Sono come le ciliegie, mangiarne meno di 10-15 per un appassionato è impossibile. Parliamo degli arrosticini, uno dei simboli culinari dell’Abruzzo e uno degli street food più amati anche nel resto d’Italia. Dai pascoli tra gli Appennini al centro delle città: quasi incredibile pensando alla loro origine, tra l’altro abbastanza recente. Leggenda vuole siano stati inventati intorno al 1930 da un paio di pastori del Voltigno che pensarono di tagliare la carne di una pecora anziana a pezzetti e infilarla in bastoncini di legno di “vingh”, una pianta che cresce spontanea lungo i fiumi della zona. Per la cottura staccarono un pezzo di grondaia e utilizzarono del carbone. Ancora oggi la griglia tipicamente usata per cuocere gli arrosticini viene detta anche canala, per la forma simile al canale di una grondaia. Il metodo di preparazione degli arrosticini, originariamente pensato per cercare di rendere appetibili i tagli di carne meno pregiati, ottenne risultati così apprezzabili da essere applicato ben presto ai tagli migliori. La zona d’origine ufficiale è la parte orientale del Gran Sasso, precisamente il territorio che si estende dalla già citata Piana del Voltigno a Penne, in provincia di Pescara.
Ci sono più versioni ma…
Secondo la tradizione pastorale i veri arrosticini abruzzese sono composto di carne ovina, idealmente di carne di pecora giovane chiamata in dialetto ciavarra o di castrato, ossia il montone sottoposto a castrazione e con età compresa tra i sei mesi ed i due anni. Ma con il diffondersi nelle altre regioni, sono nate le versioni a base di tacchino, pollo o maiale. Nel corso degli ultimi anni si stanno diffondendo anche arrosticini di fegato (in dialetto abruzzese chiamato fecte). In questo caso, il pezzo di carne viene intervallato da una foglia di alloro o una fettina di cipolla, per rendere il sapore della carne meno forte. C’è una forte differenza tra gli arrosticini artigianali e quelli di serie, che non risiede tanto nel sapore, fermo restando la superiorità in genere dei primi. La tipologia artigianale prevede che la carne ovina venga tagliata a mano con il coltello, i pezzetti abbiano forma e dimensioni irregolari e ci sia un’alternanza tra parte magra e parte grassa, quella che resiste alla cottura e ammorbidisce l’insieme. Nella produzione seriale, gli arrosticini sono formati da pezzetti di carne di forma cubica di circa 1 cm per lato, che vengono infilati su uno spiedino di legno lungo massimo 20 cm: li cippe, in abruzzese.
L’importanza del braciere
Il miglior modo per cucinarli è senza dubbio la brace viva, adagiandoli delicatamente sulla griglia e lasciandoli arrostire per qualche minuto. In Abruzzo, si utilizza un braciere dalla caratteristica forma allungata definito, in base al dialetto della zona, fornacella, furnacella, rustillire, canala o canalina. La particolare forma garantisce la concentrazione di un’alta temperatura nella porzione di spiedino dove è posizionata la carne, lasciando invece a temperatura ambiente le due estremità, così da non scottare al contatto né la mano né la bocca. Qualora non si avesse la possibilità di cuocerli alla brace, si può optare per il forno di casa, anche se il risultato sarà leggermente diverso. Per quanto riguarda il condimento può andare bene semplicemente un po’ di sale. Tuttavia per chi decidesse di renderli più sfiziosi può anche essere aggiunto un po’ di olio marinato (piccante, pepato, speziato e così via), pepe e rosmarino. Gli arrosticini sono solitamente accompagnati da fette di pane casereccio (eventualmente scaldate anch’esse alla brace) cosparse di olio extravergine di oliva (il pane ‘onde) e si abbinano egregiamente a vini rossi. Facile pensare, vista la territorialità, a un bel Montepulciano d’Abruzzo.
Dove mangiarli in Abruzzo
Difficile fare una selezione ideale di locali in Abruzzo. Ci proviamo, dividendoli per province: qui gli arrosticini sono buonissimi, ma non trascurate gli altri prodotti del territorio (salumi e formaggi) e qualche piatto tradizionale, spesso preparato a regola d’arte. Nella zona di Chieti: Ferramenta Arrosticini e Pastore Abruzzese a Lanciano; Pecora Matta a Casoli; Ristoro La Baita a Pretoro; Il Piccolo Chiosco a Chieti Scalo. In provincia di Pescara: Margherita 1, Margherita 2 e La Locanda del Presidente a Pianella; Macalusa e la Sorgente a Civitella Casanova; Ristorante delle Querce, La Locanda del Voltigno e Il Fungarolo a Villa Celiera; La Veranda a Cepagatti. In provincia di Teramo: Perilli Arrosticini a Castilenti; Trattoria Santa Maria Della Neve a Santa Maria Della Neve; L’Arrosticino da Fiorella a Roseto degli Abruzzi. In provincia di L’Aquila: Tameos Arrosticini e Panini a Sassi Scalo; L’Unico Posto, Arrosticini Divini e La Locanda del Puledro Impennato a L’Aquila.
Obbligatoria la citazione per i migliori locali nelle grandi città italiane. A Roma, dove la comunità abruzzese è storicamente tra le più importanti, gli approdi sicuri sono The king dell’Arrosticino, Laboratorio 3, Pane olio e arrosticini, Rostelle and Co., L’Arrosticinaro e Il Ritrovo San Giovanni. A Milano, li trovate da Pecora Matta, Capestrano (ristorante che ha anche un’osteria, chiamata Bottega del Capestrano) e Rustell. Curiosità: rustell (piccolo arrosto) è il termine originario del cibo in abruzzese. Poi si capì che “arrosticini” suonava meglio, anche e soprattutto con scopi commerciali. Ma a noi importa che siano come le ciliegie. Quindi 15 sono il minimo.
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