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Sulle tracce di Ignazio Silone

Inaugurato il Sentiero Silone, realizzato dalla sottosezione CAI di Pescina, che tocca i luoghi della vita e delle opere del grande scrittore abruzzese

Nella storia del Novecento, molte vite sembrano dei romanzi di avventura. E quella di Ignazio Silone fa parte dell’elenco. Nato nel 1900 a Pescina, nella Marsica, in vista del Fucino bonificato e della vetta spesso innevata del Velino, lo scrittore abruzzese si è spento nel 1978 in Svizzera, Paese che lo aveva ospitato per sedici anni da esule. Nei libri di Silone (tra i più noti Fontamara , Il segreto di Luca , Vino e Pane, Uscita di sicurezza e L’avventura di un povero cristiano), tradotti in decine di lingue, i paesaggi, i personaggi e le atmosfere della sua terra natale sono onnipresenti. «Tutto quello che m’è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all’estero, si riferisce unicamente a quella parte della contra da che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui» scrive Silone nell’introduzione a Fontamara. «Come la Firenze di Dante, come i luoghi manzoniani, come la Recanati di Leopardi, anche la Marsica di Silone, dove l’autore ambienta tutti i romanzi e i drammi, tranne uno, è luogo che si spoglia della sua specificità localistica e geografica» spiega Liliana Biondi, professoressa dell’Università dell’Aquila, autrice di interventi e di saggi dedicati allo scrittore.

 

Pescina

Pescina, oggi tranquilla cittadina commercia le e agricola, ha alle spalle un passato glorioso. Venticinque secoli fa i Marsi, uno dei popoli italici dell’Appennino, edificarono sull’altura che sorveglia il centro odierno una poderosa acropoli. Nel 1606 la chiesa di Santa Maria delle Grazie prese il titolo di Cattedrale dei Marsi. Quattro anni prima, nel 1602, naque a Pescina Giulio Mazzarino, rampollo di una nobile famiglia siciliana. Diventerà cardinale, e avrà un ruolo importante nella storia della Francia del Seicento. Bibliofilo e amante della cultura (a Parigi lo ricorda la Bibliothèque Mazarin, da lui fondata) sarà primo ministro di Luigi XVI, il Re Sole. Il personaggio nato a Pescina nel 1900 ha una sto ria diversa. Si chiama Secondino Tranquilli, viene da una famiglia poco più che povera. Ha un’infanzia tranquilla, che lascia il posto a un’adolescenza dura. Nel 1911 muore il padre Paolo, quattro anni dopo il terremoto della Marsica uccide la madre Marianna e distrugge la casa di famiglia. Nel sisma perde la vita il 70% della popolazione di Pescina. «S’è fatta d’improvviso una fitta nebbia. I soffitti si aprivano lasciando cadere il gesso. Quando la nebbia di gesso si è dissipata c’era davanti a noi un mondo nuovo. Palazzi che non esistevano più, strade scomparse, la città appiattita… E figure si mili a spettri tra le rovine» scriverà Silone ricordando quei momenti. Negli anni che seguono il sisma, Secondino Tranquilli diventa un militante di sinistra, prima nel Partito Socialista e poi nel Partito Comunista d’Italia. Viene schedato e arrestato, vive un grande amore con Gabriella Seidenfeld, ebrea fiumana di origine ungherese. Torna a Pescina, dove vive con «una decina tra studenti, vagabondi, operai» in una casa che la gente del posto chiama «casa dei diavoli, perché n’esce sempre un gran fracasso, più di notte che di giorno», che viene spesso visitata dai Carabinieri. Poi, per sfuggire all’arresto, si trasferisce in Svizzera, dove resta per sedici anni. Assiste da lontano al dramma del fratello Romolo, arrestato nel 1928 con l’accusa di aver organizzato un attentato a Milano contro re Vittorio Emanuele II, e condannato a dodici anni di carcere duro a Procida, dove muore nel 1932. Da militante, il giovane Silone conosce Lenin e Trotsky. Li ammira per il fervore rivoluzionario, ma è sorpreso in negativo dalla loro «assoluta in capacità di discutere lealmente le opinioni contra rie alle proprie». Più tardi i contrasti con Stalin, e poi con il PCI di Togliatti lo portano all’espulsione dal partito, e lo convincono a dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. In Svizzera Silone cura i suoi polmoni malati, frequenta personaggi della cultura europea (molti in esilio perché antifascisti o antinazisti) come Thomas Mann, Joseph Roth, Bertolt Brecht, Robert Musil, Carl Gustav Jung, Stefan Zweig, André Gide, i fratelli Rosselli e Gaetano Salvemini.

 

Ignazio Silone 1946 – Foto dall’Archivio Sacchini

Alla fine del 1941 conosce a Zurigo una giovane giornalista irlandese, Darina Laracy, che lavora per la New York Herald Tribune. Quattro anni dopo i due si sposano a Roma. Darina resterà con lui fino alla sua morte, e darà un contributo fondamentale alla nascita del Centro Studi e del Museo che ricordano lo scrittore a Pescina. Nel 1930, quando pubblica il suo primo romanzo, Fontamara, Secondino Tranquilli sceglie uno pseudonimo che è tutto un programma. “Ignazio” evoca Sant’Ignazio di Loyola, il religioso spagnolo fondatore della Compagnia di Gesù. “Silone” rimanda a Quinto Poppedio Silone, il condottiero dei Marsi nell’ultima guerra contro le legioni dell’Urbe. Firmarsi Ignazio Silone, per lo scrittore abruzzese, significa rendere omaggio a un uomo che quattro secoli prima ha combattuto per la fede cristiana. E a un altro che, in epoche più remote, ha impugnato la spada per difendere la libertà della sua terra, la Marsica.

«È perché amo il mio paese che mi sento europeo. Guardate Silone, che parla a tutta Europa.»

Fontamara esce nel 1930 (ma non in Italia, a causa della censura fascista). È un romanzo dedicato alla storia dei “cafoni”, i contadini poveri del Fucino, che vengono sfruttati dal principe Torlonia, presi in giro dai potenti della Marsica, e infine bastonati e gettati in prigione dal regime di Mussolini. Fontamara, cioè Pescina «è una contrada, come il resto d’Abruzzo, povera di storia civile, e di formazione quasi interamente cristiana e medievale» spiega Silone. «Se Fontamara ha un merito è quello di aver rivelato questa universalità del cafone. La sofferenza del contadino povero è la stessa in tutti i paesi». L’altro libro che lega Ignazio Silone all’Abruzzo è L’avventura di un povero cristiano (1968), il racconto in forma teatrale della storia di Fra’ Pietro Angeleri, l’eremita della Majella e del Morrone che nel 1294 viene eletto Papa, e sceglie di chiamarsi Celestino V. Il religioso resiste poco nella fastosa corte papale di Napoli, fa il “gran rifiuto” che viene vituperato da Dante nell’Inferno, viene rinchiuso dal suo successore Bonifacio VIII nella fortezza ciociara di Fumone, dove muore nel 1296. Meno di vent’anni dopo, la chiesa lo santifica con il nome di san Pietro Celestino. Nel dopoguerra Ignazio Silone si dedica a tempo pieno alla scrittura, vive a Roma, diventa un autore famoso e onorato. Si riavvicina brevemente alla politica, si candida nel 1953 alla Camera nelle liste del PSDI ma non viene eletto. Si definisce “un socialista senza partito”, e poi un “cristiano senza Chiesa”, legato alla purezza del messaggio evangelico ma insofferente davanti alle gerarchie ecclesiastiche. È lui, in quegli anni, a coniare la parola “partitocrazia” molto in uso sulla stampa e nei commenti di oggi. Prima della sua morte, che avviene nel 1978 in Svizzera, viene scoperto dalla critica e non solo. «L’importanza di Silone nella nostra letteratura contemporanea è notevole, più grande certamente di quanto la critica sinora non abbia sospettato» scrive il critico Geno Pampaloni. «È perché amo il mio paese che mi sento europeo. Guardate Silone, che parla a tutta Europa. Se io mi sento legato a lui è perché egli è nello stesso tempo incredibilmente radicato nella sua tradizione» scrive nel 1957 il francese Albert Camus, che ha appena ottenuto il Premio Nobel per la letteratura. Sandro Pertini, antifascista inviato al confino, dirigente della Resistenza e del Partito Socialista Italiano, Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, scrive che «Silone era un uomo dal cuore puro, un intellettuale onesto». Da una sponda politica diversa, lo scrittore abruzzese ammira Indro Montanelli, l’inviato del Corriere della Sera che poi fonda e dirige Il Giornale, e che firma libri di storia che vendono centinaia di migliaia di copie. Le ceneri di Ignazio Silone, morto in Svizzera nel 1978, riposano a Pescina, ai piedi del vecchio campanile della chiesa di San Berardo, «con una croce di ferro appoggiata al muro e la vista del Fucino, in lontananza», come lo scrittore aveva chiesto in un’intervista. Dopo la sua morte, nella cittadina marsicana nascono il Centro Studi Silone e il Museo Silone.

 

Pescina – Centro Studi Silone

Poco lontano, la Casa Museo Mazzarino ricorda l’altro figlio illustre del luogo. Domina il centro la Torre Piccolomini, sorta nel Medioevo al posto di un torrione preromano. A emozionare davvero, però, è l’atmosfera solenne e silenziosa del centro, dove gran parte degli edifici non è stata recuperata dopo il terremoto del 1915. Alla base dell’abitato, le limpide acque del Giovenco offrono una parentesi di frescura anche ad agosto. Negli ultimi decenni Pescina, per gli escursionisti, è stata un luogo al tempo stesso frequentato e sconosciuto.

Il sentiero Silone

Chi arriva da Pescara o da Roma lascia qui la A25 per dirigersi verso Pescasseroli e gli altri centri dell’alta Valle del Sangro, cuore del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. Finora però quasi nessuno si è fermato per esplorare i luoghi legati allo scrittore. L’idea di un Sentiero Silone, lanciata quasi per scherzo da chi scrive nell’estate del 2014 in una conferenza a Pescina, è stata presa sul serio da Roberto Ranalli e dagli altri 48 soci della attivissima sottosezione CAI locale. Dopo un inverno dedicato a individuare il tracciato sul terreno, il percorso è stato segnato in primavera, e inaugurato da 300 escursionisti lo scorso 22 agosto, l’anniversario della morte dello scrittore. Nell’occasione è stato presentato il libro (Il Sentiero Silone di Stefano Ardito, Ricerche & Redazioni editore) che contiene la descrizione del percorso. È un percorso facile (T/E nella classificazione del CAI), che richiede circa tre ore di cammino toccando ambienti e monumenti di grande suggestione. E che permette di rileggere, grazie a dei brani tratti dai suoi libri, le parole di Ignazio Silone nei luoghi che hanno ispirato lo scrittore. Si inizia esplorando il centro storico, dove meritano una sosta il Duomo, il Centro Studi e il Museo. Si traversa su un ponte in pietra il Giovenco, si sale alla Croce dei Passionisti, che offre un bel colpo d’occhio sul paese. Una discesa riporta alle acque limpide del fiume, che si costeggia toccando un mulino e una centrale elettrica in abbandono. Una faticosa salita porta a un crinale dove ci si affaccia sulla “Contrada dei Serpari” di Silone e su un panorama che abbraccia il Fucino, il Sirente e il Velino. Sul crinale si raggiungono le mura della Rocca Vecchia, si traversa una pineta, si scende al Monumento all’Alpino che offre uno straordinario colpo d’occhio sulla Torre Piccolomini e sul centro. La discesa finale, spettacolare e comoda, porta ai resti della chiesa di San Berardo, e poi alla tomba di Ignazio Silone, tra i ruderi della città morta. In tutto si cammina per tre ore, con un dislivello complessivo di circa 350 metri. Il Sentiero può essere percorso tutto l’anno, la quota tra i 730 e i 990 metri lo rende piacevole anche in estate, evitando le ore più calde. D’inverno la neve si conserva solo brevemente sul terreno. I periodi migliori per la camminata sono la primavera e l’autunno. Non mancano, a Pescina e dintorni, trattorie e ristoranti dove rifocillarsi adeguatamente dopo la fatica.

 

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Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

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