Cenni storici
Nell’873 Tocco era menzionato nel Chronicon Casauriense e nel 967 citato come “castrum”. Il nucleo originario si sviluppò soprattutto nel Duecento intorno al castello ducale e alla chiesa di S. Eustachio martire. Sotto la dominazione normanna divenne parte della contea di Manoppello, di cui era signore Boemondo di Tarsia. Durante le contese dinastiche tra Ladislao di Durazzo e Luigi II d’Angiò ottenne il privilegio di battere moneta. All’epoca della dominazione angioina erano signori di Tocco i De Plesciaco, venuti dalla Provenza; seguirono, poi, i De Tortis, i Caracciolo, i d’Afflitto e i Pinelli, fino all’inizio del XIX secolo. L’esistenza dell’Universitas di Tocco è attestata nelle fonti archivistiche comunali sin dal secolo XVI, epoca della redazione dello statuto municipale. L’originale dello statuto, del quale si conserva una copia presso la Biblioteca del Senato, è andato con ogni probabilità perduto tra la fine del secolo scorso e gli inizi del nostro secolo. Nel 1811 il comune veniva aggregato al circondario di S. Valentino nel distretto di Chieti della provincia dell’Abruzzo citeriore (decreto n. 922 del 4 maggio 1811 “Decreto per la nuova circoscrizione delle 14 provincie del Regno di Napoli”). Con l’Unità d’Italia, al nome Tocco fu aggiunto l’appellativo “Casauria” per onorare le tradizioni storiche del vicino tempio di Casauria. Il Comune già appartenente alla provincia di Chieti, venne aggregato alla provincia di Pescara, di nuova costituzione, con r.d. 2 gennaio 1927, n. 1. Il paese, gravemente colpito dai terremoti del 1456 e del 1706, è stato ricostruito sempre più a valle.
Santo Patrono
La storia di Sant’Eustachio, Santo Patrono di diversi comuni tra cui Tocco da Casauria, non ha nulla di certo, anzi, secondo alcuni questo santo non è mai esistito, ma cercheremo di riportare alcune notizie, fra le più ricorrenti ed accreditate.
Innanzitutto era un nobile patrizio romano, di animo buono e molto caritatevole, il suo nome era Placido e nacque circa verso l’anno 80.
Era un valente militare e sotto l’imperatore Traiano ricopri l’incarico di “magister militum“, l’odierno grado di generale, distinguendosi alla guida di una legione in Asia minore.
Un giorno, mentre era intento in una battuta di caccia nei boschi vicino a Tivoli, vide all’improvviso un magnifico cervo.
Cercò di inseguirlo per catturalo, ma ciò non fu cosa facile, perchè l’animale con agilità si arrampicò su di una ripida ed alta rupe e riapparve con una luminosissima croce fra le corna, ed una voce gli chiese << Perché mi perseguiti? Io sono Gesù,che tu senza conoscere, onori>>. Davanti a questa immagine, il suo bel cavallo s’imbizzarrì e Placido si ritrovò per terra, ma continuando ad ascoltare quella voce misteriosa, fino a quando non pronunziò “Credo!”.
Stupito da questa apparizione, il cacciatore pagano tornò a casa dalla sua famiglia e raccontò l’episodio. Si conventì e, segretamente, si recò dal vescovo cristiano per farsi battezzare insieme ai suoi famigliari. Da quel momento il suo nome fu Eustachio.
Per i cristiani, quelli non erano tempi facili ed Eustachio fu perseguitato e perse tutti i suoi beni, perciò fuggì in Egitto con la moglie Teopista (che significa fedele a Dio), ed i due figli Teopisto e Agapito (che vuol dire diletto del Signore). Le sventure continuarono anche lì, perchè gli furono rapiti la moglie ed i figli, che per anni Eustachio cercò invano nel deserto. Intanto, l’imperatore Traiano era impegnato a fronteggiare nuovamente i popoli dell’Asia minore che si ribellavano a Roma e pensò di rintracciarlo per dargli il comando delle milizie romane in quelle terre. Così fu, ed Eustachio affrontò con successo la situazione, vinse anche quest’altra dura impresa militare ed entrò trionfante a Roma, dove ritrovò finalmente la sua famiglia.
A causa delle accuse dirette ad Eustachio per la sua fede cristiana, l’imperatore Adriano, succeduto a Traiano, gli ordinò di onorare le divinità dei romani. Al suo netto rifiuto, (era l’anno 140) fu condannato, insieme alla moglie ed ai figli, a morire nell’arena tra i leoni, ma questi feroci animali, sebbene aizzati a dovere, non li toccarono nemmeno. I romani, infastiditi da questa mancata strage di cristiani, li sottoposero ad una morte atroce: furono rinchiusi in un contenitore di bronzo (o rame) a forma di toro, sotto il quale fu dato fuoco per ben tre giorni. Il quarto giorno, davanti all’imperatore, i corpi dei martiri furono mostrati ai presenti, ed erano immobili, così come erano stati deposti, a significare la calma e la pazienza dei martiri cristiani, sorretti dalla forza della fede, anche nei terribili momenti dei supplizi.
Nell’anno 325, l’imperatore Costantino innalzò un oratorio sulla sua casa, proprio dove furono martirizzati e sepolti. Oggi, le loro spoglie sono conservate a Roma, sotto l’altare maggiore della Basilica di Sant’Eustachio in Campo Marzio, eretta nello stesso luogo dell’oratorio, e sono custodite in un sarcofago di porfido.
L’abbazia di San Clemente
Nel parco Nazionale della Maiella, collocata tra collina e montagna si trova Tocco da Casauria, un piccolo borgo tra i più pittoreschi della provincia pescarese, noto per la splendida Abbazia benedettina di San Clemente. Si tratta di un complesso monumentale abruzzese che costituisce una delle più importanti testimonianze della storia, dell’architettura e dell’arte della regione. Costruita dall’Imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, in onore della Santissima Trinità, l’Abbazia fu in seguito intitolata a San Clemente, quando nel 872, vi traslarono i suoi resti. In passato sorse su una fertilissima terra bagnata dal fiume Pescara che, ramificandosi, la circondava formando quasi un’isola. Per questo motivo era ricordata come “Insula Piscarie Paradisi Floridus Ortus” o più semplicemente come isola piscariense.
Sul luogo dove nacque l’Abbazia, anticamente doveva sorgere un tempio con ponderarium, ossia una sorta di dogana, (forse chiamata Casa Aurea – da qui Casauria) come testimoniato da un’iscrizione del II sec.d.C. riutilizzata come soglia del portale maggiore. L’Abbazia nacque, precisamente nel territorio di Interpromium, sui cui sorgeva l’antico tempio, e sui resti di un’antica struttura, una storia raccontata e descritta nel Chronicon Casauriense, un codice membranaceo, ora conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi che fu composto, sulla base di moltissimi documenti, dal monaco Berardo e scritto di mano di un maestro Rustico, viventi entrambi alla fine del XII secolo. Ma una fonte altrettanto precisa anche se assolutamente più sintetica è rappresentata dai rilievi presenti sull’architrave e sulla lunetta del portale maggiore dell’Abbazia. Splendida nelle forme e nelle architetture, San Clemente deve la costruzione del meraviglioso portico a Leonate, a cui , seguì l’abate Gioele al quale, probabilmente, si devono i lavori e il completamento dell’Abbazia. A lui inoltre si devono le porte bronzee della basilica sulle quali si riportano i nomi di tutti i principali possessi del monastero. La facciata è preceduta da un portico con colonne a capitelli, sotto la quale si aprono tre portali di cui il centrale è il maggiore per dimensioni. La lunetta e l’architrave di quest’ultima sono scolpite con immagini della vita di San Clemente, mentre la porta in bronzo è costituita da 72 formelle con varie raffigurazioni bibliche. L’interno è composto da tre navate con abside semicircolare, che conducono al pulpito, mentre l’altare maggiore è costituito da un sarcofago paleocristiano, sormontato da un ciborio del XIV secolo. L’abbazia custodisce una misteriosa cripta con due recinti absidali che dividono le zone della chiesa primitiva da quella ricostruita dai Benedettini nel XII secolo. Recentemente inaugurato, il Museo dell’Abbazia di San Clemente custodisce molti frammenti provenienti dalla decorazione architettonica, esterna e interna della Basilica di San Clemente.
Gran parte del materiale lapideo fu recuperato da Pier Luigi Calore alla fine dell’Ottocento, quando il complesso versava in gravissime condizioni a seguito di terremoti e dell’incuria dell’uomo. E proprio a Pier Luigi Calore è dedicato il nuovo antiquarium, inaugurato venerdì scorso, in occasione del 150esimo anniversario della denominazione del comune che il 6 maggio del 1863 mutò da quella di Castiglione alla Pescar, in quella di Castiglione a Casauria. La selezione degli oggetti esposti è stata effettuata in base al loro valore tematico, stilistico e iconografico ed è stato realizzato un lavoro di ricerca sul legame tra i singoli elementi di recupero e la loro provenienza, i documenti storici e i confronti stilistici con le altre realtà vicine. La visita inizia con alcuni reperti di interesse archeologico e prosegue, naturalmente, con quelli storico-artistici, entrambi memoria identitaria della collettività casauriense. Ad anticipare il percorso, nella sala multimediale, è possibile seguire un nuovo video racconto sull’Abbazia e il suo Antiquarium a cura di Maria Rita Copersino e Veronica De Vecchis, che hanno curato anche l’allestimento, e una photogallery su pannello olografico realizzato grazie al contributo del fotografo Giovanni Lattanzi. L’allestimento del percorso espositivo, realizzato tramite pannelli informativi e video dalla società MP MIRABILIA servizi, consente di ripercorrere le tappe di quell’impresa di restauro e di cogliere la significativa evoluzione della plastica abruzzese fra il XI e XIII secolo.
Credits: siusa.archivi.beniculturali.it, abruzzoeappennino.com, sotterraneidiroma.it
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