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La Rocca e la montagna di Roseto nell’Abruzzo

I resti della Rocca di Roseto (Foto dell’autore)

Oggi la Rocca è uno dei siti archeologici ricadenti nell’area del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, l’accesso al sentiero che porta alle sue rovine è correttamente segnalato da un cartello e, ad esempio, viene citata nell’itinerario escursionistico che collega Crognaleto alla Madonna della Tibia , nel distretto Strada Maestra, o in quello archeologico che unisce attraverso la citata SS 80 Teramo a L’Aquila, ma oggettivamente le conoscenze finora sfruttate per la sua valorizzazione sono state limitate. Dalle informazioni disponibili al pubblico, nelle guide cartacee e in rete, non emerge l’importanza avuta dalla Rocca di Roseto nel passato (lo abbiamo visto si tratta di circa mille anni di storia), né vi è alcun accenno al rapporto di controllo e dominio del tratto montano e dei suoi commerci, insomma dell’economia e della società della regione dall’età medievale.

 

La Rocca di Roseto nell’Abruzzo di Egnazio Danti (Città del Vaticano, Galleria delle carte geografiche, 1580-1585)

Nel caso della Rocca e della Montagna di Roseto le fonti cartografiche, ancor più di quelle scritte, sembrano riuscire a testimoniare nel tempo l’importanza avuta dal manufatto e dall’area montuosa circostante nella storia della regione. Stanti le poche informazioni desumibili dalle cronache e dalle descrizioni geografiche, pur se più numerose con l’avvicinarsi dei secoli, è infatti la cartografia storica con le sue attestazioni – benché con grafie leggermente differenti e collocazioni approssimative – a dimostrare che la Rocca ebbe un ruolo significativo e riconosciuto nell’economia e nel controllo del territorio, altrimenti non sarebbe possibile spiegare il perché siano presenti riferimenti in carte lontane nel tempo, realizzate da autori diversi, per provenienza e preparazione, per finalità e per committenze differenti. Purtroppo, l’Abruzzo non possiede un grande patrimonio cartografico antico, proprio per questo ogni tavola esistente, analizzata criticamente negli elementi che la compongono e negli aspetti peculiari da cui trae origine, può concorrere a svelare i molteplici legami tra l’uomo e il territorio, a fare emergere dal silenzio del tempo luoghi che nel passato hanno avuto funzioni importanti per le società umane e che possono oggi essere riscoperti e riproposti al pubblico, generando locali ricadute economiche, se inseriti in percorsi culturali, turistici e naturalistici (D’Ascenzo, 2010).A tale scopo si rivela particolarmente preziosa l’eccezionale pianta conservata presso l’Archivio di Simancas, perché permettendoci di vedere nei dettagli come si presentava la Rocca nel 1684, di testimoniare la sua funzione strategica ancora per quel periodo e di segnare una data fondamentale sia per la sua vicenda e per le funzioni svolte nei confronti del territorio circostante, rende possibile predisporre intorno a questi eventi ipotesi di valorizzazione attivabili che promuovano il sito e lo spazio circostante. L’approccio geostorico, anche in questo caso, si è rivelato foriero di risultati interessanti e potenzialmente in grado di sollecitare ulteriori approfondimenti e studi, particolarmente a livello locale.

Fonte: Annalisa D’Ascenzo

La storia

Monastero di S.Giovanni a Scorzone da paesiteramani.it

Costruita sopra uno sperone roccioso a oltre 1200 m di altitudine che dalla sua formidabile posizione guarda sopra le vallate della montagna teramana ed il paese di San Giorgio. Oggi i pochi ruderi ammassati sopra le rocce non rendono giustizia a questa fortificazione che per alcuni secoli è stata il centro identificativo di un’intera comunità che portava il suo nome, oggi sparsa tra i moderni comuni di Cortino e Crognaleto. Il toponimo è da riferirsi al casato di chi forse la fece edificare, tale Rosetto o Rossetto mutato in seguito in Roseto, il luogo venne scelto in base al fatto che al tempo era vicino ad importanti vie di comunicazione come la strada che da Montorio svalicava i monti fino a L’Aquila. Poco nota perciò è la sua precisa fondazione ma alcuni scavi archeologici effettuati hanno attribuito al XI secolo il primo insediamento, forse durante l’epoca normanna, caratterizzata da una notevole spinta costruttiva di nuovi fortilizi atti a controllare il territorio. Nel regno tra il XII ed il XIII secolo si assiste al passaggio di potere tra i regnanti normanni e gli imperatori svevi, in questa fase la dinastia che controllava Roseto si ritrova tra le schiere dei sostenitori imperiali. Ma con l’arrivo di Carlo d’Angiò i signori inizieranno ad avere seri problemi in quanto filo svevi, si narra del dinasta Giacomo di Roseto che riesce a sfuggire alla vendetta angioina scappando dal Regno; nel 1269 il Re Carlo ordina di riparare il mulino confiscato al nobile in fuga. Intanto sotto gli angioini il fortilizio era stato ristrutturato e ammodernato, e infine, rimasto senza padroni, il feudo venne dato in affitto a Lorenzo di Roberto di Montorio. Poche sono le notizie sulla dinastia, sappiamo però che nel 1301 una Tommasa di Roseto aveva preso i voti nel monastero di San Giovanni in Scorzone anche se non si è certi della parentela. Intanto i traffici tra il teramano e l’aquilano aumentavano e la rocca divenne punto di controllo fondamentale dei traffici, per questo motivo nel 1305 è contesa tra Amatrice e Montorio al Vomano e nel 1328 viene comprata dalla città di Teramo. In periodo aragonese, nel 1447 ritroviamo Roseto a pagare una tassa insieme ad altre identità limitrofe di una certa importanza per l’epoca, invece nel 1481 la Montagna di Roseto con tutte le sue pertinenze diventa possedimento degli Acquaviva d’Atri. Sotto i duchi la rocca divenne la sede del governatore fino a che non venne trasferita a Cervaro. Nel XVI secolo la situazione nella montagna andava degenerando, focolai di rivolta, soprattutto in chiave antispagnola, andavano esplodendo nei villaggi, la rocca venne ben presto contesa tra i banditi e le forze dell’ordine, nel XVII secolo si diceva che fosse stata anche distrutta ma la voce parrebbe infondata. Presto i banditi saranno cacciati dalle violente repressioni spagnole, perché viene scelta come presidio centrale dell’anti brigantaggio, infatti nel 1669 venne dato ordine alle milizie della rocca di sorvegliare i villaggi della montagna di Rocca Santa Maria, appena rasi al suolo dal comandante spagnolo Zunica, rei di aver dato rifugio ai briganti.
Viene ritratta nel 1684 da Carlo Antonio Biancone per conto del Vicerè spagnolo, quando ancora era occupata dai banditi come molti centri della montagna: le tavole riportano la pianta e un’immagine della rocca dandocene una giusta idea di come appariva all’epoca, dominata da un grande torrione pentagonale che si innalzava verso la piana sottostante e controllava la strada di accesso. La torre sporgeva leggermente all’angolo del corpo centrale di pianta vagamente rettangolare con un cortile interno, vi si accedeva dalla parte opposta al torrione, là dove il passaggio si faceva più stretto e il dislivello più importante.

La rocca continuerà ad essere ben tenuta fino a tutto il XVIII secolo, nel 1760 muore l’ultimo discendente degli Acquaviva d’Atri e la Montagna di Roseto passa nel 1775 tra le proprietà del regno. Ma il brigantaggio non molla e numerose sono le operazioni dei malviventi a cavallo tra settecento e ottocento, periodi di grande instabilità in cui purtroppo la rocca cadrà nel dimenticatoio, ma il nome di Roseto si era da tempo trasferito alla comunità che manteneva viva la sua memoria mentre andava riducendosi a rudere. Con l’epoca napoleonica finirà anche il comprensorio della montagna di Roseto che venne frazionato nei comuni di Cortino e Crognaleto, ricadendo in quest’ultimo.
La memoria della rocca si andrà perdendo soprattutto dopo l’Unità d’Italia ma oggi è stata finalmente rivalorizzata, raggiungibile seguendo un comodo e largo sentiero dal Piano di Roseto, sede di una famosa fiera.

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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