Sulla omonima piazza campeggia imponente la chiesa di S. Silvestro elevata su una breve scalinata, in modo da assumere il ruolo di protagonista all’interno di uno spazio che vede altre importanti costruzioni, come il palazzo Branconio e quello dei Rustici. Edificata tra il XIII ed il XIV secolo, per volontà degli abitanti del castello di Collebrincioni, uno dei castelli raggruppati da Federico II, la chiesa ha subìto nei secoli successivi diversi rimaneggiamenti e restauri soprattutto a seguito di eventi disastrosi come i terremoti che più volte ne hanno causato la distruzione, a partire da quello del 1461. L’ultimo intervento di restauro, avvenuto tra il 1967 e il 1969, ha ripristinato l’antica struttura medievale, spogliando la costruzione delle aggiunte di matrice barocca. Esistono documenti, riportati dal Signorini nell’opera ‘La diocesi di Aquila’ del 1868, che attestano l’esistenza della chiesa intorno al 1350. In relazione ad essi per lungo tempo si è sostenuta l’ipotesi che la chiesa fosse stata edificata dopo il terremoto del 1349, tesi sostenuta da alcuni rilievi di carattere stilistico come nel caso del portale o delle colonne a sezione circolare o degli affreschi dell’abside di stile tardo trecentesco. I recenti restauri, riportando alla luce l’impianto medievale, hanno messo in crisi questa tesi anticipando di un secolo la fondazione dell’edificio. Del resto se la facciata è stata costruita intorno a quella data (1350), la chiesa deve essere precedente. E’ stato il Moretti, architetto e soprintendente al restauro degli anni Sessanta, proprio in seguito a questi lavori, ad avanzare una nuova ipotesi sulle origini e sull’appartenenza artistica della chiesa di S. Silvestro. Secondo lo studioso alla metà del Trecento risale la facciata con il portale e la mostra del rosone, alla fine del Trecento o primi del Quattrocento è ascrivibile la raggiera e al Cinquecento inoltrato il perno della ruota. La struttura interna, in particolare le arcate ogivali che dividono le tre navate, i piloni a fascio, le proporzioni e i materiali utilizzati, vengono dal Moretti riferiti alla seconda metà del Duecento o ai primi del Trecento sulla base di analogie con le chiese di Collemaggio, Santa Giusta o San Pietro di Coppito. Tale tesi è stata molto contestata sulla base di alcune considerazioni di carattere storico ed artistico; la grandezza dell’organismo sembra esagerata sia rispetto al periodo, che è quello della seconda edificazione della città, che richiedeva altre priorità, sia rispetto alle altre chiese, i capitelli della colonne hanno una ancor vaga forma gotica, la sezione circolare dei pilastri è in contrasto con quella tipica duecentesca, ottogonale.
La tesi oggi prevalente è quella che sostiene l’origine trecentesca dell’attuale organismo; quello duecentesco sarebbe andato distrutto nel 1315 e ricostruito completamente subito dopo, inglobando alcune strutture precedenti come il portale minore e la torre. La facciata e la zona presbiteriale sono invece posteriori al terremoto del 1349. Gli arricchimenti estetici dell’interno, fatti di affreschi, stucchi, edicole e cappelle, tra cui quella del Branconio aperta in fondo alla navata di sinistra, sono successivi al terremoto del 1461. Una ristrutturazione completa dell’interno avvenne nella seconda metà del Settecento secondo la moda barocca e sull’esempio di Santa Maria di Collemaggio, con notevole ritardo
rispetto agli altri edifici religiosi della città. La chiesa assunse un impianto basilicale, una volta a botte rivestì la copertura lignea, decorazioni a stucco raffiguranti angeli in movimento ricoprirono la parte superiore delle pareti laterali creando un contrasto con la semplicità delle zone inferiori, sulla facciata interna venne realizzato un palco d’organo poggiante su tre arcate. Di questo apparato oggi non resta nulla, essendo stato smantellato completamente dall’ultimo restauro, che ha restituito la chiesa al suo originario carattere medievale ed ha riportato alla luce affreschi di notevole importanza artistica. La chiesa presenta, prima tra le chiese aquilane, un impianto di tipo basilicale a tre navate terminanti in altrettante absidi poligonali; la tripartizione dello spazio interno è determinata da due file di sette archi ogivali poggiati su pilastri di forma cilindrica; manca il transetto. Alcuni particolari strutturali fanno ipotizzare una realizzazione diversa rispetto al progetto originario; la presenza di alcuni pilastri di sostegno rimasti inoperosi lascia intuire la volontà di realizzare un transetto e delle volte a copertura dell’intero spazio delle navate, mai realizzati per ragioni finanziarie o tecniche. La copertura a capriate lignee delle navate contrasta con la copertura a volte degli ambienti absidali, che risultano di altezza minore. Ne deriva un organismo unitario e compatto che in tempi antichi era completamente ricoperto da affreschi, di cui oggi si conservano ampie zone nell’area presbiteriale (vd. Sezione Pittura medievale, prov. L’Aquila). A dare luce all’interno sono le aperture absidali, il grande rosone della facciata e due bifore ogivali sul lato destro e finestre ogivali su quello sinistro. Le fonti d’illuminazione sono insufficienti per il grande spazio così da risultarne un ambiente piuttosto scuro e in penombra. L’interno si presenta ricco di opere pittoriche che vanno dal Trecento al Cinquecento, sparse in tutta la chiesa. Grazie ai lavori di restauro e di recupero sono stati riscoperti affreschi trecenteschi e quattrocenteschi di grande importanza nella storia della pittura abruzzese, tra cui quelli sull’abside di scuola toscana.
Va ricordata inoltre un’importante tela un tempo posta sull’altare della cinquecentesca cappella Branconio; si tratta della Visitazione realizzata da Raffaello nel 1520. Attualmente la tela si trova al Museo del Prado di Madrid dove è stata collocata dopo varie vicende a partire dal suo trafugamento ad opera degli Spagnoli nel 1655. Al suo posto oggi rimane una anonima e mediocre copia. Sul lato destro dell’ingresso è l’affresco di Francesco da Montereale, allievo del Perugino, realizzato nei primi del Cinquecento, raffigurante la Madonna in trono col Bambino. La facciata in pietra bianca, innalzata sulla scalinata, si staglia su un fondo verde-azzurro. Una parete squadrata delimitata da due lesene angolari risulta divisa orizzontalmente in due ordini da una sottile cornice e definita in alto da un coronamento ad arcatelle sestiacute. Al centro del prospetto spiccano il portale ed il rosone. Il portale romanico a pietre bianche e rosse si presenta maestoso e dilatato in larghezza per
corrispondere alle dimensioni della facciata. Lo schema, la struttura e molti particolari lo avvicinano ai portali di Santa Giusta e San Marco dai quali differisce per le dimensioni. Per ottenere quest’effetto di grandiosità è stata creata una distanza tra le colonne costituenti lo strombo da un lato e le colonne frontali e l’archivolto dall’altro, dando origine ad una fascia incassata concentrica tra questi due piani. Concorre a quest’effetto anche l’utilizzo del colore: il rosa per la fascia e per le colonne cantonali ed il bianco per il resto della struttura. Il cromatismo del portale accentua lo stacco rispetto al prospetto, sul quale un filare di conci rosa posto nella parte alta a lato del rosone serve da richiamo cromatico. Quest’utilizzo del colore rappresenta una novità nell’architettura medievale aquilana. La lunetta, mai affrescata, ospita un bassorilievo incassato in un trilobo, raffigurante l’Agnus Dei circondato da una vite. Il rosone rispetta e ricalca le dimensioni del portale tanto da risultare uno dei più grandi in Abruzzo. Esso fu realizzato subito dopo il portale e risente tanto del gusto gotico quanto di quello romanico; gotica è la decorazione della mostra, romanica è la raggiera che si costituisce di arcatelle a tutto sesto con lobature interne. Esce dal contesto il perno che sembra essere un rifacimento cinquecentesco. L’esempio più vicino al rosone di San Silvestro è quello della chiesa di Santa Maria della Tomba a Sulmona o quello destro di Collemaggio, dei quali esso è coevo. Sul lato destro della facciata spicca la torre campanaria, aggiunta nell’Ottocento; di essa vanno messe in rilievo due belle bifore trilobate con colonnine tortili che si trovano sovrapposte sul lato orientale. Su questo lato è anche un piccolo portale romanico molto simile, per stile e metodo, ai portali delle piccole chiese trecentesche. Il Gavini (Gavini 1927, edizione 1980) sottolinea la somiglianza con il portale della chiesa di San Pietro di Sassa. La parte posteriore è costituita dalle tre absidi in pietra concia su base poligonale che si presentano come naturale prolungamento delle navate a cui danno una conclusione tondeggiante. Presentano una configurazione simile a quella di San Pietro di Coppito e di Santa Giusta.
(Regione Abruzzo – Soprintendenza PSAE dell’Abruzzo )
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