In un generale clima di smarrimento e di incertezza (a Sulmona la sede rimase vacante dal 1799 al 1818), mentre il clero non sempre si uniformava alle direttive e alle scelte della chiesa ufficiale, schierandosi o dalla parte delle masse antirivoluzionarie, o dalla parte di quelle «democratiche » tra le quali non mancavano esponenti «cattolici», si preparò quel fatidico 1818, quando numerose sedi vescovili scomparvero dalla geografia ecclesiastica del Regno di Napoli. Dai tempi della Repubblica partenopea (1799) all’avvento di Gioacchino Murat (1811) il territorio molisano fu per cinque volte smembrato e riunito, fino alla costituzione murattiana della provincia molisana, territorialmente reintegrata con il distretto di Larino e con comuni precedentemente aggregati all’Abruzzo. Si registra in questo periodo la nascita del Molise quale entità regionale con specifica fisionomia territoriale e culturale; notevole in tal senso l’apporto di intellettuali illuministi molisani come Francesco Longano, Giuseppe Maria Galanti, Gabriele Pepe, Vincenzo Cuoco, Giuseppe Zurlo. Caduto il dominio napoleonico, Gioacchino Murat ripose sull’Abruzzo le migliori speranze per il suo tentativo indipendentistico del 1815, andato ben presto fallito. Nel 1817, a Pescosansonesco, nasce Nunzio Sulprizio (†1836), il giovane fabbro che Paolo VI dichiara beato il 1° dicembre 1963, durante la seconda sessione del concilio ecumenico Vaticano II; accanto a lui si pone il passionista Gabriele dell’Addolorata (Francesco Possenti, 1838-1862), originario di Assisi ma abruzzese di adozione, dichiarato santo da Benedetto XV nel 1920 e patrono dell’Abruzzo dal beato Giovanni XXIII nel 1959, che conclude la vita a ventiquattro anni alle falde del Gran Sasso d’Italia, ove oggi un nuovo santuario ne custodisce le spoglie. In forza del concordato tra la Santa Sede e il Regno di Napoli, ecco che nel 1818 scompaiono in Abruzzo e Molise le sedi di Campli, Cittaducale, Guardialfiera, Ortona, Venafro, rispettivamente accorpate a Teramo, L’Aquila, Termoli, Lanciano e Isernia; Chieti rimane senza suffraganee, mentre Sulmona acquista i territori di Pratola e San Benedetto in Perillis, già appartenuti alla badia di Santo Spirito dei celestini, e dal vescovo Tiberi, nel 1824, è dotata di seminario diocesano per la formazione di un clero che fosse all’altezza del compito, dopo la breve parentesi di vita di analogo istituto eretto a Pentima (Corfinio) nel corso del XVIII sec. I provvedimenti ecclesiastico- amministrativi riguardanti le diocesi in questo periodo segnano il tracciato dei passi futuri. Nel 1834 Gregorio XVI ripristina Ortona, che però è data in amministrazione perpetua al vescovo di Lanciano (rimanendo così fino al 1945, quando avverrà l’unione aeque principaliter delle due diocesi); nel 1852 è reintegrata la sede di Venafro, ma unita con pari formula a quella di Isernia, mentre di Campli, Guardialfiera e Cittaducale giunge fino a noi soltanto il titolo. Nel 1853 Pio IX erige la diocesi di Vasto, assegnandole quel «distretto di Vasto», separato dalla giurisdizione ecclesiastica teatina, sebbene solo più tardi (1857) sarà istituita come cattedrale la chiesa collegiata di San Giuseppe, essendo ora Vasto dichiarata unita a Chieti e concessa in amministrazione perpetua al vescovo teatino. Arriviamo, così, alle rivoluzioni che attraversano l’Italia per la causa unitaria, e il papato e la Chiesa sono messi a dura prova dalla recrudescenza dell’anticlericalismo. La tradizione rivoluzionaria si è già mostrata notevole anche in Abruzzo, con moti prima di ispirazione carbonara, poi mazziniana (emblematico il caso di Penne nel 1837), e durante l’impresa garibaldina, governi provvisori sorgono in nome di Vittorio Emanuele II un po’ dappertutto anche nel Molise. Isernia, nel settembre 1860, si impone all’attenzione per il suo legittimismo borbonico (patrocinato dal vescovo Saladino) che, però, ha tragiche conseguenze. Con il febbraio 1861 giunge il decreto di Eugenio di Savoia-Carignano, che sopprime tutti gli ordini religiosi, ad eccezione delle congregazioni ritenute di pubblica utilità; nel maggio cade la fortezza di Civitella del Tronto, ultimo baluardo borbonico, mentre vacanze di seggi vescovili già si registrano sia in Abruzzo (Sulmona) come in Molise (Isernia e Venafro) depauperato, quest’ultimo, in questo stesso anno, di quindici comuni, passati alla provincia di Benevento, e politicamente aggregato all’Abruzzo. Interventi ancora più pesanti dello Stato sulla Chiesa si registrano negli anni 1866-1890.
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