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Forcella borgo sconosciuto

Forcella è una comunità formata dai tre insediamenti di Santi, Casaline e Menzano, tutti situati nell’omonima valle. Già frazione di Preturo, insieme a San Marco, Pozza e Cese, venne con questa associata al comune dell’Aquila. Si tratta di centri di dialetto aquilano.

Il toponimo è formalmente trasparente, trattandosi di un diminutivo del latino furca. Se per alcuni tale appellativo indica il valico che mette in comunicazione il bacino dell’Aterno con la piana di Cascina e, quindi, con la via Salaria ed il reatino, appare però più probabile che esso si riferisca alla forca, ossia alla biforcazione formata dai due rami della valle che, proprio fra le tre ville di Forcella si uniscono. Prima dell’epoca normanno-sveva, tale designazione ha solo valore toponimico, ed è quindi relativo ad un abitato ancora sparso, mentre la prima menzione come castrum si ha nel sec. XII (…Forcellam…) ma è probabile che tale termine avesse solo valore amministrativo, non corrispondendo ad un effettivo castello. Viceversa, nello stesso periodo è menzionato il castello di Cesura, sorto su una cresta, in posizione dominante dell’intera vallata. Entrambi questi castra contribuirono alla fondazione della città dell’Aquila, pur essendo ai confini col contado reatino; il castello di Cesura, poi, venne distrutto nel sec. XIV ed i locali si insediarono stabilmente in città. Le tre ville di Forcella hanno sempre mantenuto la loro individualità. Quella che oggi è semplicemente Santi, viene chiamata, ancora nel sec. XVI, Villa San Donato, dalla omonima parrocchiale (dedicata anche a Sant’Angelo).

Di questa chiesa di San Donato, più volte restaurata, non rimane nulla di anteriore al sec. XVII, mentre sono visibili i ruderi del castello di Cesura, a monte dell’abitato di Casaline.

Appunti sul territorio
Le tre ville della Forcella sono disposte lungo la valle nota come Rio di Forcella, tributaria dell’Aterno, dove sfocia nella piana di Amiterno. Il territorio montano di competenza di Santi, Menzano e Casaline occupa, pertanto, i crinali alla sinistra ed alla destra orografica della valle.
Sulla sinistra orografica, il tenimento ha inizio dai confini con San Marco, altra frazione di Preturo, con le propaggini di cìma rùa (1235 m) e prosegue con il crinale che funge da spartiacque rispetto al bacino chiuso di Foce, a confine con Colli di Barete. Oltre la sella delle cónghe (985 m), il crinale si alza nella montagna di castégliu (1108 m) sopra Casaline, dove sorgeva il castello di Cesura, per abbassarsi di nuovo alla fórca e castégliu (1041 m). Da qui comincia la montagna dei pìzzi (1316 m), divisa fra la Forcella ed il Termine di Cagnano, la quale sovrasta da nord il valico della cróce egli casajì, attraversato dalla provinciale di Cascina, che costituisce la testata della valle della Forcella, separandola dal piano di Cascina.
A sud del valico, sulla destra orografica della valle, c’è l’alto crinale di mónde càola (1898 m), diviso fra la Forcella e Scoppito, che funge da spartiacque verso la valle di Sella di Corno, anch’essa tributaria dell’Aterno. Verso est, il crinale si abbassa alla sella dei purcìni (1462 m), e si alza di nuovo con il collàutu (1478 m). Più oltre, c’è la fórca e sàndi (1136 m), e la montagna di fiataéndu (1264 m), alla quale termina il tenimento della Forcella e comincia quello di San Marco.

La valle è ricca di sorgenti e fontane. Oltre la fónde e fóce, situata nell’omonimo pianoro ma in tenimento della Forcella, non lontano da Santi c’è la sorgente di puzzìgliu, alle pendici dei pìzzi la fónde egliu péschju, nei pressi di Menzano la rìtola, sulle pendici di mónde càola la noàra e la Sorgente Lepuni, sotto il tavolato di fiataéndu la fónde egli’ùrsu.

La montagna di Rua
1. Il tenimento della Forcella occupa la porzione occidentale della grande montagna di Rua, alle cui pendici si trova l’altra frazione di San Marco. Orograficamente, tale montagna è delimitata verso ovest dal solco della Valle Varzano, tributaria della valle forcellana, il cui nome, presente sulla cartografia IGM, non è però stato udito dalla viva voce dei paesani. Come nome della valle, i locali utilizzano in parte il toponimo puzzìgliu, derivato dal tipo pozzo attraverso un diminutivo già vitale nel latino, e soprattutto nell’Italia centromeridionale, -illus. Questo nome, in realtà, dipende dalla sorgente che si trova sulla destra orografica della valle, segnata sulle carte come F.te Pozzillo, con corretta traduzione.
2. Nei pressi della foce della Valle Varzano nel fosso della Forcella, si trova il camposanto comune alle tre ville. Il tratto della valle che sta subito dietro, è detto arréte la còna, essendo la cona la cappella attigua al cimitero. Più a monte, l’impluvio compie una curva a gomito, in corrispondenza della sorgente di Pozzillo. Sulla sinistra orografica, scende sulla valle lo sperone che conclude la spianata di còlle jùine (933 m), seminata e sulla quale si trova anche il Casale Verticchio (per i locali semplicemente vertìcchiu). L’aggettivo giovane che specifica il nome comune colle si riferisce, in questo toponimo, all’epoca, forse piuttosto recente, della sua messa a coltura.

3. La testata della Valle Varzano è costituita dall’insellatura delle cónghe (985 m), in una regione piuttosto accidentata, nella quale si trovano diversi dossi inframezzati da vallecole, da cui il plurale del termine conca nel toponimo in questione. Anche la cartografia IGM riporta il nome Conche, che del resto è comune pure a San Marco e a Colli.

4. Proseguendo lungo la provinciale, verso L’Aquila, oltre il cimitero si incontra sulla sinistra lo sbocco della breve vàlle seréna, lungo la quale passava un sentierino alternativo per la zona di Verticchio. L’aggettivo sereno applicato a questa valle deriva dal latino serenus ‘chiaro’, cioè ‘pulito, spoglio da alberi’, ed è stato ripreso dalla cartografia IGM, come V. Serena.

La montagna del Castello di Cesura
6. Il crinale spartiacque fra la valle di Forcella e i prati di Foce, dopo la cima di Rua si abbassa procedendo verso ovest nella depressione delle Conche, per poi alzarsi di nuovo con l’allungata cima del còlle màrcu (1106 m). Questa è senza nome sulla cartografia IGM, mentre il toponimo C.le Marco è attribuito ad una località più a valle. Si tratta certo di un antroponimo, derivato da un personale locale, ma c’è da notare che i locali di Colli di Barete, dall’altra parte, chiamano questo cocuzzolo le cèse vécchje, in relazione al fatto che si tratta di un disboscamento di data relativamente antica, forse collegato alla presenza del castello.
7. La cima più elevata della piccola cresta è però quella dove sorgono i ruderi del castello di Cesura (1108 m), proprio a dominare l’abitato di Casaline. Il sentimento della vecchia costruzione è rimasto nei paesani, che continuano a chiamare la cima castégliu, denominazione ripresa dall’IGM Castello. Poco più ad ovest, è la fórca e castégliu (1041 m) il valico (a forma di forca) che separa questo monte dalla ben più massiccia mole dei Pizzi.

8. Le pendici meridionali della catena appena illustrata sono percorse da una mulattiera che porta da Casaline al valico delle Conche, e poi a Basanello. Un nome complessivo per questa via, soprattutto nel primo tratto, può essere le costolàte, che i locali usano proprio per designare gli accidentati pendii rivolti a sud. In questo toponimo, il termine costa è specificato con un raro aggettivo lato (latus) ‘largo’, usato solo in toponomastica in composti quali Valle Lata, Costa Lata, ecc. Ne deriva l’IGM Costalata, al singolare.

9. Prima di svalicare alle Conche, la via delle costolàte passa l’angusta vàlle egliu pìru, delimitata da alcuni mandroni alla base di uno sperone (1008 m) che chiude la valle in direzione est. Il fosso, detto anche aglió egliu pìru (ossia ‘vallone del pero’), deriva il nome proprio dal fitonimo pero, come si vede dall’IGM V. del Pero.

La montagna dei Pizzi
10. Al di là della Forca del Castello, la catena fra la valle forcellana ed i prati di Foce continua con la montagna dei pìzzi (1316 m). Si tratta della cima boscata che i locali del Termine chiamano li pìzzoli, aggiungendo un suffisso diminutivo -ulus al termine geomorfico pizzo, che descrive il carattere svettante della montagna. La cartografia IGM ha ripreso la designazione forcellana, poiché riporta il toponimo i Pizzi. Del resto, già nell’Atlante di Rizzi-Zannoni (1808) si trovava un ‘dialettaleggiante’ li Pizzi.
11. Salendo lungo il crinale dalla Forca, si incontra il promontorio che i locali chiamano ju treppiù (1132 m), con una designazione piuttosto oscura (forse ‘tre piloni’, con pila che equivale a ‘vasca di pietra’, ma anche ‘polla’), non riportata dalla cartografia IGM che invece ha un C.le Forcino. Ma il toponimo còlle furcìnu si riferisce piuttosto al versante che, dalla cimetta, si protende verso sudovest, il quale comprende alcuni vecchi coltivi. Il forcino del toponimo sarà allora l’insellatura fra questo crinale secondario e la cima del treppiù, insellatura ritenuta minore rispetto alla forca, che è quella del Castello.

12. Sempre sulla cimata, viene ora l’impennata del còlle elle màcchje (1221 m), che culmina con una panoramica terrazza. Le macchie, ovvero le porzioni di ‘bosco intricato’ presupposte dal toponimo faranno riferimento al versante settentrionale, che guarda i prati di Foce, il quale è boscato, oppure è designazione che indica un pascolo ottenuto per debbio da una ‘macchia’. La cartografia IGM riporta solo le Macchie.

13. Dopo questo colle, la cresta dei Pizzi si abbassa alla depressione di fóssa céca (1189 m), così chiamata anche dall’IGM, Fossa Ceca. In effetti, l’aggettivo che specifica il nome comune fossa (femminile di fosso, nel senso di ‘cavità, avvallamento’) è proprio equivalente all’italiano ‘cieco’, anche nel significato di ‘chiuso, senza uscita’, come nella locuzione vicolo cieco. A titolo di curiosità, si ricorda che il comune di Fossacesia (Ch) era, prima del 1863, Fossaceca.

14. Più a monte, il crinale sale irregolarmente su nudi pendii a ridosso della cima dei Pizzi, che un tempo dovevano essere senz’altro ricoperti da vegetazione. Lo indica il toponimo riportato sulla cartografia IGM, Cesa Pagnotta, non riscontrato presso i locali, che però designano la località col nome le cerréta, con il nome, cioè (latino cerretum ‘bosco di cerri’), dal bosco ceduo nel quale tradizionalmente, mediante tecniche di debbio, si ricavavano colture o pascoli. Nei pressi, si trovano due casali, a testimonianza dell’interesse che i locali nutrivano per questa zona di alta quota. Si tratta della casétta egliu préte (1233 m), con attiguo pozzo e, più lontano, in territorio di Cagnano, della casétta egliu crapàru, ossia ‘del pastore di capre’, anche detta, in maniera più ufficiale, Casale Baiocco (1252 m).

15. La vallata che si estende a sud di questa cresta fin ora seguita, è risalita da una carrareccia che parte da Casaline. Dopo aver lambito le pendici del Colle Forcino, giunge alla fónde egliu péschju (1064 m), servita da una sorgente situata poco a monte. La designazione, coerente con l’IGM F.te del Peschio, richiama la presenza di un peschio, ossia un ‘macigno’ nei pressi della fonte, che é munita di vasca.

16. Oltre la sorgente, si entra nella larga vàlle lopàra, dove la cartografia IGM (che riporta il toponimo V. Lopara) segnala dei ruderi a quota 1073 m. L’adattamento più corretto del nome locale sarebbe Valle Lupaia, visto che l’aggettivo lopàra deriva dallo zoonimo lupo, attraverso un suffisso latino -arius, -a, che ha dato tanto l’italiano -aio, -a quanto il dialettale -àru, -a. Visto il richiamo all’animale, forse i ruderi segnalati dall’IGM sono quelli di un casale, altrimenti di collocazione incerta ma sempre in zona, detto càsa j’ùpi, ovvero ‘casa dei lupi’.

La zona pedemontana della Forcella
17. Gli abitati di Santi, Mezzano e Casaline si trovano disposti attorno alla confluenza di due fossi, donde il nome Forcella all’insieme di queste ville. Il più meridionale dei due si chiama semplicemente ju fùssu (‘il fosso’), mentre l’altro, non essendo caratterizzato da un corso d’acqua continuo, non sembra avere un nome apposito. Invece un terzo impluvio più breve, che confluisce nella vallata risultante dai primi due sotto Santi, è detto, per confronto con il primo ju fussìttu ‘il fossetto’.
18. Il Fosso ha origine dalla sorgente della rìtola, che si trova circa 1 km a monte della confluenza. Il nome della sorgente, sulla cartografia IGM F.te Ridola va interpretato come un diminutivo (suffisso -ulus) di una voce non chiara, ma che in via ipotetica può essere accostanta ad un *ritus ‘rio, ruscello’ che sarebbe anche alla base, ad esempio, del toponimo Rittana (Cn). La valle piú settentrionale delle due che formano la Forcella ha invece origine alla Presa dell’acquedotto di Casaline, che si trova nella località detta pretàra. Questo toponimo è chiaramente un derivato di preta, metatesi dialettale per petra ‘pietra’, con il suffisso -arius, qui dal valore collettivo.

19. Proprio a guardia del punto in cui i due fossi si avvicinano maggiormente, prima di scorrere per un poco qualsi paralleli, si trova il vecchio mulino dell’araffòta (858 m), collegato da una forma al rio detto Fosso. Il nome del mulino è oscuro.

20. Seguendo l’anello stradale che collega i tre paesi, in senso antiorario, da Santi si scende subito in direzione del più settentrionale dei due impluvi (849 m), per poi spostarsi verso i vigneti della località l’àlle, che è un pianetto che guarda, dall’altra parte, la valle che sta dietro al cimitero. In questo caso, il tipo toponimico valle è utilizzato nel senso di ‘coltivo pianeggiante’.

21. Si sale, poi, incontrando sulla destra il bivio (897 m) con una strada campestre che va alla cappella di Santa Maria. Sulla sinistra si passa a monte delle còste, dei pendii sui quali fiorisce il mandorlo che guardano la confluenza dove si trova la presa dell’acquedotto di Santi. Quanto al tipo toponimico costa, esso deriva dal latino, in origine ‘costola, fianco’, poi ‘fianco di monte’, ed indica nella quasi totalità dei casi i pendii più assolati, esposti a sud.

22. Con un paio di tornanti, il secondo segnalato da una croce (928 m), si guadagna una località che, almeno in origine era coltivata a rotazione, come ci informa il nome l’icénne, riportato anche sulla cartografia IGM cone Vicenne. Il termine latino vicenda, infatti, indica proprio un terreno ‘dove si avvicendano le colture’.

23. Giunti in breve a Casaline, si può scendere nel sottostante fosso settentrionale della Forcella, superarlo, per impianare lungo la costa delle ìgne, dove la carrozzabile si è sovrapposta ad una precedente mulattiera che serviva i vigneti di tale località. In corrispondenza di un curvone della strada, si ha di sotto lo sperone che divide i due fossi della Forcella, che gli informatori hanno chiamato còlle ròsoli, forse per influsso della designazione ufficiale C.le Rosoli riportata anche dall’IGM. La versione dialettale non pare, infatti, genuina. In ogni caso, sembra plausibile una derivazione del toponimo da un qualche derivato della voce rosa la ‘rosa canina’.

24. Sulla destra, a monte della strada, si ha a questo punto il ripiano della macchjòla, culminante con la quota 1057 m, nel quale coltivi si alternano a macchie di ceduo e querce. Il nome allora ben si addice ad una località in origine tutta coperta da un intricato bosco, inadatto a fare legna (la macchia, appunto, dal latino macula ‘macchia’), poi parzialmente disboscata per permetterne il dissodamento. La designazione riportata sulla cartografia IGM riproduce correttamente quella locale, la Macchiola.

25. Al di là del gomito (950 m) sulla strada carrozzabile Casaline-Menzano, si passa a monte dell’importante fónde òce, una sorgente che si trova vicino alla Ritola, e nei pressi di un secondo mulino, detto dai locali semplicemente ju mulìnu. Sulle carte IGM tale sorgente è senza nome, mentre si ha un toponimo Fonte Doce che designerebbe un po’ tutta la valle del Fosso. In realtà, l’aggettivo òce dei locali è equivalente all’italiano ‘dolce’, con riferimento alla bontà dell’acqua.

26. Poco oltre, si incontra il bivio con la provinciale per Cascina. Svoltando invece a sinistra, ci si dirige verso Menzano, passando sotto il pendio di sorgetégliu, così chiamato da qualche soprannome, ‘sorcitello’, il quale regge la spianata di carpinìttu (1037 m). E’ questo un nudo colletto che, però, a giudicare dal nome, deve essere stato in passato ricoperto dalla vegetazione, in particolare di ‘carpini’. Il toponimo, infatti, riflette un collettivo di carpino, con il tipico suffisso -etum (-eto) reinterpretato come diminutivo, -etto. Anche la cartografia IGM riporta, correttamente, la versione originaria, Carpineto.

La montagna di Valle Cupa
27. Il crinale compreso fra i due fossi che formano la Forcella non ha un nome particolare, ma riprende quello della vàlle cùpa, un avvallamento (1108 m) che ne interrompe la linea di cresta, alquanto sotto la cima (1221 m) che la cartografia IGM chiama C.le di Vallecupa. Il nome della valle riprende la designazione cupa che può essere sia aggettivo che sostantivo, indicando una forma cava ed incassata, come effettivamente è quella in oggetto.
28. A monte di Casaline, il fosso settentrionale della Forcella si divide dando luogo all’accidentato solco della vàlle murìna, circondata da boschetti e magri coltivi. Segnato come V. Morino sulla cartografia IGM, il nome appartiene, in effetti, alla serie dei toponimi del tipo morro. Tale base è di origine preromana ed è anche diffusa al femminile morra, che nel lessico abruzzese significa ‘mucchio’. Il significato in toponomastica è però quello, affine, di ‘macigno, gruppo di sassi’. Un esempio di derivazione con il suffisso diminutivo -ino lo si trova nel nome del paese di Morino (Aq).

29. Compiendo un percorso arcuato, la Valle Morina circonda il terrazzo di còlle melóne (1073 m) che, dall’altra parte, guarda la sterrata della Valle Lupara. La designazione farà riferimento alla presenza di un grosso melo. Un toponimo analogo si trova alle pendici della Maiella.

30. Più a monte, alla testata della Valle Morina, si trova alla destra orografica la località dell’èna ròssa, prospiciente alla Fonte del Peschio che si trova sull’altro versante. Il toponimo è composto dal termine vena che, come in italiano, può indicare tanto una fascia rocciosa da cui eventualmente stilla l’acqua, quanto un filone di pietra da cavare, nonché dall’aggettivo grosso.

31. L’altro versante della montagna di Valle Cupa, quello meridionale, è lambito in basso dalla strada provinciale che da Menzano conduce a Cascina. A monte della sorgente della Ritola, da cui ha origine il rio della Forcella, la strada passa sotto il boscoso anfiteatro della rìccia che, come nel caso di Riccia (Cb), deriva il nome dalla vegetazione arbustiva che ivi doveva essere piuttosto intricata, dando l’impressione di ‘riccioli’ di capelli.

32. Al di sopra del limite della vegetazione, si estende il nudo crinale detto ju pennénde, il quale culmina con la quota 1187 m, senza nome sulla cartografia IGM, che però riporta il toponimo Pendenti, al plurale. Questo nome rientra nel tipo toponimico pendente, participio presente sostantivato del verbo pendere, che assume il generico significato di ‘pendice’.

33. Proseguendo lungo la provinciale per Cascina, si passa vicino alla cappella della Madonna del Cantiere (1053 m). Tale adattamento ufficiale può dare luogo ad equivoci: il nome della cappella suona localmente come madònna egliu candéru, che sarà un derivato di canto, termine geomorfico che indica un ‘macigno squadrato’, però anche una ‘pietra angolare’.

34. Poco dopo la cappella, la valle seguita dalla strada riceve sulla sinistra orografica un breve impluvio che proviene da un pianetto (1158 m) che costituisce un’appendice, protesa ad occidente, della cima della montagna di Valle Cupa. E’ questa la località dei cangégli, così detta dalla presenza di qualche cancello, recinto per gli animali, con un nome che si confronta con quello di Poggio Cancelli (Aq).

35. Dietro la cima, invece, un sentierino risale il solitario pendio senttentrionale della montagna di Valle Cupa, a partire dalla cava di rena (non di pietrisco) che sta alla fine della Valle Lupara, e raggiunge la località detta ju càmbu, ai margini del ripiano sommitale. Qui il termine campo starà ad indicare semplicemente una località pianeggiante.

La regione di Cascina
36. Percorrendo la strada provinciale da Menzano o Casaline si incontra, dopo la cappella della Madonna del Cantiere, il valico della cróce degli casajì ‘croce dei Casalini’ oltre il quale ha inizio il bacino chiuso di Cascina, una parte del quale è in tenimento di Forcella. In corrispondenza del valico doveva esserci davvero una croce, che però non è segnata sulla cartografia IGM, così come è trascurato il toponimo. Si noti, in questo, che il nome della villa di Casaline compare piuttosto come Casalini, con cambio di genere rispetto alla resa ufficiale.

37. Lungo la strada ci sono le vicénne retroàta, a confine col Termine (ivi dette icénna ritrovàtaVicenna sulla cartografia IGM), e quindi altre località, ricordate un po’ alla rinflusa dai locali che, evidentemente, non frequentano più la porzione di altopiano di loro competenza. Si tratta delle sorgenti della fónde egli cupégli, della fónde elle puzzélla, della fónde elle prunghétta, queste ultime due nelle omonime località pedemontane (IGM Puzzelle e Prungolette), sotto la fascia boschiva. Il primo di questi due toponimi riflette l’appellativo pozza, il secondo il fitonimo prunco. L’appellativo cupégli fa riferimento ad un manufatto di legno molto usato, il cupello, che serviva per trasportare l’acqua.

38. All’interno del bosco, vi è la località detta ji muzzù, ovvero i ‘mozzoni’, il mozzo essendo un tronco mutilo, tagliato. A confine col Termine, si estendono i pendii delle cési, con le appendici degli spìni de tomàssu e dell’itùgliu. I primi due toponimi sono comuni ai locali del Termine, e descritti nel relativo capitolo, mentre l’ultimo formalmente vale vitullo, che è anche cognome, forse da un personale Vitulius senza suffissazione. Ma l’adattamento presente sulle carte IGM, Vitagli, è fuorviante.

La montagna di Colle Alto
45. Dalle case di Villa Cicchetti, è possibile salire in direzione sud, lungo le boscose pendici della montagna che in loco è detta collàutu (1478 m), la quale costituisce un’appendice della cresta di Monte Cavola. In effetti, i locali distinguono la cima vera e propria, collàutu àutu ‘alto’, da un collàutu bàssu ‘basso’, che è lo sperone che domina il tratto di strada fra Menzano e Villa Cicchetti, culminante con un cocuzzolo (1101 m). Entrambe queste denominazioni vanno riferite ad un composto ‘colle alto’. Sulla cartografia IGM è riportata solo la seconda designazione, C.le Alto, mentre la cima della montagna assume la denominazione C.le dei Montanari, certo da un appellativo mondonàru ‘montonaro, pastore di montoni’, ma di incerta origine, visto che a Scoppito, dall’altro versante, la montagna è detta mónde biàngu.

46. Uscendo dalla frazione di Villa Cicchetti, si sale con debole pendenza, lasciandosi a destra i vecchi vigneti della località ji martìni, così detta da un qualche soprannome o cognome locale. Risalendo una stretta valle, si perviene al ripiano che sta subito sotto la cima di collàutu bàssu. Si devia ora nettamente verso est e si passa sopra i boscati pendii delle fósse, rigati da numerosi impluvi che danno il nome alla località. Questa è, in verità, indicata col nome Coppacchiole sulla cartografia IGM, mentre il toponimo le Fosse si riferisce all’imbuto terminale, appena sopra Villa Cicchetti. Però, per i locali, le coppacchjòle sono i dossi a monte della Fonte dell’Orso, quindi sulla cimata di Fiatavento, mentre un toponimo le fósse non può che riferirsi, visto il plurale, ad una serie di impluvi, quindi proprio alla località in esame.

47. La meta della vecchia mulattiera è, in discesa, il valico che chiude ad est la montagna di Colle Alto, separandola da Fiatavento. Si tratta della fórca e sàndi (1136 m), chiamata così alla Forcella perché proprio in direzione della villa di Santi, mentre a Scoppito è fórchetta e sandoronàrdu, e sulla cartografia IGM semplicemente Forca.

La montagna di Fiatavento
48. L’ultima montagna prima del tenimento di San Marco è quella che a Scoppito è detta fiataéndu (1264 m). Il nome in uso alla Forcella è invece le coppacchjòle, almeno ad indicare i dossi ad ovest della cima vera e propria, a monte della Fonte dell’Orso che costituisce un importante punto di riferimento. Il toponimo Coppacchiole è però riportato sulle carte IGM da tutt’altra parte, nel bosco delle Fosse che sta sopra Villa Cicchetti. In ogni caso, il nome si configura come un derivato di coppo, termine che qui assume il significato di ‘dosso tondeggiante’ ma altrove anche quello speculare di ‘cavità’, poiché i due elementi morfologici sono spesso associati negli accidentati altopiani carsici. Il doppio suffisso -acchiolo è curiosamente accrescitivo-diminutivo.

49. Il sentiero CAI n° 7E, che parte da Santi in prossimità della chiesa di San Donato (820 m) come mulattiera, poi pista nel bosco, giunge a 1027 m alla Fonte dell’Orso, un’importante sorgente utilizzata anche dai locali di San Marco. La fonte si trova appena a sud del ripiano detto lo piàno della càja (1044 m), sul quale è segnalato dalla cartografia IGM effettivamente un mandrone, da cui potrebbe derivare l’appellativo caia, che deriva dal latino cavea, qui nel senso di ‘recinto’.

50. Questo pianoro è retto dai pendii chiamati ji rèpani, di fronte a Santi, con un toponimo assai oscuro, riportato anche dall’IGM come Rèpani. Più ad est, è invece la località del faìtu, in cui un tempo doveva dominare il faggio (latino fagus, da cui il collettivo fagetum, del quale il toponimo è un riflesso), ma che ora sembra piuttosto degradata dal punto di vista delle specie boschive, vista anche la quota relativamente bassa. Il toponimo è stato adattato in maniera ‘settentrionaleggiante’ come Faido sulla cartografia IGM.

#Testo di Antonio Sciarretta

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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