Il segno più imponente della presenza umana, in età italica, su Monte Pallano è rappresentato dalla possente cinta muraria, risalente al V-IV secolo a.C. e verosimilmente ricollegabile alle vicende della popolazione sabellica che per lungo tempo ha abitato questa montagna, i Lucani. Situate sulla parte terminale dell’altopiano, quella che degrada progressivamente verso Tornareccio, a non molta distanza dai ripetitori e dalle antenne, le mura megalitiche di Monte Pallano, realizzate con enormi massi di calcare locale, raggiungono attualmente la lunghezza di 163 metri, superando a fatica i 5 sia in larghezza che in altezza. In origine, come risulta anche da un documento del 1894 conservato nella Cattedrale di Atessa, la muraglia era molto più grande, includendo ben 5 ordini di blocchi in più rispetto a quella attuale, ed era intervallata da tre porte: la cosiddetta “Porta del Piano” (quella meglio conservata), la “Porta del Monte” ed un terzo passaggio, brutalmente abbattuto anni addietro per consentirvi il passaggio di una strada rurale.
Queste entrate, distanti circa 60 metri l’una dall’altra, se da un lato lasciano supporre un’esigenza di mobilità per quanti si trovavano all’interno, dall’altro avevano una valenza prettamente difensiva: la loro esigua larghezza (solo 89 cm) non poteva permettere, in caso di assalto dei nemici, l’ingresso di più di una persona per volta. La Sovrintendenza Archeologica di Chieti ha iniziato, negli ultimi anni, un importante opera di recupero architettonico delle mura, concentrandosi, tra l’altro, sulla ricostruzione dei passaggi e sulla migliore “visibilità” dell’insieme. Su queste mura, sulla loro funzione e sulla loro costruzione molto si è fantasticato, specie da parte di una popolazione tenuta costantemente all’oscuro dei risultati dei (non molti) lavori scientifici appositamente svolti: c’è chi le attribuisce ai Saraceni, chi alla straordinaria forza di mitici ciclopi, chi, ancora, ai Paladini di Carlo Magno (non a caso, le mura sono conosciute, nel luogo, anche come “Mura paladine“), sovrapponendo ai numerosi elementi mitologici, fattori medievali di esplicita importazione franca. Ovviamente, niente di tutto questo ha una sua attendibilità scientifica. In attesa di conoscere i risultati degli ultimissimi lavori (tuttora in corso), con certezza sappiamo che il ricorso a fortificazioni megalitiche in età italica non è del tutto eccezionale. Tutt’altro. In Abruzzo e Molise gli esempi di mura similari a quelle di Monte Pallano sono numerosissimi, specie nei territori peligni (nell’area di Sulmona) e in quelli dei Sanniti- Pentri (nel beneventano e nell’alto Molise) dove finora ne sono stati censiti almeno 200. Per rimanere nella zona sangrina, alcuni esempi di recinti megalitici, seppur di dimensioni certamente più modeste rispetto alle mura di Pallano, sono quelli di Monte Vecchio, Monte Maio, Montenerodomo, Monte Moresco, Monte San Giuliano e Colle della Guardia. Ma Monte Pallano, a differenza di questi altri centri, e per la sua morfologia e per la sua eccezionale posizione, ricopriva inevitabilmente un ruolo centrale nella difesa militare del territorio, in quanto dalla sua cima si può controllare pienamente tutto il territorio frentano e quello vastese, allungando lo sguardo fino al mare Adriatico.
Del resto, non appare inverosimile “l’ipotesi di una “copertura” difensiva completa di vastissimi territori di più regioni del centro Italia, con allineamenti strategici tali da consentire la trasmissione di messaggi “simbolici” da sponda a sponda, Tirreno-Adriatico e viceversa, in tempi rapidissimi e con efficacia immediata” (A. Cicchitti). Ebbene, Pallano, in questo schema “naturale”, si inseriva in maniera perfetta, contribuendo incisivamente a tenere alla larga sia le popolazioni della Magna Grecia (che evitarono di stabilire rapporti commerciali con le popolazioni sannitiche le quali privilegiavano, invece, quelle lontane e meno invadenti dell’Illiria, nell’attuale Dalmazia), sia tutti i plausibili nemici, anche se, come è noto, i temutissimi romani riuscirono ad avere la meglio anche sulle fortificazioni italiche a partire dal II secolo a.C..
Se la funzione difensiva e militare delle mura è quella che balza immediatamente agli occhi, non è da escludere anche una loro funzione sacrale, in quanto il recinto megalitico di Pallano presenta caratteri analoghi a esempi architettonici di dimensione europea normalmente preposti a ricoprire anche funzioni mistiche – si pensi alle costruzioni nuragiche della “vicina” Sardegna, alle cittadelle micenee, ai complessi megalitici celtici e sassoni e ai templi neolitici di Malta: non è del tutto improbabile, allora, che anche su Monte Pallano le mura potessero assumere il rango di veri e propri “recinti sacri” con possibili e inquietanti valori misterici e religiosi.
Se a tutto ciò si aggiungono le mille leggende su presunte grotte, ricchi tesori e straordinari folletti che infestano la montagna, si capisce perché ancora oggi chiunque entri a contatto con Monte Pallano non può non paragonarsi con una storia affascinante e, allo stesso tempo, ancora troppo misteriosa.
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