Ha uno straordinario potere evocativo la casa dove Gabriele nasce il 12 marzo 1863, da Francesco Paolo d’Annunzio e Luisa De Benedictis, e trascorre l’infanzia. Qui si racconta l’esperienza del ginnasio presso il Real Convitto Cicognini di Prato, dove il giovane d’Annunzio resterà fino alla licenza liceale, conseguita con un anno d’anticipo ed eccellenti voti. Ed anche le prime mosse del genio che compone musica a sette anni ed è presto poeta, con una raccolta di versi, Primo Vere, pubblicata nel 1880 in una seconda raffinata edizione, corretta a penna e fuoco da Rocco Carabba di Lanciano. Intanto veniva demolita l’imponente fortezza borbonica che racchiudeva la sua casa situata nell’antica Pescara. Qui è vissuta fino al 1917 l’anziana madre, assistita dalla fedele governante Marietta Camerlengo; dieci anni più tardi è stata dichiarata Monumento Nazionale per tutelare l’edificio d’importante interesse storico. D’impianto settecentesco, la struttura conserva ancora la tipologia di casa borghese, con ambienti impreziositi da arredi e decorazioni parietali i quali contribuiscono a perpetuare un’atmosfera d’altri tempi. Sempre rimasto legato alla sua casa paterna, sacra per lui come un “Santuario” e in decadenza dopo la morte della madre, Gabriele d’Annunzio fin dal 1926 si impegna affinché venga effettuato un restauro adeguato.
Viene incaricato il cognato Antonino Liberi, ingegnere di prestigio nella Pescara di quegli anni, al quale Gabriele indica le modifiche: desidera liberare il piano terra dalle botteghe e conservare la loggia, il cortile, il pozzo, la scuderia e le rimesse. È sua ferrea volontà restaurare l’alcova e le volte delle sale dove il padre aveva fatto dipingere i titoli delle sue prime opere. In seguito d’Annunzio, deluso da alcuni interventi, fra i quali il livellamento che aveva distrutto i tre gradini di accesso alla stanza della madre, quelli da lui ricordati “come tre gradini d’altare”, trasferisce l’incarico all’architetto del Vittoriale, Giancarlo Maroni. Grazie all’impegno del Governo Italiano, il progetto è completato con un felice risultato finale. I restauri delle pitture murali sono affidati a Dante De Carolis, che dipinge ex novo i soffitti della stanza d’ingresso e di quella della zia Maria, interpretando il gusto del tempo in armonia con le pitture murali preesistenti. In occasione della seconda guerra mondiale la casa ha subito gravi danni e saccheggi.
Nel 1949 sono portati a termine nuovi interventi che permettono di riaprire al pubblico la casa. Nel 1958 l’intero complesso passa al Demanio dello Stato, successivamente alla Soprintendenza BSAE dell’Abruzzo e più di recente al Polo Museale. Il Museo “Casa Natale di Gabriele d’Annunzio” occupa il piano terra ed il primo piano dell’edificio. Il percorso attraverso gli ambienti della “casa-museo” ripete le tracce seguite dallo stesso d’Annunzio in occasione della sua ultima visita alla madre malata nel 1915, migliorato e arricchito negli ultimi anni rispetto all’allestimento del 1993. Le prime cinque stanze conservano arredi e mobili d’epoca e decorazioni parietali di particolare pregio artistico, nonché pannelli illustrativi con i brani del Notturno dove il Poeta ricorda ambienti, oggetti e persone a lui care. Dalla sesta stanza si apprezzano abiti, uniformi e accessori del guardaroba del Poeta, nonché lettere e documenti autografi, edizioni originali delle opere e i calchi del volto e della mano. L’ultima sala è dedicata alla famiglia del Poeta e alla ricostruzione degli avvenimenti che lo videro protagonista di episodi clamorosi durante la prima Guerra Mondiale.
Al piano terra si visita la stalla, dove ancora si percepisce lo straordinario amore che Gabriele nutrì per i suoi cavalli, Aquilino e Silvano. Inoltre, per il centenario della scomparsa della “cara, cara mamma”, è stata allestita una sorta di cucina dispensa, suggestivo ambiente con utensili in rame e materiali d’epoca. Da alcuni anni il museo ospita alcune pregevoli opere dell’Ottocento e primo Novecento del Museo Nazionale d’Abruzzo, che non hanno trovato posto nella sede aperta nell’ex mattatoio comunale, meno capiente rispetto al Castello dell’Aquila tuttora in restauro. Tra tutte spicca la bellissima tela di Francesco Paolo Michetti, I morticelli: un tema triste interpretato in maniera lirica e poetica.
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