Guglielmo Aurini nacque a Teramo il 10 agosto 1866 da Francesco Saverio e Maria Grazia Ricci. Fratello del forse più conosciuto pittore Ernesto, Guglielmo Aurini non fu persona meno eclettica e di valore. Abile anch’egli nel tratteggiare schizzi e caricature, preferendo in questi comunque, a differenza di Ernesto, un più frequente ricorso all’uso del colore, Guglielmo è più apprezzato quale autore di saggi e pubblicazioni che non per la sua vena pittorico-caricaturista o di cultore della musica
Conseguito il diploma nella Scuola Tecnica di Teramo nel 1885, lavorò per tre anni nel Genio Civile e nell’Ufficio Tecnico Provinciale. I suoi primi articoli di cronista e critico d’Arte vengono pubblicati su «La Vedetta» di Teramo ed in occasione della Mostra Artistica di Teramo del 1888, alla età di soli 22 anni, Guglielmo ha già modo di dimostrare le sue possibilità, riferendo, con rara competenza, le proprie impressioni critiche per la Sezione di arte moderna.
La sua passione per l’Arte e l’Archeologia lo indusse a trasferirsi a Roma, dove iniziò una nuova carriera nell’Amministrazione delle Poste. Ivi, a più diretto contatto col mondo accademico, oltre alle svariate Mostre d’Arte, poté seguire, in veste di giornalista, le lezioni di Adolfo Venturi sulla Storia dell’arte, insieme a quelle di T. Loevy sull’Archeologia e di Raffaele Lanciani sulla Topografia romana.
Il suo lavoro nelle Poste e Telegrafi di Stato, portandolo a ricoprire incarichi sempre più importanti, lo indusse a trasferirsi frequentemente. Iniziò la carriera in Roma, quindi fu Funzionario in Campobasso, Roma e Teramo; divenne vice Direttore a Macerata ed Ancona, indi svolse il ruolo di Direttore Provinciale in Chieti, Sondrio, Piacenza e Torino, dove morì la sera del 10 agosto 1926. In tutte le città nelle quali visse, ebbe modo di far conoscere la sua profonda cultura, tenendo conferenze e portando avanti ricerche sulla Storia dell’Arte, che puntualmente ritroviamo in articoli pubblicati su periodici, monografie o guide.
Ottimo oratore, con la sua voce profonda sapeva rapire l’attenzione dei presenti e all’immancabile ed affettuosa ironia, univa le grandi doti naturali del cuore e dell’intelletto.
Padiglioni Umbro Abruzzesi dell’Esposizione di Roma – 1911
Della sua giovanile permanenza romana ritroviamo gli scritti sulle opere di Filippo Palizzi esposte nella Sala Palizzi della Galleria d’arte moderna, sugli artisti abruzzesi nella Esposizione di Belle Arti, ecc.
Sempre a Roma ebbe modo di far conoscere le sue capacità e poté collaborare alla stesura della «Rassegna illustrata dell’Esposizione del 1911», (Bollettino Ufficiale per gli atti del Comitato Esecutivo), scrivendo anche alcuni articoli sul Padiglione Marchigiano e sull’Architettura Marchigiana pubblicati sulla Rassegna e pubblicando inoltre saggi sul Padiglione Abruzzese e sulla Ceramica di Castelli ivi esposta.
Nel 1912 fu eletto membro del Consiglio Direttivo dell’«Associazione Abruzzese Molisana» in Roma, sorta nel 1886 e sede di riferimento ricreativo e culturale per i corregionali residenti o soggiornanti nella Capitale.
Con l’Associazione Culturale «Lazio», organizzò e guidò diverse escursioni domenicali in varie località della omonima Regione, divulgando ovunque la conoscenza della Storia dell’Arte, dell’Archeologia e dell’Architettura.
A Chieti, dove visse nel periodo dal 1915 al 1918, prestò la sua opera sia nella scoperta di ignorati affreschi rinvenuti nella demolizione della chiesa di S. Domenico che nella scoperta di avanzi dell’antico acquedotto romano, venuti alla luce durante lo scavo delle fondazioni dell’erigendo palazzo provinciale. La sua competenza gli meritò la nomina di Ispettore dei monumenti e scavi, succedendo a Vincenzo Zecca, appena scomparso. Sempre a Chieti, fece parte dell’Associazione culturale denominata «Cenacolo di Chieti», che diede alle stampe Corfinium, i cui redattori furono G. Aurini e Giulio Cozzoli. In quel periodo Aurini pubblica diversi scritti su Chieti e l’arte teatina; nel 1917, viene dato alle stampe il saggio Su le opere d’arte esistenti in Chieti, con il quale egli dà inizio ad uno studio sistematico della storia e delle opere di Chieti. Inizia così a prendere consistenza l’idea di redigere una Guida della città teatina, che Guglielmo iniziò a concretizzare sotto forma di manoscritti intitolati Appunti vari per una guida di Chieti, oggi conservati presso a Biblioteca Provinciale «A.C. De Meis». In essi l’autore, partendo dai cenni storici sulla città, offre al lettore una interessante panoramica della città dell’epoca, con il Duomo, le altre chiese, i suoi palazzi, i suoi dintorni e con alcune indicazioni sulla vicina Pescara, sulla via Claudia-Valeria e sulla Chieti archeologica. Il lavoro non poté essere completato a causa del trasferimento di Aurini verso altre città del Nord.
Anche a Sondrio la sua passione lo portò ad interessarsi dell’arte locale come testimoniato dai saggi L’Arte in Valtellina e La restituzione alla Valtellina dei suoi tesori d’arte. Ivi, per il fervore dimostrato, fu eletto vice-Segretario in seno al 1° Consiglio Direttivo della nascente Società Storica Valtellinese.
A Piacenza Guglielmo riuscì rapidamente a farsi conoscere dagli uomini di cultura della città emiliana, come testimoniato dai giornali locali dell’epoca, redigendo una Piccola guida dei monumenti di Piacenza, ad uso dei congressisti del 36° Congresso Geologico Italiano, la Guida di Piacenza e Provincia e diverse altre pubblicazioni sull’architettura e l’arte piacentina. Ivi fece parte dell’Associazione culturale «Amici dell’Arte», che nel novembre 1923 diede vita alla pubblicazione del periodico «Ars Nova», per il quale Guglielmo fu collaboratore e autore di diversi articoli.
A Torino, dove fu trasferito prima della sua morte, ebbe modo di praticare i suoi studi sull’arte locale, continuando però a ricercare l’arte abruzzese ove vi fosse e possibilmente a dare il suo contributo alla conoscenza e valorizzazione della stessa.
Entrando nel Museo Civico di Torino, egli, (forse nel suo ultimo articolo, pubblicato postumo sul «Risorgimento d’Abruzzo e Molise», datato 10 ottobre 1926), scrive di avervi con viva soddisfazione, ritrovato “nel reparto degl’intagli in legno e in quello delle ceramiche, il più acuto profumo dell’Abruzzo lontano e sempre benamato, anche se misconosciuto e, qualche volta, calunniato”. Nello stesso articolo Guglielmo auspica la costituzione di un Museo Abruzzese nel quale raccogliere le opere d’arte attribuite ad artisti abruzzesi.
La passione per l’Arte e l’Archeologia lo portò incessantemente a visitare ogni luogo: città d’arte italiane importanti ma anche località remote e poco conosciute, delle quali cercò con i suoi scritti, di evidenziarne il valore.
Il suo desiderio di rendere il giusto merito anche all’arte abruzzese sia in Abruzzo che fuori di esso, non poteva che renderlo partecipe al dibattito, a volte anche acceso, che si sviluppò intorno alla proposta di Vincenzo Bindi, sul trasferimento del Museo cittadino di Teramo, dalla vecchia sede dell’ex Camera di Commercio in corso S. Giorgio, al Castello Della Monica. Guglielmo riteneva l’edificio prospettato inadatto allo scopo asserendo che il paragone con il Castello Medievale di Torino, costruito quale rappresentativo riferimento architettonico tra i diversi tipi di Castelli Piemontesi, era in questo caso improponibile.
Guglielmo Aurini, (che a volte si firmava con l’anagramma Inirua o Giaur), scrisse molto di cose artistiche. La maggior parte dei suoi scritti vide la luce sulla «Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti», il «Corriere Abruzzese», «l’Abruzzo», l’«Arte» del Venturi, la «Rassegna d’arte e Storia» di Firenze, «Roma» di Flery e «l’Ordine» di Ancona.
Durante la sua permanenza in Abruzzo, Guglielmo coltivò amicizie con uomini di cultura e di arte, tra i quali il pittore Francesco Paolo Michetti, come si accerta dai suoi scritti. Nel 1896 ad esempio, dalle colonne del «Corriere Abruzzese», Aurini dà rassicuranti notizie sulle buone condizioni di salute del pittore di Tocco da Casauria, che aveva da poco superato una breve malattia, sulla gravità della quale circolavano allarmanti informazioni. Lo stesso Michetti, facente anch’egli parte del «Cenacolo di Chieti», dimostra di ben conoscere i fratelli Aurini indirizzando una lettera autografa ad Ernesto, con la quale lo prega “di ricambiare il saluto a Suo Fratello”.
Presso la «De Meis», si conservano numerosi manoscritti appartenenti a Guglielmo, che egli aveva raccolto presumibilmente fino alla data della sua permanenza in Chieti. Questi lavori, riuniti in fascicoletti suddivisi per argomento, contengono gli appunti di viaggio nei vari svariatissimi paesi del centro Italia, oltre alle notizie storiche e ai ritagli vagliati dai giornali dell’epoca. Tali lavori, alcuni dei quali inediti, servirono ad Aurini per la redazione delle sue numerose pubblicazioni. Tra questi manoscritti vi è ad esempio un quadernetto, di circa cento pagine, che alla prima pagina porta la data 9/8/94 [1894], nel quale sono contenuti disegni, caricature e ritagli di giornale. Di questi ritagli, (come riferisce Franco Pasquale in un dattiloscritto preparatorio alla pubblicazione dedicata ad Ernesto Aurini), Guglielmo doveva probabilmente servirsi per trarre spunti per le sue caricature. Così, ad esempio, una immagine di Cesare richiama sulla pagina affianco il disegno di un suonatore di violoncello: è identica infatti, la posizione del braccio sinistro, l’uno per impugnare l’aquila imperiale, l’altro per tenere lo strumento musicale. Se questo quadernetto è pieno di schizzi, quasi di scarabocchi, in ogni caso di “prove”, diversa è la portata di una raccolta di caricature e personaggi dell’epoca che ricordano molto lo stile del fratello Ernesto. Attraverso questa raccolta, è possibile conoscere più a fondo la personalità del suo autore, che spesso affida ai suoi quaderni i propri pensieri e le proprie considerazioni, che a volte risultano anche critiche nei confronti dei personaggi o artisti dell’epoca.
Quanti ebbero modo di conoscere personalmente Guglielmo Aurini poterono apprezzare anche le sue doti umane. E’ univoco e costante il riferimento dei suoi coevi, oltre che alla sua profonda cultura, anche alle notevoli doti di mente e di cuore. La sua bontà d’animo è testimoniata dalla sua opera: partecipò con la redazione della monografia Arte Abruzzese alla pubblicazione di «Marsica», numero unico dato alle stampe nel 1915 a favore dei danneggiati del terremoto di Avezzano; scrisse L’arte in Valtellina inserito nell’opuscolo pro orfani dei contadini valtellinesi caduti in guerra; redasse la guida Piacenza e Provincia, in edizione pro Orfanotrofio militare nazionale.
La sua preparazione culturale unita alle capacità dirigenziali dimostrate nel lavoro prestato presso le Poste e Telegrafi gli valsero diversi riconoscimenti: la nomina a Socio della «Deputazione Abruzzese di Storia Patria» dal 25 settembre 1920 e la nomina a Cavaliere Ufficiale conferitogli dal Ministro delle Poste e Telegrafi nel 1922.
Vincenzo Balzano, altro grande divulgatore dell’arte abruzzese, in una lettera indirizzata al direttore Nicola L. Bologna, pubblicata su «Il Risorgimento dell’Abruzzo e Molise», a commemorazione di Guglielmo ebbe modo di scrivere: “La storia della nostra pittura barocca, lo studio sulle pitture di Atri, l’identificazione fatta del pittore maestro Giacomo da Campli, lo studio sui primi passi del nostro pittore rappresentativo Andrea Delitio e sullo sfiorire della sua maniera o del suo genere d’arte, sono benemerenze che non verranno dimenticate dai futuri studiosi dell’arte abruzzese”.
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