Cesacastina, il paese di terra, acqua e legno. Il suo nome deriva dai termini “cesa: taglio” e “castina: castagni”. Cesacastina (1150m s.l.m.) Adagiata alle pendici del Monte Gorzano, Circondata dal verde lussureggiante dei boschi, con la sua inconfondibile forma di croce: ad ogni estremita’ corrisponde una borgata: Colle, Villa Mastresco e Combrello.
Il Colle, la parte piu’ alta del paese, conserva tante case in pietra. Qui vi sono le sorgenti: l’acqua “d’ lu pirdir”, “d’ li finticel”, oltre all’acqua “d’la lagnett”. Proprio questa per le sue caratteristiche organolettiche è tra le migliori cinque acque in Italia ottime persino per il latte dei neonati. Nella contrada Mastresco sono stati trovati resti di insediamenti longobardi, come dimostrano proprio i balconi a forma del gafio longobardo. La parte più’ antica e’ Il combrello, qui vi era un antico monastero di Gesuiti e la presenza del divino e’ ancora tangibile visto che in quasi tutti gli architravi delle case si trovano epigrafi in latino di monito e di lode, motti, il monogramma gesuita con le lettere IHS . Il piu’ significativo e’ posto sul’architrave di una porta in piazzetta datato 1755 “DESCENDANT IN INFERNUM VIVENTES, NE DESCENDANT MORIENTES” che tradotto significa “se si considerasse di più l’esistenza dell’inferno da vivi, non ci si andrebbe da morti”. La Villa e’ la borgata centrale: vi e’ la grande piazza con la sua fontana. Qui si trova la meravigliosa Chiesa di SS Pietro e Paolo che risale al XVII secolo, l’unica nella montagna teramana che conservò il patronato laico, il diritto dei residenti ad eleggere il proprio parroco. Cesacastina è stata da sempre un’importante “stazione” di passaggio lungo il percorso che univa la costa abruzzese al versante laziale dei Monti della Laga. Il sentiero che attraversava le montagne non era percorso solo dai pastori e le loro greggi, ma anche dai cavalieri, con molta probabilità Templari, che si dirigevano a Roma. Ovviamente il passaggio di queste figure epiche ha lasciato tracce indelebili nelle storie e nelle leggende ambientate in questi luoghi, rafforzate dalle testimonianze mute ma cariche di significato dei ruderi di costruzioni in pietra, spesso di carattere religioso, che ancora si affacciano tra il verde prorompente dei prati, dei boschi e dei fossi.
Ancora oggi Cesacastina è un importante punto di transito, anzi è ormai uno dei più frequentati punti di partenza di escursionisti e alpinisti diretti alle più alte cime dei Monti della Laga, senza dimenticare la ormai celeberrima Valle delle Cento Fonti (o Cento Cascate) che con diversi salti scende fino al Fosso dell’Acero, meta suggestiva e irrinunciabile, anche se non priva di rischi, degli appassionati di montagna.
La storia
Nel Borgo Combrello e’ nato nel 1795 l’illustre don Michelangelo Forti. Sacerdote, umanista dotato di intelligenza e capacita’ mnemoniche eccezionali, fu professore di latinita’ sublime e lingua greca presso il Real Collegio di Teramo, ambita scuola superiore della durata di otto anni che faceva accedere all’allora universita’ di Napoli. Conosceva a memoria l’Eneide di Virgilio ed a memoria ne conosceva la traduzione. Vastissima la sua cultura, si cimentava a leggere e scrivere in 7 lingue, conosceva 18 dialetti, non aveva eguali nel latino e greco, scritto e parlato. Di idee liberali e di concezioni assolutamente antiborboniche, prese parte attiva ai moti teramani del 1848 per i quali fu processato e condannato con diversi gradi di imputazione. Il piu’ pesante fu quello di aver violato la consuetudine borbonica di festeggiare l’onomastico del re del 30 maggio, con sfarzo, luminarie ed il canto del Te Deum durante la celebrazione eucaristica. Per quel giorno, si decise di celebrare una funzione religiosa funebre per ricordare i patrioti trucidati dai borboni a Napoli in via Toledo il 15 maggio, Don Michelangelo Forti si prodigo’ affinché le campane delle chiese cittadine, incluso il duomo di Teramo anziche’ suonare a festa per il re, suonassero “a morto” per i trucidati di Napoli.
Incriminato, fu processato e condannato a 24 anni di carcere da scontare nel penitenziario di Nisida, in Campania, luogo riservato agli appartenenti al clero. Difese fino alla fine le proprie idee anche quando gli fu offerto in cambio della liberta’, di insegnare ai figli del re Ferdinando II di Borbone: sdegnato rifiuto’. A Nisida mori’ di tifo nel 1856, prima dell’unita’ d’Italia. Anche il Senatore Cerulli Irelli di Teramo si adopero’ affinche’ le sue ceneri tornassero in patria, ma purtroppo non riusci’ nell’intento. Si racconta che di aspetto brutto e trascurato, mentre era sacerdote a Tottea, si imbatte’ con dei colti teramani di ritorno dall’ Aquila (Tottea all’epoca era una specie di stazione) che si misero a parlare tra loro in una lingua straniera schernendo e deridendo il sacerdote che prontamente invece avendoli compresi rispose: “così mi ha voluto madre natura“. I due avendo modo di conoscere le doti eccezionali di Forti, lo portarono a Teramo e grazie a loro divenne docente di latinita’ senza concorso a Teramo. Gli abitanti di Cesacastina lo vogliono ricordare come l’eroe che ha suonato le campane a morto del duomo di Teramo contro il re dispotico
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