L’Aquila fu edificata in modo che le sue chiese disegnassero a terra la Costellazione omonima in cielo, in una replica precisa. La rivelazione, non si legge in un libro di Dan Brown che, nel suo Codice da Vinci, ci ha abituato a fitti misteri, ma arriva dal giovane Luca Ceccarelli, da sempre appassionato di storie e intrighi.
È lui l’autore (insieme a Michele Proclamato e Paolo Cautilli) del libro ”La Rivelazione dell’Aquila” (si può acquistare in città o sul sito www.ilcapoluogo.it ), in cui si racconta il capoluogo abruzzese in una maniera diversa da come siamo abituati a conoscerlo.
Fino a ieri la città è stata legata al binomio con ”il numero 99” (ogni persona racconta di 99 castelli, 99 chiese, 99 piazze e 99 fontane e un altro elemento dà ancora più colore alla leggenda: l’orologio della torre di Palazzo Margherita suona 99 rintocchi; spesso si tratta di numeri di fantasia, ad esempio le chiese sono circa una sessantina), ma oggi si presenta con una nuova chiave: le basiliche, le strade e le pietre svelano un mondo misterioso, fatto di significati simbolici pagani, massonici ed esoterici. Perché mai ridisegnare proprio lo schema celeste che porta (o dà) il nome al territorio urbano? Sull’interrogativo i tre giovani studiosi hanno lavorato per molti mesi per approfondire e verificare sul campo questa affascinante scoperta: «L’immagine originale della costellazione della stella Altair si ”specchia” sulle chiese cittadine e sei punti su sei combaciano perfettamente».
Non ha dubbi Ceccarelli, che aggiunge: «Sovrapponendo le due immagini e posizionando la stella centrale ”Deneb el Okab” sul Duomo che è il centro, si vede chiaramente come Altair, corrisponde perfettamente con la basilica di San Bernardino e poi, in senso orario, Santa Giusta (con la stella 6781), quindi Collemaggio, la fontana delle 99 Cannelle e San Silvestro».
Ma non solo. Le felici intuizioni dei tre studiosi non si fermano qui. Per loro la città era destinata a diventare una nuova Gerusalemme. Almeno questa fu l’idea del suo fondatore, Federico II di Svevia, che voleva farne una nuova capitale spirituale. «Fu lo storico Crispomonti- continua Ceccarelli- a parlare per primo della straordinaria somiglianza della città Santa con il disegno delle mura dell’Aquila. Noi, osservando attentamente le due piante, abbiamo evidenziato altri particolari. Il fiume Cedron scorre nella parte bassa della città, così come l’Aterno per l’Aquila. Le due città sorgono entrambe su colline, l’Aquila a 721 metri sul livello del mare e Gerusalemme a poco più, 750 metri. Verso nord c’è il monte del Tempio di Salomone come da noi c’è Collemaggio. E, infine, la piscina di Siloe (citata nella Bibbia come il luogo dove Gesù compì il miracolo della restituzione della vista) è localizzata esattamente come la Fontana delle 99 Cannelle: entrambe sono opere di ingegneria idraulica e entrambe sono adiacenti ad una porta muraria».
E allora, con Ceccarelli, come Cicerone d’eccezione siamo andati sui luoghi più noti, per scoprire le verità più nascoste (ogni sabato, alle 15.30, si organizza ”il Tour dei Misteri”, al costo di 10 euro a persona, info: Welcome Point, piazza Duomo, tel. 0862-22312 www.centrostorico.laquila.it). Ad iniziare dalla Fontana delle 99 Cannelle, di forma trapezoidale, bella nella sua architettura e nella sua lineare scenografia, che sorge in una zona detta Rivera per l’abbondanza di acqua.
Ed eccoli i turisti a contare i mascheroni: «Ma sono solo 93?». «Infatti – precisa ancora Ceccarelli – il fatidico numero si raggiunge grazie alle sei cannelle, prive di maschere, situate in basso a destra dell’ingresso. La leggenda vuole che ognuno dei castelli che aveva contribuito alla fondazione della città avesse condotto fino a qui una cannella con la propria acqua, ma questo è l’aspetto più comune. Noi abbiamo passato al setaccio ogni pietra, andando a scavare nella storia del monumento. Da sempre è stata usata come lavatoio pubblico, per noi, invece, rappresenta un tempio di iniziazione cavalleresca dei Cistercensi, quei grandi conoscitori dei segreti della scienza, dell’astronomia e dell’ingegneria di cui i Templari furono il braccio armato».
Ogni figura è diversa l’una dall’altra, ma a catturare l’attenzione è la pietra angolare che rappresenta l’uomo pesce, o meglio Colapesce, personaggio della mitologia, e tiene sotto controllo tutto il monumento. Solo a lui è concesso di vedere tutte le altre facce. E se ci si mette all’angolo esatto, si ha una visione completa di tutta la fontana.
Un’altra delle tappe importanti del percorso del mistero è la Basilica di San Bernardino, che corrisponde, si è visto, alla stella di Altair. Monumentale la costruzione, la cui facciata si innalza maestosa e sembra fondersi in un tutt’uno con il cielo. “Io e i miei amici – continua Ceccarelli – più volte ci siamo soffermati sul trigramma bernardiniano IHS e chiesti a cosa corrispondesse il PHS, posto sullo stemma cittadino. Qualcuno ritiene che possa essere un’errata trascrizione dell’IHS. Forse potrebbe significare Priuree Honorable Sion, il celebre Priorato di Sion, l’antichissima associazione segreta che ordinò la formazione dei Templari e, secondo alcuni, fu custode del Santo Graal”.
E il filo conduttore dei Templari si ritrova in un altro luogo denso di fascino, fuori dal centro storico: la Basilica di Collemaggio, esempio superbo di romanico-gotico che da sola vale il viaggio, ma anche, sotto questa nuova luce, concentrato di simbologia esoterica. Qui fu nominato Papa Pietro da Morrone, con il nome di Celestino V (identificato dai più come il personaggio citato da Dante, nell’Inferno, canto III, 58-60, “colui che fece per viltà il gran rifiuto”).
La basilica, la cui facciata è ornata di decorazioni geometriche in pietra bianca e rossa, scandita da tre portali e tre rosoni, è da tutti conosciuta per avere la Porta Santa, la prima al mondo, dove il Papa, dal 1295, donò l’indulgenza della Perdonanza, anticipatrice degli Anni Santi (a fine agosto una festa rivive questo particolare rito). “Le rosa-croci, simbolo dei templari – conclude Ceccarelli -decorano la facciata, inoltre si può notare anche una quadratura a specchio di alcune pietre bianche che ricordano quelle del Tempio di Salomone a Gerusalemme. All’interno sul Mausoleo, dove è custodito il corpo del Papa, sono ben visibili i sigilli di Re Davide e di Re Salomone. Tutto ciò avvalora la tesi che il disegno di Federico II di far nascere una nuova capitale spirituale, fuori dei confini dello stato pontificio, fosse stato ripreso da Celestino V. E, forse, a suggellare questo stretto rapporto con l’Aquila, il papa volle celebrare il pontificale in città: fu la prima volta, al di fuori di Roma».
Di Isa Grassano
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