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Parlatorio del convento delle Clarisse a Città Sant’Angelo

Ex Convento delle Clarisse

Una finestra sul mondo esterno

Il parlatorio del convento delle monache delle Clarisse a Città Sant’Angelo è adiacente alla chiesa di Santa Chiara ed è il luogo dove, nel rispetto delle regole della clausura, oggetti, offerte, e lettere venivano collocati nella ruota, per passare dagli offerenti, che si trovavano nel parlatorio-cappella, alle suore.

La nascita del convento delle Clarisse spinse a realizzare il tracciato di Corso Umberto I (o anche Strada del Sole), le cui estremità vengono raccordate alle strade ricavate dai valloni (Sant’Antonio e Sant’Egidio) sui quali insistono le porte di accesso al paese.

La ruota degli esposti

 

La ruota degli esposti – © Foto di Graziano Romanelli

La cosiddetta “Ruota o rota degli esposti” è un meccanismo girevole di forma cilindrica, costruito in legno, diviso in due parti chiuse per protezione da uno sportello: una verso l’interno ed un’altra verso l’esterno che, combaciando con una apertura su un muro, permettesse di collocare, senza essere visti dall’interno, gli esposti, i neonati abbandonati. Facendo girare la ruota, la parte con l’infante veniva immessa nell’interno dove, aperto lo sportello, si poteva prendere il neonato per dargli le prime cure.

Vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato, ed anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere, dove mettere offerte per sostenere chi si prendeva cura degli esposti.

Per un eventuale successivo riconoscimento da parte di chi l’aveva abbandonato, al fine di testarne la legittimità, venivano inseriti nella ruota assieme al neonato monili, documenti o altri segni distintivi.

 

Ruota e grata del parlatorio – © Foto di Graziano Romanelli

A destra della ruota vi era una finestra con grata (ora murata ma se ne nota ancora l’incasso) per il dialogo delle monache di clausura con le persone presenti nel parlatorio-cappella.
Si racconta che nella seconda guerra mondiale, durante l’occupazione tedesca, l’antico affresco della crocifissione di Cristo, ormai poco leggibile e scuro plausibilmente a causa dalla combustione della cera delle candele votive, fu coperto con della tempera bianca da una squadra di soldati nazisti che dovevano pernottare lì. Ma la mattina seguente ritrovarono l’affresco della crocifissione intatto, scevro dell’irriverente pittura censoria. Forse accadde per miracolo o più probabilmente a causa dello strato oleoso delle candele che ricopre l’affresco, il quale non fece attecchire la vernice a base d’acqua.

Ex Convento delle Clarisse

Tra i vari ordini monastici presenti nel territorio, quello delle Clarisse ha la più lunga persistenza. Si ha notizia della loro presenza dal 1300 alla fine dell’ottocento. Gli storici locali sostengono che il primo convento era situato fuori le mura nella zona attualmente occupata dall’ospedale (e dalla chiesa di Sant’Antonio di Padova) e che le suore furono costrette a chiedere un sito dentro le mura, su cui riedificare un nuovo monastero, per evitare le continue distruzioni dovute alla sua posizione di estrema vulnerabilità. Tale autorizzazione fu concessa da Innocenzo IV (nel 1367 secondo Falconio, nel 1356 a detta del Castagna, nel 1357 per il Pace, al fine di erigere un nuovo e più sicuro monastero che venne collocato ai margini meridionali della zona centrale dell’abitato, delineando così i nuovi confini dell’espansione urbana.

Il precedente monastero delle Clarisse fuori le mura

Sul colle di Santa Chiara, fuori dalla terra ed escluso dalla protezione della cerchia muraria della Civitas, era sorto verso la fine del XIII secolo un ricovero di Clarisse. E già nel 1314 la piccola comunità di religiose si segnalava per la sua consolidata presenza, tanto da lasciar supporre -essendo il sito per nulla garantito da altre difese- che il monastero potesse comunque contare su affidabili protezioni murarie, tali almeno da scoraggiare le ordinarie minacce di aggressioni che a quei tempi non erano né lievi né rare.

La sicurezza del pio luogo si rivelò sufficientemente efficace fino a tutta la prima metà del secolo XIV. poi la città -come annotano gli storici locali- dovette sopportare ripetuti assalti da parte delle compagnie che percorrevano il litorale adriatico al comando di di spietati capitani di ventura.

Contro questi pericoli nulla poterono le pur solide mura del convento, e durante gli assedi si può supporre che a far le spese del livore e della rabbia degli assalitori, respinti dai cittadini angelesi, era spesso l’esposta ed inerme comunità delle Clarisse.

Tra tutte le ingiurie subite, il guasto che alcuni fanno risalire al 1352 ed attribuiscono alle orde del terribile Fra’ Montreal D’alborno di Provenza dovette risultare tanto grave ed ingiurioso per le monache di Santa Chiara da consigliare alle sfortunate religiose il prudente proposito di edificare un nuovo monastero, questa volta ubicato all’interno della città. L’autorizzazione fu concessa con bolla pontificia di Innocenzo IV nell’anno 1357 e giustificata con i danni arrecati dalle “Passate guerre” al locum delle Clarisse.

Nel 1352 venne dalla Provenza Fra Monreale alla testa di una grossa schiera di avventurieri muovendo dalla Puglia con 2000 barbute e più di 1200 fanti. Contro costui la nostra città sostenne vigorosamente gli assalti e dovette patire gravi danni. Rimase allora quasi distrutto il sobborgo sul così detto colle di S. Chiara, sul quale esisteva già sin dal 1314 pure un semplice ricovero di Clarisse”.

PASQUALE PACE   (“STORIA DI CITTA’ SANT’ANGELO”: Stab. Tip. Arte Stampa, Pescara, 1943-XXI)

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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