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A24 e A25 canoni non pagati. Draghi: ‘riparta la trattativa’

Una sentenza destinata a sbloccare lo stallo e far iniziare una trattativa per le tante questioni sul tappeto in merito al funzionamento e alla gestione delle autostrade A24 e A25, strategiche e fondamentali per l’Abruzzo e il Lazio ma da anni al centro di polemiche e contenziosi. Tanto che qualcosa si è mosso con le relazioni ed i contatti sull’ampio fronte delle problematiche, su “ordine” del premier, Mario Draghi, e dovrebbe cominciare concretamente la trattativa.

Strada dei Parchi, la società della holding del gruppo abruzzese di Carlo Toto che gestisce le autostrade laziali ed abruzzesi A2, non dovrà versare, per ora, gli 82,6 milioni di euro pretesi dall’Anas, relativi ai pagamenti nei confronti del concedente, cioè lo Stato proprietario della infrastruttura, relativo all’annualità 2019: il Tribunale civile di Roma, presieduto dal giudice Eugenio Curatola, con una sentenza del 22 marzo scorso ha infatti bloccato il decreto ingiuntivo attivato dall’Anas, quale beneficiario pubblico ex titolare dell’infrastruttura, data in gestione dal 2000 al 2030 a Sdp, del gruppo industriale abruzzese Toto, con un bando di gara europea.

I giudici hanno sospeso l’azione coercitiva di Anas, al quale il Ministero per le infrastrutture e per la mobilità sostenibile (Mims), non con una norma ma in via informale, ha ceduto il credito, nella considerazione che pagamenti e obbligazioni vantati dalla concessionaria privata sono superiori rispetto a quanto rivendicato dal committente pubblico.

In tal senso, si fa largo la strada della compensazione delle somme come strumento per comporre la delicata situazione. E comunque, il credito di Anas è congelato fino al 29 settembre quando è stata fissata la prossima udienza che avrà come controparte il Mims e non Anas, mentre quelli di Sdp sono ufficialmente sui tavoli.

Il pronunciamento del Tribunale si inserisce in una vicenda più esplosiva sulla gestione autostradale già segnata da anni da un serrato contenzioso. Nelle ultime settimane, la vicenda è arrivata ad un punto in cui diventa non rinviabile un chiarimento da parte del Governo e del Mims essendo sul tavolo, ferme, questioni vitali per la gestione e il futuro delle due autostrade: su tutti il rinnovo del Piano economico finanziario, risalente al 2013 con la norma che prevede l’aggiornamento ogni 5 anni, le tariffe congelate per evitare una stangata, dal 2015 e fino al prossimo mese di giugno, il grande piano di messa in sicurezza con un investimento di 6,2 miliardi di euro, di cui 2 coperti dal privato e 4 dallo Stato, previsto in tutte le bozze del nuovo Pef e nella stessa legge di stabilità del 2012 nella quale le A24 e A25 si considerano strategiche ai fini di protezione civile a seguito del terremoto dell’Aquila del 2009. Ed ancora, la revoca della concessione in scadenza nel 2030 chiesta dal Mims ma con la trattativa che non è stata mai avviata.

Un quadro del genere in cui girano da una parte e dall’altra diversi miliardi di euro, ha fatto divampare polemiche sui territori, e prodotto la discesa in campo dei sindaci abruzzesi e laziali e, nei giorni scorsi, di una cinquantina di parlamentari di Abruzzo e Lazio (di tutti i partiti) che hanno chiesto al Governo, in particolare al ministro, Enrico Giovannini, di arrivare a decisioni ufficiali ponendo fine allo stallo. Stessa posizione ha preso il presidente della regione Abruzzo, Marco Marsilio, che ha scritto al premier Draghi.

L’impasse è ancora più grave se si considera che la vicenda è caratterizzata dalla presenza di ben tre commissari, uno nominato dal Consiglio di Stato, dopo ricorsi di Sdp, che ha considerato inadempiente l’ex Mit, ora Mims. Commissari che hanno proposto piani e soluzioni che però sono ferme anche queste sui tavoli.

Nella sentenza, estremamente significativo è il succo delle argomentazioni del giudice: il titolare del credito, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, che aveva indicato quale beneficiario Anas, è a sua volta debitore nei confronti di Sdp, a causa della mancata approvazione del piano economico finanziario, il Pef, condizione sine qua non per l’utilizzo di 6,2 miliardi di euro per il mega progetto di messa in sicurezza di un’.autostrada considerata strategica ai fini di protezione civile anche con la legge di stabilità del 2012.

Una inadempienza, da parte del Ministero, del resto sancita anche con la ordinanza del Consiglio di Stato, che per questa ragione ha nominato come un commissario ad acta, oggi nella persona di Sergio Fiorentino, avvocato dello Stato, incaricato di far approvare il nuovo piano.

Nel valzer delle soluzioni, nelle ultime settimane, poi, è emersa una eventualità che ha fatto insorgere i territori: in base alla nuova bozza di Pef, cosiddetta ad investimento zero, cioè con i lavori che saranno gestiti interamente dallo Stato, presentato dallo stesso Fiorentino, potrebbe costare molto caro ai cittadini, visto che da qui al 2030, scadenza della concessione, i pedaggi subiranno rincari fino a 370%: una cifra iperbolica e insostenibile, che ha spinto il presidente Marsilio, a scrivere al presidente Draghi e al ministro Giovannini,

Ma c’è anche da considerare la posizione di Sdp: perdurando la mancanza di una decisione da parte del governo e un ulteriore ritardo all’avvio di lavori urgenti individuati dal secondo commissario in campo, quel Maurizio Gentile, nominato dall’esecutivo nell’ambito del decreto Rilancio, ed ora sostituito dall’avvocato dello Stato Marco Corsini, Strada dei Parchi accelererà i tempi per la restituzione delle due autostrade allo Stato. In questo senso, anche il Mims sta valutando l’ipotesi di revoca. In entrambi i casi, c’è da sottolineare, al concessionario dovrà essere riconosciuto un risarcimento miliardario, in base a quanto previsto dal contratto. E secondo una stima, lo Stato potrebbe arrivare a dover versare circa 2,5 miliardi di euro.

In questo contesto, nei giorni scorsi a pesare è stata anche la cronaca: i massi caduti nel tratto autostradale tra Carsoli e Vicovaro, con una tragedia evitata per miracolo, che ha riproposto con urgenza il dato della messa in sicurezza e del nuovo Pef, tematica sotto la responsabilità del neo commissario, Corsini, che ha indicato un progetto urgente di 70 milioni già impegnati, per realizzazione di adeguate recinzioni anti-attraversamento degli animali selvatici, e non. Nei giorni scorsi, una mucca ha addirittura sfondato la recinzione sempre sul tratto di Vicovaro, arrivando sul prato adiacente la carreggiata e, quando stava per scendere in strada, il pronto intervento della polizia stradale ha scongiurato il rischio di incidenti.

Tornando al merito della sentenza, facendo un passo indietro, si segnala che Sdp si è impegnata a corrispondere ad Anas, entro il 31, marzo di ogni anno e sino alla scadenza della convenzione ovvero fino al 31 dicembre 2030, un canone annuo di 55,8 milioni di euro, quale prezzo della concessione.

La rata del 2019 non è stata però versato da Sdp e per questa ragione Anas aveva avviato l’iter di decreto ingiuntivo nell’ottobre 2020, per una somma di 82,5 milioni circa, cifra comprensiva del canone 2019, più l’ integrazione di precedenti canoni annuali, l’undicesima rata del debito verso l’ex Fondo Centrale di Garanzia, e gli interessi maturati.

Strada dei Parchi si era perciò opposta al decreto ingiuntivo rivolgendosi al Tribunale, argomentando che la cifra non era dovuta “per effetto degli interventi normativi emessi tra il 2011 ed il 2013″  che hanno introdotto una una rilevante modifica sul piano soggettivo del rapporto concessorio”.

Le disposizioni hanno determinato infatti il trasferimento delle funzioni di concedente, ovvero di “proprietaria” dell’infrastruttura, dall’Anas, originaria titolare, direttamente in capo alla Vigilanza sui concessionari autostradali, struttura creata presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ora Ministero dei trasporti e della mobilità sostenibile. Per cui anche il credito relativo al canoni di concessione, dal 2012, anno del passaggio di consegne, era stato trasferito al Ministero.

Poi lo stesso Mims con una lettera a Sdp ha chiesto il pagamento alla stessa Anas. A questo si è opposta la concessionaria. Premesso questo, risulta, hanno contestato i legali di Strada dei Parchi, che è il Ministero ad essere inadempiente “a molteplici obblighi convenzionali”, primi fra tutti la mancata conclusione del procedimento di aggiornamento e revisione del Piano economico finanziario, da cui dipendono ben 6,2 miliardi di investimenti per la messa in sicurezza sismica dell’autostrada, dichiarata per legge strategica, e il mancato adeguamento della tariffa di pedaggio fin dal 2015.

Dunque è Strada dei Parchi ad essere creditrice nei confronti del Ministero, “per una somma complessiva di gran lunga superiore” al credito vantato da Anas.

L’Anas ha invece argomentato, in soldoni, che le modifiche normative che hanno disciplinato il subentro del Ministero nel ruolo di concedente non hanno inciso, né potevano incidere, sulle prestazioni all’epoca già esaurite e sulla titolarità del credito in capo alla stessa Anas: quegli 82,5 milioni sono insomma dovuti.

Il Tribunale ha dato ragione a Strada dei Parchi, confermando che il credito relativo al canone di concessione dal 2012 in avanti era stato effettivamente trasferito al Ministero, che però risulterebbe inadempiente a molteplici obblighi convenzionali”, in particolare per il procedimento di aggiornamento e revisione del Pef, il mancato adeguamento della tariffa dei pedaggi.

I giudici menzionano in particolare il decreto legge 50 del 2017,  in cui si stabilisce che il corrispettivo delle rate per il 2015 ed il 2016, di 55.860.000 ciascuna, fosse destinato dalla concessionaria all’immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica, e che il versamento del relativo importo all’Anas, in tre rate, fosse rinviato a marzo del 2028, del 2029 e del 2030.

In ogni caso, il credito azionato da Anas è “insussistente e inesigibile”, in quanto per accordi tra le parti e in base a dichiarazioni della stessa Anas, “quest’ultima si era obbligata a non richiedere l’adempimento sino al termine della situazione emergenziale determinata dalla pandemia”.

Da ciò discende, “la necessità e/o l’opportunità di autorizzare la chiamata in causa del Ministero interessato”.

Il Tar dunque ha intanto rigettato “l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo”, ed ha autorizzato la chiamata in causa del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, dando termine fino al 2 maggio 2022 per la notifica. Rinviando la causa all’udienza fissata  29 settembre 2022.

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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