Il termine Roccascalegna può avere una duplice etimologia. La prima ipotesi, risalente al termine “Rocca-scarengia”,documentato nel Catalogus Baronum nel 1379 come possesso del Conte di Manoppello. Secondo uno studio francese “scarengia”,derivante da “scarenna”, sta ad indicare il fianco scosceso di una montagna. La dissimulazione successiva di r-r in r-l ha dato luogo in tempi recenti alla trasformazione di Scaregna in Scalegna. Altri studiosi propendono per un origine da un nome personale longobardo “Aschari” da cui Rocc.Aschar.enea e, successivamente, Roccascalegna.
Con tutta probabilità, i fondatori di Roccascalegna furono i Longobardi che, a partire dal 600 d.C., occuparono stabilmente l’attuale Molise e l’Abruzzo meridionale, dopo essere discesi dall’Italia settentrionale. Conseguenza di ciò fu l’allineamento delle guarnigioni Bizantine sulle rive dell’Adriatico. Nella logica di tale conflitto si spiega la costruzione della Torre d’Avvistamento, prima, e del Castello, in seguito, sull’imponente ammasso roccioso che domina la valle del Rio Secco (affluente del Sangro) proprio ad opera dei Longobardi.
Una volta finite le ostilità tra i due popoli, escludendo una nota di carattere contabile del 1320, non troviamo nessuna fonte storiografica che parli del Castello di Roccascalegna sino al 1525. In tale anno possiamo rilevare una descrizione della struttura restaurata del Castello, in ottemperanza alle nuove esigenze necessarie con l’avvento delle armi da fuoco.
Un ulteriore atto notarile descrive il restauro della gradonata d’accesso del Castello di Roccascalegna, ma ormai siamo già nel 1705.
Dal 1700 il Castello di Roccascalegna ha conosciuto tre secoli di abbandono, nei quali lo stesso è stato preda delle intemperie e dei saccheggi della popolazione locale, sino alla donazione al Comune di Roccascalegna, avvenuta nel 1985, da parte dell’ultima famiglia feudataria, ossia quella dei Croce Nanni.
La leggenda più famosa inerente il Castello di Roccascalegna ha per protagonisti Corvo de Corvis e l’editto dello“Jus Primae Noctis”. Pare che nel 1646 il fantomatico Barone abbia reintrodotto questa prassi medievale, in forza della quale ogni novella sposa del Feudo di Roccascalegna dovesse passare la prima notte di nozze con lui invece che con il marito. Non si sa bene se una sposa novella, o se il marito, travestito a sua volta da sposa, abbia accoltellato il Barone nel talamo nuziale ed egli, morente, abbia lasciato la propria impronta della mano insanguinata su di una roccia della torre, crollata poi nel 1940. Benché si provasse a lavare il sangue dalla roccia, esso continuava a riaffiorare e ci sono tutt’oggi persone anziane che sostengono di aver visto la “mano di sangue” anche dopo il crollo.
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