da “L”AQUILASETTE” e “ALTO SANGRO”, maggio 1969 di Giuseppe Rossi
Gli abruzzesi hanno salutato con gioia l’apertura del primo tronco dell’Autostrada Roma-L’Aquila. L’Abruzzo attraversato da un’autostrada – quale che siano le opinioni, le polemiche e i risentimenti al riguardo -, è un avvenimento che interessa tutta la Regione. In tanto e giustificato clamore si inserisce però il dubbio che molte, troppe parti del complesso logistico aquilano siano tenute in dispregio. Sono le parti minori di quell’Abruzzo ignorato, per forza di cose o per ignavia degli uomini, ma che pure esiste, lavora, paga. E’ davvero reale questo Abruzzo-cenerentola? Pare proprio di sì! E la denuncia chiara, inequivocabile viene da Civitella Alfedena. E’ un grido di dolore di questo piccolo borgo arrecato sui fianchi delle montagne della Camosciara verso le quali è l’ultimo abitato. Civitella, come altri centri dai quali li separa il bosco e la macchia, diviene sempre più “isolata” in mezzo a strade “turistiche” che si moltiplicano e alle quali essa guarda, stupita, come lo straccione al signore che passa in limousine. Ma cosa domanda Civitella? Semplicemente che le spese di carattere turistico non siano fini a se stesse ma rientrino in un piano preordinato e coordinato. Un piano che consideri l’uomo nella natura, non l’uomo contrapposto alla natura in una antitesi che non ha senso. Più si fanno, o si progettano strade e complessi edilizi, più gli abitanti se ne vanno; come se, per una ignota legge di osmosi, dovessero cedere necessariamente il posto ai turisti perché costituiscano altre comunità dissociate e distinte dai nuclei preesistenti. Gravissimo errore. I paesi dei Parco, e come questi tanti altri della Valle del Sangro, fanno parte del sistema e non ne sono fuori. Pensarli “rami secchi”, come le ferrovie da smantellare, è un assurdo economico e un insulto sociale.
Il problema però non è d’una Civitella “isolata” e condannata a morte di consunzione. Il problema e d’un errore di chi pensa, a tavolino o davanti la cassaforte, a un tipo di turismo predatore che prenda dagli abitanti le cose più belle e poi li chiuda tutti nell’armadio. Civitella Alfedena, piccolo paese dell’Alta Valle del Sangro, é collegata alla Strada Statale n. 83 Marsicana da due strade Provinciali provenienti, da Villetta Barrea una, e dal ponte sul Lago di Barrea l’altra. Sono due strade ormai ridotte in uno stato pietoso e somigliano più a delle mulattiere che a delle strade carrabili. Sono anni che si attende una decisione, affinchè si provveda finalmente alla loro sistemazione. Intanto, per colmo d’ironia, sembra siano stati appaltati i lavori di completamento della strada che dal ponte nuovo corre lungo la sponda destra del Lago di Barrea. Questa strada renderà accessibili tanti terreni, che saranno sicuramente accaparrati dai privati e favorirà le lottizzazioni e la creazione di villaggi turistici.
Tutto questo a molti chilometri di distanza dal centro abitato e con l’unico risultato dell’ulteriore isolamento del paese. I vecchi centri abitati, così (e Civitella ne è esempio eloquente!), abbandonati a loro stessi languiscono e deperiscono sempre più, favorendo l’esodo delle migliori e più valide forze di lavoro. Tutti i giorni intere famiglie sono costrette a emigrare al nord o all’estero. Civitella Alfedena, quindi, che presto si onorerà di un’altra “strada turistica”, in aggiunta a quella della Camosciara, già bella, larga e asfaltata, manca del tutto di infrastrutture ben più essenziali. Evidentemente, gli uomini che accedono al paese (contadini, pastori, operai) non sono degni dello stesso trattamento di coloro che accedono ai “centri residenziali”, anche fantasma (per il momento!) come quello della Camosciara. E’ ora che finisca questo modo di agire e di amministrare il denaro pubblico. E’ ora di capire che quei paesi del Parco Nazionale d’Abruzzo che pochi interessati decantano beneficiati da una pioggia d’oro, sono in realtà del tutto abbandonati dal potere pubblico. Il quale, se è sollecito a spendere miliardi per strade, non ha ancora saputo dare ai paesi dell’Alto Sangro compresi appunto nel territorio del Parco, infrastrutture degne del vivere civile: strade interne, luce, acqua, un centro abitato in condizioni decenti, impianti di fognatura, servizi ospedalieri e scolastici di livello adeguato. La gente, mille volte illusa da sterili promesse è stanca di aspettare e sopportare simili torti. Attende un radicale cambiamento della politica nel Parco e del Parco.
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