«L a felicità?» disse il bell’uccello e rise con il suo becco dorato, «la felicità, amico, è ovunque, sui monti e nelle valli, nei fiori e nei cristalli» (Herman Hesse – Favola d’amore).
Ho trovato monti, valli, fiori, cristalli e felicità tutto assieme, nella Val Serviera, sulla Majella sud-orientale. Una valle selvaggia e ricca, dove tutti vivono felici e contenti, come nelle fiabe: alberi, fiori, acqua, i camosci e noi escursionisti fortunati. Si percorre il sentiero G6 da Capo le Macchie (Fara San Martino) e si sale il versante sud di Colle Bandiera. Arrivati in cima (1 ora circa) il panorama è maestoso sulla Valle del Fossato e sulle pareti di roccia che precipitano dalla Cima della Stretta. Si scorgono numerosi esemplari di Pino nero e intorno decine di grotte scavate nella roccia. Il colpo d’occhio sul grandioso anfiteatro roccioso delimitato dalla catena del Martellese e la Cima Macirenelle lascia senza fiato. Si procede verso nord ovest in salita dentro un vallone che si risale finché il sentiero non entra nella faggeta e si raggiungono i 1600 metri. Si sale e si scende dolcemente accarezzati dai tronchi dei faggi e, quasi all’improvviso, si esce dal bosco proprio di fronte alla maestosa Cima della Stretta e in basso, vertiginoso, il profondo abisso della Val Serviera (1.480 m, 2,15 circa).
Un precipizio verde lussureggiante, stretto e pieno che ti pervade del desiderio di scendere per immergersi nello splendore di cui si sente il profumo e si ode il suono, quello dell’acqua, del vento, delle fronde, degli echi, degli animali: un paradiso terrestre. Si prosegue rapiti da tanta bellezza, costeggiandola per più di un chilometro, con decine di grotte pastorali, alcune nere di fumo, che raccontano delle nottate dei pastori e della vita lassù. Il paesaggio è di alta montagna, i pini mughi ci spolverano del loro polline e nella stagione giusta i camosci si lasciano guardare. Il colore verde sfoggia tutte le sue tonalità e dal prato ai pini, dai faggi all’erba alta è quasi accecante. Si oltrepassa Fonte Viola (una minuscola sorgente) e dopo circa mezz’ora appare, anch’essa all’improvviso, la Grotta dei Callarelli, a quota 1.560 m (3 ore circa dalla partenza). Se non fosse naturale si potrebbe pensare che qualcuno l’abbia costruita lì di proposito: è posta in una stupenda e strategica posizione quasi all’inizio della Val Serviera, nel punto di confluenza di Valle dell’Acquaviva e Val Forcone. In quel preciso punto la Majella te la senti tutta addosso: l’odore inconfondibile, il suono caratteristico, la freschezza mista al caldo torrido, il maggiociondolo sul greto del torrente, il fumo delle grotte, i sassi dell’Acquaviva, i pollini che sfiorano il viso e la profondità della Val Serviera. Dovrebbe terminare qui l’escursione, ma è ora di scendere. Si attraversa il torrente, si risale e poi un lungo cammino tra faggi porta a picco sulla valle di Santo Spirito, fino a Bocca dei Valloni (1057m) 4,30 ore dalla partenza. Da qui si giunge a Fara San Martino ( 6 ore totali): si torna a casa a sognare la Majella.
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