Tra la metà dell’800 e la metà del ‘900 le pendici della Majella sono state teatro del primo vero insediamento industriale in Abruzzo, finalizzato all’estrazione e lavorazione del bitume e dell’asfalto. Diverse società italiane ed estere si sono susseguite nel corso di quegli anni nella ricerca a cielo aperto ed in sotterraneo di questa materia prima
Le mattonelle per pavimentazioni qui prodotte, sono state utilizzate in tutt’Italia ed oltre oceano e gli abitanti dei comuni interessati da taliestrazioni (Manoppello, Lettomanoppello, Abbateggio, Roccamorice, S. Valentino in A. C.) hanno trovato per generazioniun’alternativa all’economia di sussistenza legata ad agricoltura e pastorizia. All’inizio degli anni ‘50 del secolo scorso il “business” del bitume è diventato sempre meno redditizio, con la graduale chiusura ed abbandono di tutte le miniere del territorio lasciando, nei decenni successivi, il tempo alla natura di riappropriarsi degli spazi che con duri sacrifici l’uomo erariuscito a conquistare. Tra questi vecchi scavi la galleria di Torretta a Roccamorice rappresenta un chiaro esempio delladifficoltà di ricostruire storia ed utilizzi di queste cavità.
Il rapporto tra l’uomo ed il bitume nella regione Abruzzo ha origini lontane: le testimonianze dell’utilizzo di questa sostanza naturale per la riparazione di manufatti preistorici e il calafataggio di imbarcazioni partono dal Neolitico (Colecchia & Agostini, 2014), transitano per le estrazioni documentate in epoca romana e proseguono fino al Regno delle Due Sicilie. È però tra il 1840 ed il 1950 (De Luca et al., 1998) che lo sfruttamento del bitume e dell’asfalto trova un assetto industriale e moderno. I nomi delle aziende che hanno lasciato un’impronta profonda nel territorio sono ben conosciuti: la tedesca Reh & C. e l’inglese Neuchatel Asphalte Company Limited (NAC) arrivarono in Abruzzo sul finire del diciannovesimo secolo e portarono con sé idee e capitali per uno sfruttamento sempre più organizzato e redditizio. L’altra grande azienda attiva nella regione è stata l’italiana Società Abruzzese Miniere ed Asfalti (S.A.M.A.) che, dopo alcuni decenni, aveva finito per assorbire le due società straniere ed era riuscita a far toccare l’apice di produzione all’industria estrattiva abruzzese. Per comprendere i vari passaggi societari è di fondamentale aiuto il preziosissimo lavoro di ri-cerca d’archivio di M. Benegiamo (2016) che nella sua opera riesce a ricostruire la “protostoria” antecedente le tre società. Ne emerge un quadro di faccendieri ed esploratori dei ripidi ed impervi pendii della Majella che, al servizio di piccole aziende in cerca di nuove fonti di guadagno, concludono contratti di acquisto e/o sfruttamento di terreni con amministrazioni comunali e privati per l’estrazione di minerali. In alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Chieti appare per la prima volta il nome “Torretta” in un contratto del 1867 (Benegiamo, op. cit.), in cui G. Paparella acquisisce una concessione di scavo di un terreno in questa contrada. Poco meno di trent’anni dopo la NAC avrà rilevato le proprietà e le concessioni dei Paparella. Anche la società Reh & C. fa presto parlare di sé nella stessa zona: le prime notizie storiche rintracciate si trovano nel copioso carteggio tra questa ditta, il Comune di Roccamorice, il Genio Civile ed il Prefetto. Le numerose lettere che coprono un arco di circa 11anni si riferiscono ad un’importante testimonianza dell’impatto ambientale e sociale che gli scavi per la ricerca della roccia bituminosa hanno comportato peril territorio abruzzese.
Nel febbraio 1900 (Antonucci, 1900) viene effettuato un primo sopralluogo delle autorità, per verificare se e come la cava aperta in località Torretta potesse aver causato danni alle abitazioni dell’omonima frazione. Questa, situata a nord est del Comune di Roccamorice, era costituita da 18 case ed abitata da 16 famiglie, mentre il fronte dello scavo era arrivato a circa 50 metri dalle abitazioni più prossime. La questione, almeno nella sua parte economica, si trascinò per oltre un decennio con l’acquisto da parte della Reh di tutte le proprietà danneggiate, la successiva demolizione ed il trasferimento delle famiglie coinvolte. In una di queste missive (Antonucci, op. cit.) il Genio Civile dichiara che la Reh sospende i lavori a cielo aperto ed inizia lo scavo in galleria. Questa è la prima evidenza storica di lavori sotterranei nella zona; sarebbe però un azzardo senza fondamento attribuire a queste vaghe righe la genesi della galleria esplorata. In effetti in diversi documenti si trova menzione di numerosissime opere sotterranee progettate, realizzate e poi scomparse per crolli o per attività di ricolmo. Riferimenti a tale situazione si possono ritrovare anche nella perizia Meli del 1908 in cui il proprietario di un fondo della zona S. Giorgio-Torretta chiedeva di valutare cause, responsabilità e indennizzi degli smottamenti che avevano danneggiato le sue colture a ridosso della cava della NAC. La perizia, precisa nelle descrizioni dei luoghi e corredata di un rilievo topografico in scala 1:500, indica come una delle concause di tali smottamenti gli scavi sotterranei che la Reh aveva effettuato anni prima a valle di questo fondo, con riferimento esplicito alla frana del 1900. I movimenti franosi sono continuati fino agli anni cinquanta del secolo scorso, cancellando qualsiasi traccia dell’abitato, tanto che risulta difficile al giorno d’oggi indicare con certezza la sua posizione.
Nei bollettini minerari ufficiali il toponimo Torretta viene citato per la prima volta solo nel 1909 quando si dà notizia dell’acquisto da parte della Reh di alcuni terreni:
“La ditta Reh & C. acquistò tutta la proprietà mineraria della società francese ‘L’Asphaltaine’ della principessa Luigia Ciartorinski di Varsavia. Detta proprietà comprende dei giacimenti di asfalto posti nel comune di Roccamorice, nella località S. Giorgio, Torretta e Cusano” (Mazzetti, 1909).
Di questa società non si hanno notizie nemmeno nel volume di Benegiamo, anche se probabilmente è la stessa lì indicata con la più nota dicitura “Asphaltene” (è possibile però leggere la dicitura “Società francese” nel rilievo della perizia Meli, al confine est della proprietà NAC e sud della proprietà Reh. Sembra dunque plausibile che l’acquisto citato nell’anno successivo alla realizzazione della carta, si riferisca proprio a questo terreno). È da tener presente che le due società, regine dell’industria dell’asfalto, sebbene lavorassero in quell’area da tempo, possano non aver citato esplicitamente la località Torretta, ma che questa fosse sottintesa nella denominazione “S. Giorgio”, come avviene chiaramen-te nel 1911. Proprio in quell’anno si dà notizia della ripresa a Torretta, da parte dei proprietari tedeschi, dil avori a cielo aperto, dopo esplorazioni in sotterraneo:
“Nella miniera San Giorgio, coltivata dalla Ditta stessa in territorio di Roccamorice, venne ripresa a cielo aperto la coltivazione del cantiere Torretta” (Mazzetti,1911). Questa ripresa dei lavori contraddice quanto scritto dalla Reh stessa al Prefetto:
“questa casa è sita in contrada Torretta del detto Comune e fu da noi acquistata perché danneggiata dai lavori della nostra vicina miniera, ora abbandonata” (Reichenbach, 1911), a meno che non si tratti di due episodi che si sono susseguiti a breve distanza tempo. Se in quegli anni la società Reh aveva già approntato il suo mirabolante asse “S. Giorgio-Arno-Pilone” per il trasporto su rotaia del minerale verso il suo stabili-mento, la NAC doveva superare il troppo oneroso trasporto a trazione animale e rivolgersi ad un più efficace trasporto su teleferica. Già nel 1909 aveva messo in funzione la linea teleferica Cese-stabilimento di S. Valentino (Mazzetti, 1909) e, nel 1911, si trova notizia della realizzazione di una galleria di 300 m che, dal fondo dello scavo a cielo aperto, sbuca direttamente sul Fosso S. Angelo (Mazzetti, 1911). Quest’ultima notizia sembra quella che più coerentemente può essere messa in relazione con la realizzazione della galleria esplorata oggetto di questa comunicazione, sia per la lunghezza (anche se, come vedremo più avanti, la lunghezza attuale del tratto rettilineo èdi soli 200 m), sia per la corrispondenza geografica del fosso S. Angelo. Fino al 1915, anno in cui a causa dello scoppio della prima Guerra Mondiale la società Reh termina il suo esercizio, Torretta viene regolarmente nominata in tutti i bollettini.
Alla Reh subentra poi la ditta Parodi-Delfino e negli anni successivi, dal 1919 al 1923, si ritrova puntualmente il suo nome, quasi sempre associato a scavi a cielo aperto. L’ultima citazione esplicita risaleall’anno 1927 da parte della nuova azienda S.A.M.A. (Pompei, 1927). Dettagli significativi relativamente allo scavo di S.Giorgio vengono forniti dal bollettino minerario della Società Anonima Puricelli Strade e Cave:
“Al livello 480 è stata prolungata di m 22 la galleria di carreg gio che dalla stazione della teleferica si dirige sotto il vecchio imbuto del piazzale della miniera, per poter riprendere quelle antiche coltivazioni a giorno”
(Sa-belli, 1938). Il dato altimetrico e la presenza della stazione della teleferica confermano che la galleria Torretta continuerà ad essere indicata come S. Giorgio, nonostante che nel corso degli anni si alternino diversi gestori (NAC fino al 1931, Puricelli fino al 1939, Italstrade fino al 1948, S.C.A.F.A. fino al 1952). Seguendo le sempre più scarne informazioni dei bollettini giungiamo all’ultima citazione con questa denominazione da parte della società S.C.A.F.A. (Sabella, 1949). L’attività delle miniere abruzzesi si esaurisce nella metà degli anni cinquanta. Non abbiamo notizie certe sull’ultimo anno di utilizzo della galleria, né tanto-meno del suo abbandono definitivo o della muratura dell’ingresso (fonti orali riferiscono intorno agli anni ottanta). L’ultima traccia di frequentazione al suo interno consiste in una scritta “1956”, realizzata a fiamma, come spesso accade di rinvenire nelle miniere.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.