La facciata della chiesa parrocchiale di S. G. Battista, in Ortona dei Marsi, è del trecento ed ha nel centro un rosone tipico di quell’epoca
Le origini
Ortona dei Marsi è tuttora, come nel passato, il centro più importante e più popolato della Valle del Giovenco. Il Giovenco è un fiume che nasce all’inizio del Parco Nazionale d’Abruzzo (nel 1990, data in cui è stato redatto questo opuscolo, Ortona non faceva ancora parte del Parco Nazionale d’Abruzzo), al lato Nord, nel territorio dei comune di Bisegna, ed è alimentato in gran parte dalle sorgenti de ” La Ferriera “, che sgorgano dalle rocce sotto l’abitato di San Sebastiano dei Marsi; esso percorre tutta la valle fino a Pescina e riversa le sue acque nel Fucino, di cui è stato unico affluente quando era un lago. Il nome Giovenco è dei tempi storici, ma il fiume nell’antichità primitiva aveva il nome mitico di Pitonio, ed era considerato una divinità temuta e amata. Ci sono delle buone ragioni per ritenere che la Valle del Giovenco fosse abitata fin dalla preistoria. Pietre lavorate, risalenti al Neolitico, sono state trovate da amatori nella campagna delle frazioni di Ortona, Carrito, Cesoli e Rivoli. Comunque è da ritenere fuor di dubbio che la Valle – allora molto fertile e con clima mite, per la vicinanza delle acque del Fucino – fosse popolata, poiché, quando più tardi si potrà parlare di storia, un popolo ben organizzato era stanziato nella zona e sarà protagonista nelle vicende che appresso accenneremo.
Questa popolazione viveva di caccia e di agricoltura rudimentale e, specialmente, di pastorizia; la religione era naturalistica ” connessa con la vita libera della selvaggia natura e con la caccia ” (Tacchi – Venturi, Storia delle Religioni). Ancora più numerosi sono i ritrovamenti di oggetti appartenenti all'” età del ferro “: lance, attrezzi agricoli, ceramiche, tombe ad inumazione… Si può parlare a questo punto (secoli IX-V a. C.) di un gruppo etnico ben definito che popola tutta la Marsica, di cui fa parte la Valle del Giovenco. ” La Valle del Giovenco era sicuramente marsa per tutta la sua lunghezza. […] Abbiamo una notizia da Plinio, secondo cui il fiume Gioveneo nasceva negli ultimi monti dei Peligni e passava nel territorio marso: oritur in ultimís montibus Pelígnorum […] transit Marsos ” (W. Cian- ciusi, U. Irti, G. Grossi, Profili di Archeologia Marsicana, 1979).
Le prime notizie riguardanti la Marsica e la Valle del Giovenco ci vengono date dagli storici dell’antica Roma, Livio, Polibio, Plinio, e sono riferite agli anni 305-295 prima di Cristo, in occasione della narrazione delle guerre sannitiche. Fra Roma e i popoli Sanniti, in quegli anni lontani, c’è stata una lunga guerra di supremazia, durata più di cinquant’anni. I Marsi si trovavano fra i due belligeranti in una posizione strategica di somma importanza e, negli intrigati eventi che caratterizzarono quella guerra, essi ora erano alleati degli uni ora degli altri, anche se predominava l’avversità contro i Romani. Tra le fortezze militari, sparse qua e là nella Marsica, ne troviamo una: Milionia, come la chiama Tito Livio: essa è stata localizzata nelle contrade di Casej, Rivoli, Colle Cavallo nel territorio di Ortona dei Marsi. Nel 1862 lo storico Antonio De Nino ha pubblicato in Notizie degli Scavi di Antichità comunicate alla Regia Accademia dei Lincei per ordine di S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione un lavoro dal titolo: ” Marsi XII – Ortona – Resti degli Antichi Recinti Poligonali Riconosciuti nel Territorio del Comune “; in esso l’Autore localizza l’abitato di una città nelle contrade sopra indicate, e il Di Pietro, nei suoi lavori, la identifica come Milionia.
Del resto quasi tutti gli altri studiosi di storia locale concordano nel localizzare la Milionia di Tito Livio (libro x) nei posti che abbiamo detto. La prova decisiva è stata data dal ricercatore inglese Andrew J. Slade. ” Il sito di Milionia appare disposto in modo da controllare e bloccare l’accesso della valle del Giovenco, sia per chi viene dal Fucino, attraverso la gola di Pescina, che per chi viene dall’area Peligna, attraverso i sistemi viari della Valle di Carrito e della “Portella” dell’Olmo di Bobbi, e dell’area Sannitica. La sua recinzione muraria, con circonferenza di circa 3,600 Km. […] chiude nel suo interno ben tre alture e controlla sia il percorso basso che quello alto del fondo valle ” (W. Cianciusi . . ., op. cit., pag. 141).
Ortona come era. AUTORE: Saverio Taglieri
Sul finire della guerra sannitica, 294 a. C., Milionia era una città-fortezza dei Marsi, alleati dei Sanniti, i quali, attaccati dall’esercito dell’Urbe al comando dei consoli Lucio Postumio e Marco Attilio Regolo, si ritirarono da Sora e posero una linea di resistenza proprio a Milionia. Il console Lucio Postumio Megello cinse immediatamente d’assedio la città, ma la difesa sannita rimaneva indomita. Allora il condottiero Romano fece trasportare attraverso la via Valeria le macchine militari per portare l’attacco risolutivo alla fortezza. La strada però arrivava a Cerfegna (Collarmele) ed egli la fece prolungare fino al Valico di Forca Caruso, da cui si dipartiva un ramo che risaliva la leggera pendenza del Vallone di Carrito: in questo modo gli sarebbe stato possibile prendere alle spalle la fortificata Milionia. Lo stratagemma riuscì. Fu una giornata memorabile. I legionari di Roma iniziarono l’attacco di prima mattina, e l’impeto degli arieti, delle vince, delle catapulte fu violento. L’urlo dei soldati, misto al cozzo delle armi ed agli stridii delle macchine da guerra, riempì la valle di un clamore assordante. Alle 10 crollarono le mura. Ma i difensori non cedevano: in una disperata difesa essi contesero ai Romani casa per casa, pietra per pietra. La lotta feroce corpo a corpo, per le vie e dentro le abitazioni si protrasse con esito incerto fino alle due del pomeriggio.
Alla fine l’aquila romana piantò gli artigli vittoriosi sulle mura rase al suolo dell’eroica fortezza. Furono contati i morti ed i feriti: solo da parte sannita si ebbero 3200 morti e 4200 feriti e prigionieri. Tito Livio non ci tramanda l’entità delle perdite romane. Era l’anno 458 dalla fondazione di Roma e mancavano 294 anni alla nascita di Cristo. La storia di Milionia finì ed i Marsi entrarono a far parte definitivamente della repubblica di Roma.
Ortona in festa – AUTORE: Saverio Taglieri
Il Santuario di Sulla Villa
Sul finire del ‘600 viene eretta una piccola chiesa nella ridente frazione alla base della montagna che sovrasta Ortona verso Oriente. La frazione allora aveva ancora il nome di Fumegna, solo più tardi fu chiamata La Villa. Precedentemente, come è stato accennato, più in là, verso la frazione di Santa Maria e nei pressi della località Fonticelle, c’era stata la chiesa di S. Agnese, andata distrutta in seguito alle vicende narrate. Nel 1690 un certo Antonio Castrucci, certamente ortonese, volle costruire una nuova chiesa più vicina al centro abitato di Sulla Villa e vi fece apporre due iscrizioni ai lati dell’altare:
A sinistra
SACELLUM HOC EXIGUUM
NON EXIGUE PIETATIS MONUMENTUM
PARTHENAE MATRI EXTRUCTUM
ANTONIUS CASTRUTIUS GRATUS MEMOR
ERE SUO
ANNO SAL. MCXXXX
A destra
ANTONIUS CASTRUTIUS
OB CONDITUM EXORNATUM
SUIS DEIPARAE SUMPTIBUS
HOC SACELLUM
ET INGUE [?] NEC TACENS
PIETATIS ANIMI DEI TESTIS
SACELLUM IPSUM
COMENDAT
A.S.1690
Trecento anni fa, dunque, l’ortonese Antonio Castrucci, a sue spese, faceva costruire questa chiesa, piccola nella sua materiale dimensione, ma ispirata da una grande pietà verso la Vergine Madre di Dio, come è detto nelle iscrizioni. Nella chiesa è venerata una statua della Madonna, seduta, che allatta il Bambino. La statua è certamente più antica della chiesa e, probabilmente, prima si trovava nella chiesa di S. Agnese, vicina alla frazione di Sulla Villa, allora chiamata Fumegna. Il popolo di Ortona è stato sempre profondamente attaccato alla Madonna della Villa; non meraviglia che siano sorte anche delle leggende che hanno accompagnato questa devozione. I più vecchi del paese ci hanno raccontato che la statua della Madonna fosse di Villalago: e abbiamo riscontrato una accentuata rassomiglianza con la statua nella chiesetta presso il lago di Scanno. Quelli di Villalago avrebbero tentato di riprendersi la statua di Ortona, caricandola su una cavalla, ed essendosi avviati verso la strada che, attraverso il valico della Dragonara nei monti dietro Santa Maria, porta a Villalago, erano arrivati alla località oggi detta di Fonte Santa. Qui giunti, non potettero procedere oltre, perché la bestia sprofondò nel terreno argilloso. Dalla spaccatura del terreno scaturì una sorgente di acqua miracolosa, che fu appunto chiamata ” Fonte Santa “. La sorgente in seguito ha perduto i suoi poteri, da quando alcuni scanzonati vi gettarono un cane rognoso, profanandola. Ancora oggi tutti ricordano questa sorgente, che si è perduta solo negli ultimi anni, e ancora si possono vedere le pietre che la circondavano e la proteggevano. Dobbiamo notare che da quando la statua della Madonna fu collocata nella chiesa di Fumegna, veniva chiamata la Madonna della Villa (= di Villalago); il nome passò in seguito all’intera frazione, La Villa, e poi Sulla Villa. Abbiamo nominato il valico della Dragonara. I più giovani probabilmente non l’avranno sentito nemmeno mentovare, ma si tratta di una località, dove tutti gli Ortonesi, fino ai nonni più anziani ancora viventi, hanno lasciato qualche ricordo.
Ortona è un paese che ha sempre avuto bisogno di legna per l’inverno lungo e freddo e non ha boschi; l’unico bosco stava alla Dragonara e di là passava anche la strada per andare a piedi a Villalago. Quando era tempo di procurarsi la legna si andava alla Dragonara a raccoglierla, con quanta fatica è facile immaginarlo, e si dovevano affrontare anche pericoli di vario genere, tra cui quello di essere pescati a tagliare legna verde e beccarsi una contravvenzione oltre al sequestro della legna. Alla Dragonara c’era anche il confine fra il tenimento di Ortona e quello di Villalago; i termini di questi confini erano molto incerti, per la configurazione accidentata della zona e per gli sconfinamenti operati specialmente dagli Ortonesi. Per la determinazione di essi c’è stata una lite fra i due paesi iniziata nel ‘400, sotto la dominazione aragonese, e mai risolta, Ancora negli anni cinquanta fra i due Comuni c’erano esposti e ricorsi alla Provincia ed alla Prefettura. Poi è cessata, quando la gente non è andata più a fare legna.
Un’ultima curiosità. Quando si avvicina un temporale e si teme la caduta di grandine, c’è sempre pronto qualcuno a Ortona che va a suonare la campanella di Sulla Villa. Se non altro è un richiamo alla preghiera e alla fiducia in Dio, allorché la tempesta si abbatte sull’uomo. E’ tradizione ormai secolare che dal 5 al 13 agosto, tutte le sere ci si reca al Santuario di Sulla Villa per celebrare la novella dell’Assunta; il giorno 14, dopo la novena si svolge la processione, che accompagna la statua della Madonna dalla frazione alla chiesa parrocchiale in Ortona-centro. La statua viene poi riportata al Santuario la domenica seguente la festa dell’Assunta. Un’altra tradizione porta a celebrare la messa nella chiesa di Sulla Villa il giorno 24 dicembre, vigilia di Natale, al mattino.
La Chiesa della Madonna delle Grazie
Tra il Seicento e il Settecento è sorta ad Ortona un’altra chiesa, detta della Madonna delle Grazie e dedicata alla Natività della Vergine.
Questa chiesa si trovava in contrada Aia, fuori le mura, come dicono gli studiosi più antichi, ed, effettivamente, allora essa stava fuori del paese, perché questo arrivava solo fino alla cinta esterna delle mura medioevali, e si è esteso fuori a cominciare dalla fine del secolo scorso. La localizzazione precisa della chiesa è nell’attuale giardino comunale, poco più sotto del monumento ai caduti. Nel secolo scorso essa raggiunse la massima importanza, poiché vi si celebrava la novena in preparazione alle feste patronali del 6, 7 e 8 settembre in onore di S. Antonio di Padova, di S. Rocco e della Madonna delle Grazie.
La caratteristica era che al termine della celebrazione religiosa, mentre i fedeli rientravano in paese, suonava la campanella dell’Ave Maria; intanto i rivenditori di fichi offrivano la loro merce lungo la strada, che poi prenderà il nome di via Roma, ma che allora era solo una strada di campagna fuori il paese: da questo fatto venne fuori l’espressione ” la campanella a fìquer’a fiquera “, che qualche volta si suona ancora oggi nella stessa circostanza, anche se lo scenario è completamente cambiato. Al termine della novena, c’era una processione per recare le statue dei Santi dalla detta chiesa alla parrocchiale di S. Giovanni. Da questa processione venne fuori l’espressione della festa delle Sette Madonne.
Un’altra usanza era legata alla festa dell’8 settembre. La mattina il giovane innamorato andava alla casa della ragazza a portarle un regalo; essa doveva fingersi sorpresa, ma aveva già preparato la torta o i ciambelletti da offrire a lui.
Chiesa di S. Giovanni Battista – La parte più antica è del XIV secolo e comprende la navata centrale
La chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista è situata al centro della parte bassa del paese.
Il nucleo originale dell’edificio in stile romanico-gotico è stato eretto nella prima metà del 1300 insieme alla parte inferiore del campanile su cui, ancora oggi, c’è la campana grande, del peso di circa cinque quintali, lesionata, che porta incisa la data del 1342. L’edificio, come tutta la parte più antica di Ortona, non ha fondamenta, ma sorge direttamente sulla roccia compatta e conserva ancora la struttura fondamentale delle colonne in pietra squadrate del romanico delle nostre zone; originale del ‘300 è anche la facciata con il rosone, che costituisce un esempio tipico dell’arte abruzzese. In una Relazione ad limina scritta nel 1594 dal Vescovo Colli si apprende che ad Ortona esisteva la colleggiata di S. Giovanni Battista. Vi facevano parte un preposto che occupava l’ufficio di parroco e altri cinque sacerdoti detti canonici. Il titolo di colleggiata attribuito alla parrocchiale è una significativa testimonianza dell’importanza avuta a quel tempo dal paese. Difatti il vescovo Colli, nella citata Relazione, nomina soltanto otto colleggiate in tutta la diocesi dei Marsi: Celano, Avezzano, Cese, Scurcola, Magliano, Albe, Trasacco e Ortona.
Chiesa di San Giovanni Battista – Navata destra. AUTORE: Saverio Taglieri
La chiesa parrocchiale ha subito diversi rifacimenti e aggiunte. In particolare sul finire del ‘400 e l’inizio del ‘500 è stata ampliata con l’aggiunta delle due navate laterali; nello stesso periodo sono stati eseguiti degli affreschi, di cui resta solo qualche traccia, sufficiente però per mostrarci due date, leggibili nella prima colonna a destra: 1484 (in cifre arabe) e 1500 ( in caratteri latini). Questi affreschi raffigurano i Santi più popolari della tradizione cristiana: S. Lucia, S. Caterina martire, S. Antonio abate, ecc. Essi sono stati riscoperti recentemente, nel togliere l’intonaco fatiscente che li ricopriva. Il portale è stato rifatto nel 1735 da “mastro Berardino Melone della Torre di Alfedena”, come dice l’iscrizione incisa sotto l’architrave; sempre nello stesso anno sono stati eretti gli altari laterali e l’altare maggiore in marmo intarsiato ed è stato aggiunto il pulpito in legno scolpito. Nel 1932 venne rifatto il soffitto rovinato dal terremoto del 13 gennaio 1915. Nel 1947 per interessamento del Parroco don Paolo Frezzini è stato costruito un altare trono per l’urna di S. Generoso. Nel corso dell’estate del 2001 si sono svolti lavori di recupero e restauro conservativo del portale, del rosone e delle edicole ed è stata disinfettata l’intera facciata.
da Ortonadavisitare
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