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Canto aquilano. Ma che è ‘stu scontentu’, il vincitore del ‘Vernaprile’

La Società Operaia di Mutuo Soccorso “Fratellanza Artigiana” di Teramo, fondata nel 1860 e della quale il primo Presidente Onorario fu Giuseppe Garibaldi, da vario tempo organizza il “Vernaprile”, un Concorso di poesie e canzoni dialettali abruzzesi

Nella 13^ edizione del Concorso, il M° Camillo Berardi ha vinto il 1° Premio Assoluto per la musica del canto “Ma che è ‘stu scontentu” che è stato premiato con la seguente motivazione: “L’opera è valida, originale con il rispetto degli antichi stilemi e si presenta come un lavoro molto raffinato nel quale la tradizione è giocata con classe”.
La giuria che ha attribuito il premio era così composta: Presidente: Prof. Giuseppe Profeta; Componenti: Prof. Marcello De Giovanni, Prof. Giammario Sgattoni, Prof. Mario Santucci, Prof. Ennio Vetuschi, Prof. Cosimo Savastano, Prof. Quirino Iannetti, Prof. Walter Cavuti, Prof. Samuele Di Giulio, Prof. Vincenzo Cimini.

In occasione della Cerimonia di Premiazione, è stato chiesto al musicista Camillo Berardi di presentare al pubblico e alle autorità presenti il canto vincitore e il M° Berardi, fuori programma e arricchendo il prestigio della manifestazione, ha corrisposto alla richiesta del Comitato Organizzatore, offrendo l’esecuzione “cameristica” del brano affidandola alle voci del soprano Adele Ciavola e del contralto Valentina Bruno, accompagnate con la tastiera dallo stesso Berardi.
Ecco la presentazione del brano redatta dall’autrice del testo Prof.ssa Maria Luisa Frasca:
Questo canto aquilano esprime la struggente malinconia di chi – sentendosi dotato di una grande apertura d’ali – non ha trovato spazio nel piccolo mondo soffocante in cui la sorte lo ha costretto a vivere. Non gli resta che evadere nel sogno

MA CHE E’  ‘STU  SCONTENTU’

Versi di Maria Luisa Frasca                            

Musica di Camillo Berardi 

 

Ma che è tuttu questu scontentu ?
Pecchè sbatto contr’a ‘nu muru ?
Ju tempu s’ha fattu cchiù lentu
ju celu s’ha fattu cchiù scuru’Na vote me credea
che se potea spazia’.
Ju munnu me ss’è fattu troppo strittu,
ji’ quasci non ci pozzo rispira’Me pare ch’è come ‘na fame
me pare ch’è come ‘na sete.
Ma a mmi’ no’ me sazia lo pane.
Che pena le pene segrete…

‘Na vote me credea
che se potea spazia’.
Ju munnu me ss’è fattu troppo strittu,
ji’ quasci non ci pozzo rispira’.

Redengo la vita a ju sognu
mo’ che la speranza è finita.
Ccusci’ no’ me pare ch’ è pocu
lo pocu che me dà la vita.

E pure se mme pare
che non se po’ spazia’,
ju munnu me llo faccio meno strittu,
forse ccusci’ ce rrescio a rispira’.

@ Camillo Berardi

 

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