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La foresta secolare di Val Cervara è Patrimoniono dell’UNESCO
Autore: Francesco Lemma

 

La Faggeta Vetusta presente in Val Cervara è una delle cinque faggete patrimonio UNESCO presenti in Abruzzo. L’assenza dell’azione dell’uomo all’interno di questa faggeta secolare oltre a comportare la conservazione di una flora ed una fauna unica, fa si che anche gli alberi morti restino all’interno dell’ecosistema con beneficio di questo stesso. In questa faggeta sono stati rinvenuti alberi con più di 560 anni una vera eccezionalità visto che gli esperti stimano che la vita media di un faggio nell’area Mediterranea è inferiore ai 300anni! Da definizione del Ministero dell’Ambiente questa foresta ha “una flora coerente con il contesto biogeografico caratterizzata dalla presenza di specie altamente specializzate che beneficiano del basso grado di disturbo e di specie legate ai microhabitat”

 

La definizione di foresta vetusta
La foresta vetusta è un ecosistema caratterizzato dalla presenza di alberi di età avanzata, che riescono a compiere tutto il loro ciclo vitale fino alla morte. Le foreste vetuste, grazie all’assenza dell’azione dell’uomo, rappresentano la massima espressione di naturalità dei territori, pertanto gli alberi arrivano a raggiungere l’età massima possibile, che nei luoghi fertili è associata a dimensioni notevoli. Le fasi del ciclo strutturale. Una foresta vetusta è un sistema dinamico in cui le piante crescono, si riproducono e muoiono di morte naturale, competendo per le risorse, ma anche cooperando tra di loro. In tale ecosistema possono essere a stretto contatto numerose generazioni di alberi con differenze di età secolari: moribondi alberi plurisecolari si trovano in prossimità delle giovani piantine dando la sensazione di una mescolanza apparentemente caotica. Analizzando però la storia dei vecchi alberi si scopre che nel corso dei secoli sono passati attraverso le seguenti quattro fasi che costituiscono il ciclo strutturale, la cui durata può variare in media tra i 300 e i 500 anni: degradazione, rinnovazione, costruzione e biostatica.

Nella fase della degradazione (durata 10-100 anni) i vecchi alberi presentano tutti i segni dei secoli trascorsi (chioma diradata, disseccamento dei rami, cavità diffuse) diventando alberi habitat e quando muoiono lasciano un ampio spazio dove possono insediarsi numerose piantine delle specie arboree che poi diverranno giovani alberi. La nuova generazione dà inizio al nuovo ciclo strutturale. Nella fase della rinnovazione (durata 10-100 anni) le numerose piantine di faggio, ma a volte anche di acero e sorbo, colonizzano lo spazio liberato dalla morte degli alberi di grosse dimensioni raggiungendo un buon livello di affermazione all’interno della buca. Durante la fase di costruzione (durata 50-100 anni) i giovani faggi e gli altri alberi superano in altezza erbe ed arbusti. Le chiome entrano in stretto contatto innescando una fase di competizione che stimola la crescita in altezza degli alberi. Con il tempo s’instaura una selezione naturale (autodiradamento) e gli alberi si differenziano in dominanti e dominati (individui che rimangono indietro nella crescita e vengono colpiti dalla morte). Infine, con la fase biostatica (durata 150- 250 anni) gli alberi raggiungono l’altezza della volta arborea e si presentano nella tipica “forma forestale”, caratterizzata da fusto slanciato e chioma inserita in alto. Quando diversi alberi si trovano a stretto contatto determinano la chiusura della volta arborea. In questa fase gli alberi raggiungono la piena maturità fisiologica fruttificando abbondantemente.

 

 

La biodiversità derivante dalla decomposizione
Nella foresta vetusta, a differenza dei boschi coltivati, vige il massimo grado di naturalità perché il legno, non essendo portato via dall’uomo per essere utilizzato al fine di produrre beni e servizi (disturbo antropico), torna al terreno sotto forma di sostanza organica. Così gli alberi rimangono sul posto e si decompongono progressivamente sotto forma di alberi morti in piedi (snags) o a terra (logs). Il legno morto, in piedi e a terra, è un habitat specifico spesso insostituibile per molte specie di funghi, muschi e animali, assicurando una biodiversità elevatissima. In particolare, l’abbondanza di necromassa (legno morto) favorisce diversi processi ecologici in grado di accogliere l’insediamento e la vita di una notevole quantità di specie. La presenza di tronchi e legno morto previene l’erosione del suolo e favorisce l’accumulo di lettiera e l’aumento della sua fertilità. Gli alberi morti in piedi e i tronchi caduti al terreno e i ceppi, poi, forniscono cibo e rifugio a molte specie diverse. C’è chi nidifica nelle cavità e chi si nutre della materia legnosa; chi vive dei parassiti del legno e chi costruisce la propria tana tra le radici di un tronco marcescente. Anche i resti di alberi a terra diventano un habitat importante per muschi, licheni, invertebrati e microrganismi che concorrono alla decomposizione del legno e all’arricchimento dell’humus.

La foresta vetusta della Val Cervara e le consorelle Patrimonio dell’Umanità
Nel 2003, un team di studiosi dell’Università della Tuscia di Viterbo, in collaborazione con il Servizio Scientifico del PNALM, ha localizzato nella foresta vetusta della Val Cervara i faggi più vecchi d’Europa, di quasi 600 anni di età, ben tre secoli oltre la longevità nota per il faggio. Il ritrovamento straordinario di tali faggi, che risultano essere i più vecchi dell’intero emisfero settentrionale di cui si abbia notizia, ha portato all’attenzione del mondo scientifico internazionale le faggete abruzzesi, innescando la loro candidatura a Patrimonio mondiale dell’Umanità. Il processo di candidatura ha avuto esito positivo nell’estate 2017, quando, oltre alla Val Cervara, altri quattro nuclei di faggeta vetusta del Parco (Selva Moricento, Coppo del Morto, Coppo del Principe e Cacciagrande) hanno ottenuto il riconoscimento UNESCO e la loro inclusione tra “Le Antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre Regioni d’Europa”.

 

Touring Club Italiano

 

La faggeta della Val Cervara è situata sulle pendici del Monte Schienacavallo nel Comune di Villavallelonga, tra i 1600 e i 1850 metri di quota, dove gli alberi crescono lentamente e contorti, quasi in condizioni limite per la specie. Gli “ospiti” delle foreste vetuste abruzzesi. Le faggete vetuste abruzzesi ospitano una delle comunità di pipistrelli più ricche d’Europa, con oltre 25 specie, perché gli alberi deperenti o morti, ricchi di cavità, offrono spazi in cui molti pipistrelli, tra cui specie a rischio come il Barbastello e il Vespertilio di Bechstein, si rifugiano e mettono alla luce i piccoli. Sugli stessi alberi si riproduco i rari e bellissimi coleotteri Cerambice del faggio e Rosalia alpina e cercano le larve di insetti per nutrirsi uccelli di grande valore conservazionistico come il Picchio dorsobianco. Nelle faggete più umide s’incontrano altre specie altrove rare, come la Salamandra pezzata appenninica. Questi santuari della natura rappresentano un habitat importante per licheni del genere Usnea, noti come “Barba del vecchio” e per l’orchidea Cephalantera rubra, che cresce nel sottobosco.

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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