Agli inizi dell’età del Ferro, circa mille anni prima della nostra era, si sono andati definendo i contorni politici e territoriali dei due popoli che i Romani chiameranno Sabini e Vestini Cismontani, la cui intersezione doveva passare nel luogo dove oggi sorge L’Aquila.
In particolare lo “stato” dei Vestini si forma dall’unione dei tre gruppi che nell’età del Bronzo occupavano le conche abruzzesi di Capestrano, Navelli e L’Aquila.
Le caratteristiche del territorio, composto da pianure di fondovalle e dai vicini altopiani, spinge le classi dirigenti protostoriche a investire, piuttosto che in una stentata agricoltura, sull’allevamento con la tecnica della transumanza verticale (alpeggio).
Ne consegue che il “capitale” dello stato vestino era costituito da grandi mandrie, ovvero da una ricchezza mobile e facilmente asportabile: un meraviglioso bottino per qualunque razziatore…
Per difendere i propri beni i Vestini costituiscono un sistema di torri d’avvistamento e fortezze d’altura, da cui far defluire velocemente le truppe per sferrare gli attacchi e nelle quali, all’occorrenza, potersi arroccare insieme al bestiame.
Queste necessità di natura militare promuovono all’interno delle comunità vestine il ruolo dei guerrieri, che noi possiamo constatare grazie ai ritrovamenti di armi nei corredi funerari
Tratto da Archeologia Viva e L’Aprile nuovo
a cura di Pier Luigi Dall’Aglio, Carlotta Franceschelli, Lauretta Maganzani
Il territorio dei vestini Cismontani
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