Mentre la Chiesa è chiamata da Pio IX a radunarsi in concilio, e diversi vescovi di Abruzzo e Molise sono incamminati alla volta di Roma, è già in atto la conversione dell’asse e la liquidazione dei patrimoni ecclesiastici, con confisca dei beni, chiusura di monasteri, conventi e seminari, e conseguente occupazione degli edifici. Nel gennaio del 1876 L’Aquila è elevata ad arcidiocesi, ma il primo suo arcivescovo, monsignor Luigi Filippi, è subito obbligato ad andare in esilio col pretesto di rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico. Il 22 marzo 1888, ormai a conclusione di un secolo così tormentato e ad apertura di un altro che risulterà ancor più travagliato, a Cesa tra Santi, nel comune di Castelpetroso, iniziano le apparizioni della Vergine addolorata, che si mostra inginocchiata in atteggiamento supplice presso il Figlio morto, dapprima alle veggenti Bibbiana e Serafina, poi a diverse altre persone, tra le quali il vescovo di Boiano monsignor Macarone- Palmieri e il conte Carlo Acquaderni: in questo segno celeste le popolazioni molisane e abruzzesi (e non solo queste) che accorrono a migliaia a Castelpetroso, ritrovano anche la speranza e l’incoraggiamento per un rinnovato impegno di vita, nonostante un crescente fenomeno migratorio vada spopolando numerosi centri, trapiantando, specie nelle terre del nuovo mondo, tanti abruzzesi e molisani unitamente a quegli usi e costumi religiosi che li contraddistinguono. Al trapasso dal vecchio al nuovo secolo, e nel corso di questo, ecco una nuova fioritura di santità. Sotto l’episcopato degli arcivescovi Filippi e Vicentini, troviamo all’Aquila Barbara Micarelli, Maria Francesca de Sanctis e Maria Ferrari, fondatrici rispettivamente delle suore missionarie francescane di Gesù Bambino, delle suore missionarie della Dottrina cristiana, delle suore zelatrici del Sacro Cuore, mentre notevole è l’apporto fornito all’espansionismo missionario da alcuni figli d’Abruzzo, che con il loro sangue firmano la causa del Vangelo: i francescani beato Salvatore Lilli (da Cappadocia di Tagliacozzo), ucciso in Armenia nel 1896, e san Cesidio Giacomantonio da Fossa, che non ancora trentenne dà la vita in difesa della fede e dell’eucarestia durante la rivolta dei boxer in Cina (1900), che ne bruciano il corpo, nonché la beata Maria della Pace (Marianna Giuliani), delle francescane missionarie di Maria, dell’Aquila, anch’essa uccisa dai boxer a venticinque anni. Nel corso del XX sec. troviamo i servi di Dio Dino Zambra, don Gaetano Tantalo, Santina Campana, Nicolino d’Onofrio, camilliano, e fra Giuseppe Immacolato di Gesù da Campobasso, dei carmelitani scalzi. Agli inizi del Novecento l’esigenza di una rinnovata formazione del clero è avvertita con urgenza anche in Abruzzo e Molise (quest’ultimo smembrato tra le regioni ecclesiastiche abruzzese, con Trivento, e beneventana con le rimanenti diocesi). Nei primi trent’anni del nuovo secolo tale formazione è fortemente riformata secondo le indicazioni della Santa Sede. Dapprima l’istituzione di un seminario interdiocesano abruzzese (1908) nella sede dell’antico seminario diocesano di Chieti, poi quella dell’attuale Pontificio seminario regionale abruzzese-molisano (1912-1914), intitolato a san Pio X, sono come l’inizio di quel processo che, unitamente al concilio plenario abruzzese del 1924, tenutosi sotto l’influsso dell’arcivescovo di Chieti Nicola Monterisi, fisserà i punti cardine della rinnovata missione del clero regionale: il primato assoluto dell’evangelizzazione, la rigida riconduzione delle forme di culto nell’alveo della liturgia, l’incremento e sviluppo delle associazioni laicali e, segnatamente, dell’Azione cattolica. Ma questa impronta pastorale, potentemente rafforzata da Pio XI, dovrà ben presto cedere il passo ai nuovi problemi che si agiteranno nell’ampio scenario compreso fra le due guerre mondiali: lo scontro tra le organizzazioni di massa, la ricostruzione materiale e spirituale, l’industrializzazione, l’adeguamento infrastrutturale, ivi compresa l’illusione del momento propizio per la riconquista cattolica della società.
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