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Abruzzo o Abruzzi

Arte

Nella regione fiorì isolata una civiltà artistica che non trova legami con le altre più evolute manifestazioni dei popoli italici. Fra le testimonianze più antiche (sec. VI-II a. C.) si registrano resti di insediamenti fortificati, necropoli e altri reperti archeologici tra cui primeggia, per la sua potenza stilistica, l’enigmatica statua del Guerriero di Capestrano (sec. VI a. C., conservata a Chieti nel Museo Nazionale Archeologico). Con l’avvento del dominio di Roma, documentato nei suoi primi contatti con gli Italici nei resti di alcuni monumenti (santuario di Ercole Curino, presso Sulmona, siti archeologici di Alba Fucens, nei pressi di Massa d’Albe, e di Iuvanum), la fisionomia degli antichi centri mutò: lo attestano le numerose vestigia rimaste, tra cui il teatro di Chieti, l’anfiteatro e il teatro di Amiternum, le colonne corinzie e la stessa base romana della chiesa di San Pietro ad Alba Fucens. Dopo la fine dell’Impero Romano e le varie distruzioni, soltanto in età bizantina si ebbe una certa attività artistica (cattedrale di Santa Maria Aprutiensis, a Teramo), intensificatasi poi in età longobarda e carolingia (abbazia benedettina di San Giovanni in Venere, presso Fossacesia, chiesa di San Pietro ad Oratorium, a Capestrano, chiesa di San Clemente al Vomano, a Notaresco, poi distrutte e ricostruite in epoca romanica, sec. XII-XIII). Con la fioritura dell’edilizia benedettina, di cui ben poco rimane (abbazia di San Liberatore a Maiella, nei dintorni di Serramonacesca), vennero a costituirsi, influenzate dalla presenza dei lapicidi lombardi, le prime scuole locali di artisti e artigiani, che ebbero poi una rigogliosa ramificazione nella regione, con attivissime scuole minori come quelle di Valva e Casauria. L’architettura romanica si diffuse attraverso l’opera di maestranze lombarde, ma si sviluppò come elemento tipico della regione la facciata a coronamento orizzontale, che persisterà fino a tutto il sec. XIV. Particolare importanza ha la ricerca dell’effetto pittorico, ottenuto mediante la scultura o la decorazione policroma (che indica dei probabili influssi veneto-bizantini). L’aspetto ornamentale trovò ricca affermazione nel rivestimento di absidi e nel coronamento di portali e finestre (basilica di San Pelino o Valvense, a Corfinio, e l’abbazia di San Clemente a Casauria, entrambe del sec. XII). Alla manodopera borgognona si devono le più significative realizzazioni d’architettura gotica cistercense: la chiesa abbaziale di Santa Maria Arabona, a Manoppello, fondata nel 1208; quella, poi distrutta, di Santa Maria della Vittoria, presso Scurcola Marsicana; l’interno della cattedrale di Atri e il presbiterio della chiesa di Santa Maria Maggiore a Lanciano. Se a L’Aquila (dove fa eccezione la chiesa di San Domenico, di manodopera francese) il gotico importato da Napoli (emblematica è la facciata della chiesa di Santa Maria di Collemaggio) mal s’inserì nei tradizionali schemi del romanico, ad Atri maestri locali (Raimondo di Poggio e Rainaldo da Atri) operarono (1302-05) con ben diverso risultato l’innesto dell’elegante stile francese nel severo contenuto degli schemi romanici. Seguendo questo indirizzo il gotico penetrò nel Chietino, a Guardiagrele, Lanciano e Teramo. Una caratteristica a sé assunse la sobria architettura francescana, a una sola navata a copertura lignea. Più che la scultura medievale, di cui i maggiori esponenti furono Ruggero, Roberto e Nicodemo, che dalla metà del sec. XII eseguirono cibori e amboni, fu la pittura ad affermarsi attraverso importanti cicli di affreschi, da quelli benedettini della chiesa di San Pietro ad Oratorium (sec. XII) alle pitture tardo bizantineggianti (1190) di Luca Pallustro da Lanciano, all’affresco del 1237 di Armanino da Modena (conservato a L’Aquila nel Museo Nazionale d’Abruzzo). Già gotici sono gli affreschi della chiesa di Santa Maria Assunta (sec. XIII), a Bominaco, nei pressi di Caporciano, e quelli di San Giovanni in Venere (fine del sec. XIII). Lento e ritardato si attuò l’accoglimento del linguaggio rinascimentale, che nella pittura trovò il suo più grande assertore nell’abruzzese A. Delitio (affreschi nella cattedrale romanica di Atri, ca. 1481) e più tardi in altri artisti, quali P. Alamanno, Giovannantonio da Lucoli e l’eclettico Cola dell’Amatrice. Dalle correnti del Rinascimento toscano giunsero, e tardi attecchirono nel substrato gotico, le nuove forme architettoniche: palazzo dell’Annunziata (che conserva insieme aspetti gotici, rinascimentali e barocchi) e la fontana del Vecchio (1474), a Sulmona; Palazzo Ducale, a Tagliacozzo, i castelli di Celano e di Capestrano e, a L’Aquila, la rinascimentale-barocca basilica di San Bernardino. Se più complesso appare lo sviluppo della scultura nel Quattrocento, sottolineato dalla presenza di artisti diversi (Gualtiero d’Alemagna e il lombardo Giovanni de’ Rettori), questa si rivela, tuttavia, il campo più valido per l’affermarsi di artisti locali, come Nicola da Guardiagrele, pittore e orafo, che rinnovò il modello delle tradizionali croci di processione abruzzesi (croce del Museo Diocesano dell’Aquila, 1434; paliotto argenteo della cattedrale di Teramo, 1433-48) e Silvestro dell’Aquila (sepolcro di Maria Pereira Camponeschi, 1496, e mausoleo, 1505, entrambi nella basilica di San Bernardino a L’Aquila). Nel Cinquecento giunsero nuovi maestri a rivitalizzare l’arte dell’Abruzzo, quali Girolamo da Vicenza, il comasco Paolo de Garviis, Cola dell’Amatrice, autore della facciata della chiesa di San Bernardino a L’Aquila, e lo spagnolo P. L. Scrivà, che progettò il castello di L’Aquila (1534-67), uno dei maggiori esempi di struttura difensiva rinascimentale concepita sulla base dei più aggiornati dettami dell’ingegneria militare dell’epoca. Il maggior numero di affreschi della prima metà del Cinquecento fu dovuto all’attività di Francesco da Montereale. Con la sua opera Madonna degli Angeli tra San Sebastiano e San Rocco (1509), nella chiesa di San Silvestro a L’Aquila, la pittura abruzzese si aprì al linguaggio umbro del Perugino e del Pinturicchio, divulgato però dall’artista con formule già in ritardo rispetto agli sviluppi raffaelleschi. Al linguaggio estremamente semplificato del monterealese si rifecero numerosi artisti attivi nell’area nordoccidentale dell’Abruzzo, rimasti insensibili persino all’arrivo a L’Aquila della Visitazione di Raffaello (1519), destinata alla cappella Branconio in San Silvestro, ma conservata al Museo del Prado, a Madrid. Agli arrivi esterni le tendenze locali risposero scegliendo la via della mediazione, come dimostra l’opera di P. Cesura, che nel Miracolo di Sant’Antonio e nell’Adorazione dei pastori per San Bernardino a L’Aquila tentò un accordo tra elementi michelangioleschi e raffaelleschi, o quella di G. P. Cardone, cui si devono gli affreschi del refettorio di San Bernardino, la Madonna del Rosario (1580) della basilica dell’Assunta a Pescocostanzo e il gonfalone della città (1579). Influenze venete (Tiziano, il Veronese) sono invece riscontrabili in opere dell’area adriatica abruzzese, come il gruppo di tele di Santa Maria Maggiore, a Vasto, o, a Chieti, i dipinti in San Giovanni dei Cappuccini. Nell’età della Controriforma giunsero a L’Aquila alcune tele di B. Ciarpi, maestro di Pietro da Cortona, che rafforzarono quel filone anticaravaggesco, di matrice toscana, mirante a neutralizzare la lezione del naturalismo del Caravaggio con l’inserimento delle figure dei santi entro gli schemi iconografici tradizionali. I tentativi di adesione al metro caravaggesco furono invece perseguiti dal fiammingo L. Finson, autore dell’Annunciazione conservata al Museo Nazionale d’Abruzzo, e da Tanzio da Varallo (Circoncisione di San Remigio a Fara San Martino, Madonna e santi nella collegiata di Pescocostanzo). Nel 1640 e in tempi successivi è attestata a Chieti la presenza del pittore G. B. Spinelli, che alternò soggiorni prolungati a Napoli a periodi di attività in Abruzzo. A lui si deve l’introduzione nella regione di quella visione naturalistica improntata inizialmente ai modi di M. Stanzione, suo maestro, e successivamente a quelli del Battistello. Nella seconda metà del sec. XVII l’opera degli artisti locali fu influenzata dall’arrivo di un importante gruppo di opere di M. Preti, conservate al Museo Nazionale d’Abruzzo, e di una Visitazione di L. Giordano. Giunsero anche dipinti di artisti di scuola romana, come la Strage degli innocenti di F. Cozza, e opere di G. Brandi e di L. Baldi (l’Annunciazione dell’omonima chiesa di Sulmona e l’Adorazione dei pastori del Museo Nazionale d’Abruzzo), in cui si scorgono influssi di G. Reni. Nel sec. XVII la lavorazione della maiolica giunse a risultati di notevole valore artistico, specialmente con la dinastia dei Grue, che operarono nell’antica manifattura di Castelli. Nel Settecento trovò più decisa affermazione nel territorio abruzzese la pittura napoletana, anche in conseguenza dell’ampia ristrutturazione di numerosi edifici ecclesiastici che videro impegnati architetti napoletani come M. Gioffredo (facciata della chiesa del Carmine a Vasto) e il Fuga (Santa Caterina a L’Aquila). Infatti, a parte il prevalere in alcuni casi di esperienze romane (affreschi del chiostro francescano di Castelli e decorazione della volta di San Domenico ad Atri), le suggestioni pittoriche fin dall’inizio del sec. XVIII furono legate all’arte di F. Solimena da una parte e di P. De Matteis dall’altra, prima che nuove esperienze prendessero il sopravvento con la diffusione delle opere di F. De Mura (Santissima Trinità nella chiesa di San Basilio a L’Aquila; Ecce Homo e Andata al Calvario nella chiesa dell’Assunta di Castel di Sangro) e poi di quelle di G. Diano, attivo tra Chieti e Lanciano. Nella seconda metà del sec. XVIII, mentre prevalevano soluzioni figurative razionalistiche (testimoniate dall’arrivo nella badia morronese di Sulmona del San Benedetto in estasi di A. R. Mengs) legate al neoclassicismo, che non ebbe però nella regione un vasto seguito, operò in Abruzzo il molisano P. Gamba, allievo del Solimena, attivo a Barrea, a Penne e a Sulmona. Tra il 1788 e il 1789 G. Diano decorò il duomo di Lanciano, intervenendo nei pennacchi della cupola e nella volta del presbiterio; a Chieti affrescò il salone dell’ex collegio gesuitico e realizzò il San Giuseppe Calasanzio per la chiesa di San Domenico. Nell’Ottocento l’Abruzzo fu la patria di numerosi pittori di fama, formatisi a contatto con l’ambiente napoletano e maturati spesso in contrapposizione alle tendenze ivi prevalenti. È il caso dei Palizzi, la cui ricerca veristica si oppose sia alla pittura di D. Morelli sia a ogni tendenza puramente folcloristica, o di T. Patini, che con la sua opera entrò in polemica con la politica postunitaria, dimostratasi inefficace alla realtà meridionale. Un’altra presenza di rilievo fu quella di F. P. Michetti, che approfondì nelle sue opere lo studio dell’ambiente abruzzese recuperato nei suoi aspetti primordiali (Sposalizio in Abruzzo, 1876; Processione del Corpus Domini a Chieti, 1877; Il voto, 1883; La figlia di Jorio, 1895, conservato nel Palazzo del Governo a Pescara; Gli storpi e Le serpi, inizi sec. XX, custoditi nel Municipio di Francavilla al Mare). Tra la fine del sec. XIX e i primi decenni del Novecento si colloca la figura del pescarese B. Cascella, artista di evidente vena dannunziana. Pittore e ceramista, sviluppò notevoli interessi grafico-litografici, che lo spinsero nel 1899 a fondare la rivista L’illustrazione abruzzese. Con la famiglia Cascella, che ha dato alla regione ben tre generazioni di artisti, si giunge alla produzione figurativa abruzzese novecentesca, nel cui panorama si segnalano i figli di Basilio, Tommaso e Michele, noto quest’ultimo soprattutto per le vedute marine e urbane, e i ritratti femminili realizzati con grande padronanza delle più varie tecniche pittoriche e grafiche. Fra i maggiori scultori e ceramisti europei sono di certo da annoverare Andrea e Pietro Cascella, figli e allievi di Tommaso. In campo architettonico, l’Abruzzo si è sempre dimostrato refrattario ai tentativi di infiltrazione dei nuovi linguaggi artistici, preferendo al nuovo una politica di tutela e recupero del patrimonio storico esistente. Quasi del tutto assenti sono le presenze di stampo modernista, a eccezione del centro culturale di Pescara (E. Montuori, 1962). Testimonianze del postmodermo di maniera, come le forme concavo-convesse di retaggio barocco, si trovano nel centro culturale Ignazio Silone di Avezzano (1970-82), opera di P. Portoghesi e V. Gigliotti, e in quello di Sulmona (1970-83). L’Accademia di Belle Arti di L’Aquila (P. Portoghesi, 1969-87) presenta in maniera misurata forme mutuate dal passato.

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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