Quanto mai correlate con le vicende sociali, politiche ed economiche di questo periodo che giunge sino a noi, si mostrano le vicende ecclesiastico-religiose di Abruzzo e Molise. Nel susseguirsi di avvenimenti lieti e tristi, la presenza e l’opera di nuovi santi, come quella di personaggi che si distinguono tanto nell’evangelizzazione e nell’apporto alla vita dei cristiani e della Chiesa, quanto nella fedeltà a questa anche a fronte delle prepotenze e delle persecuzioni, si unisce alle diverse vicende della vita religiosa, inevitabilmente condizionata dai fattori sociali, politici ed economici, mentre ulteriori definizioni di assetti e confini diocesani segnano i nuovi ambiti dell’azione ecclesiale. In maniera sempre più ravvicinata appare la perenne verità dell’Ecclesia in hoc mundo posita. Ai primi del Settecento l’Abruzzo è funestato da tremendi terremoti, uno dei quali distrusse L’Aquila (1703), ove, con la morte in esilio del vescovo De La Cerda, fiero oppositore delle prepotenze spagnole (che hanno visto processato in foro civile tale Caruso da Fossa, membro del clero locale), e con il sequestro dei beni vescovili, era appena cominciato un periodo quasi ventennale di vacanza della sede episcopale. È un triste preludio alla terribile prova che per tutto l’Abruzzo e il Molise arriverà a fine secolo con l’invasione dei francesi giacobini. Nondimeno, il XVIII sec. pure conosce in Abruzzo e Molise un vivace moto culturale: accademie fioriscono all’Aquila e a Chieti; l’arcivescovo di Lanciano Antonio Ludovico Antinori – a ragione definito «il Muratori d’Abruzzo» – recò un impareggiabile contributo alla storia della regione; il chietino abate Ferdinando Galiani passò dalla sferzante satira ai notissimi (e allora fondamentali) studi di economia.
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