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La Grotta del Colle e la Dea di Rapino

Grotta del Colle – Rapino (Ch) | Regione Abruzzo | Dipartimento Sviluppo Economico – Turismo

Situata sulla Maiella a circa 600 mt. di altitudine, nel comune di Rapino, l’antica Tarincra dei Marrucini, a pochi Km. da Chieti. La grotta fin dalla preistoria era abitata dall’uomo, successivamente il suo interno è stato trasformato in santuario italico, poi, con i Longobardi, nella chiesa di S. Angelo infine dai benedettini in Santa Maria ad Cryptas.

 

Il mistero di questa caverna è accentuato da una leggenda, secondo la quale, nei suoi meandri, è nascosto un antico tesoro italico. Il luogo, vista la sua importanza, è stato oggetto di numerosi scavi archeologici, i cui risultati li vedete nelle immagini successive. La cosiddetta “Dea di Rapino” venne trovata all’interno della “Grotta del Colle” da alcuni abitanti della zona nel 1932,sotto un cumulo di pietre di una tomba, a seguito di scavi non autorizzati. È una statuina di bronzo raffigurante una divinità femminile, databile al III-I sec. a. C.

Indossa una lunga veste coperta da un mantello ed ha i capelli raccolti a crocchia. È, forse, la miniatura di una più grande statua di culto che rappresentava la Dea Madre, divinità legata ai cicli naturali della terra, o l’immagine di un’offerente, come sembra indicare l’oggetto che reca nella mano destra. Oggi questa statuina, che sprigiona fascino e mistero, fa bella mostra di sé nel museo archeologico della Civitella a Chieti. L’altro reperto della “Grotta del Colle” è l’immagine della “Tabula Rapinensis” (Tavola di Rapino); un piccolo rettangolo in bronzo delle dimensioni di cm. 10 x 15 sul quale è incisa una legge sacra in dialetto osco/marrucino, nella quale si fa menzione della comunità/popolo dei Marrucini (Touta Marouca) con riferimento al culto di “Ceria Iovia” (Cerere Giovia). L’interpretazione, data al testo da vari studiosi nel corso degli anni, non è univoca. Secondo uno dei massimi esperti della materia, l’archeologo Adriano La Regina, si tratterebbe di una legge che istituisce la prostituzione sacra nel santuario di “Giove”. Praticata dalle “ancelle iovie” la prostituzione sacra era amministrata dalla sacerdotessa e serviva a finanziare le spese del tempio. Il culto di Giove è attestato anche dalla raffigurazione sulla preziosa gemma in diaspro rinvenuta nella stessa grotta. Questa piccola lamina bronzea è la più lunga iscrizione conosciuta in dialetto marrucino e rappresenta l’unico testo di una certa estensione e complessità riferibile a questa piccola popolazione italica stanziata tra la Maiella e l’Adriatico. La storia della “Tabula Rapinensis” ha dell’incredibile. Venne rinvenuta nel 1841 dall’archeologo tedesco Theodor Mommsen, che, intuendone il valore, ne propose l’acquisto al Museo di Napoli che la ritenne di scarsa importanza. Fu invece acquistata dall’Antikensammlungen di Monaco di Baviera, da cui scomparve per le vicende della II Guerra Mondiale. Sembra che oggi sia conservata nei depositi del Museo Puskin a Mosca, ma non ci sono conferme. Tutte e due gli oggetti sono una rilevante testimonianza degli antichi riti che si svolgevano nei santuari italici e che sarebbe molto interessante approfondire. Se ci si reca a Rapino l’otto maggio, si può assistere ad una della più suggestive rappresentazioni di sincretismo religioso antico e moderno: LE VERGINELLE DI RAPINO. Bambine di tra i sei e i tredici anni vestite con tuniche rosa, azzurre, bianche, di taglio antico, agghindate con festosi monili d’oro e con i capelli pieni di ricci e boccoli precedono in processione la Madonna di Carpineto. Perpetuano una tradizione, tutta cristiana, di celebrazione di un miracolo avvenuto secoli prima. Gli atteggiamenti e i riti della cerimonia richiamano, però, quelli italici antichi di oltre due millenni. In questa manifestazione, come in tante altre in Abruzzo, si fondono riti pagani e cristiani, superstizione e religione che, da sempre, rappresentano l’essenza della nostra terra.

#Fonti: Museo archeologico di Chieti

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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