccolta con un cucchiaio e mescolata con l’acqua di una sorgente sul lato destro del sottostante torrente Capo la Vena. Ogni anno, il 25 di agosto, l’eremo è meta di pellegrinaggio dai paesi vicini.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.