323 letture     Tempo lettura: 42 Minuti

Borghi abbandonati

abbandonati

 

Alla scoperta di borghi, frazioni e piccoli paesi abbandonati situati nella valle e nel comprensorio del Teramano. Per questa magistrale ricostruzione, paziente ricerca e per le splendide foto, si ringrazia l’autore Francesco Mosca (2009)

 

Castiglione della Valle

 

Frazione di Colledara (Teramo) posta a circa m.450 s.l.m., è l’antica Castrum Leonis Vallis Sicilianae, conosciuta nei documenti antichi anche come Castrum ad Vallem. Alla fine del 1700 apparteneva alla Diocesi di Penne, era una Baronia e contava ben 1018 abitanti. Affacciata sull’alveo del torrente Sazza, è oggi praticamente disabitata, soprattutto dopo gli ingenti danni causati alla viabilità dalle intemperie dell’inverno e dal terremoto del 6 aprile 2009 che così tanto ha danneggiato anche la zona dell’Aquila. Già presente in un antico documento del 959, era dotata di possenti mura di cinta, di cui oggi sono visibili solo pochi resti, e fu per lungo tempo proprietà dei Conti di Pagliara. La sua storia è legata alla figura di Lucrezia Borgia, che qui trovò rifugio nel 1499 insieme ad Alfonso d’Aragona per sfuggire al Duca Valentino.  Fu sede municipale fino alla fine del 1909, poi questa venne trasferita nella vicina Colledara, località che nel 1928 diede ufficialmente il nome al Comune, in sostituzione di Castiglione. Le prime case che si incontrano nell’entrare in paese, dopo aver percorso a piedi circa 1 Km. di una bella strada che attraversa il Parco Naturale del Fiume Fiumetto, sono vecchie e fatiscenti, ma, girato l’angolo, ci accoglie una bella ed ampia piazza medievale. Su di essa si affaccia l’imponente Chiesa di San Michele Arcangelo del XII secolo. Tutt’intorno molte case sono ben ristrutturate, mentre altre, non più abitate da tempo, mostrano ampiamente gli effetti dell’incuria. Su una, insistente su una piazzetta secondaria, si scorgono gli inconfondibili segni della presenza di un antico gafio, elemento architettonico caratteristico delle tecniche edilizie longobarde. Un po’ dappertutto i segni del terribile terremoto: tutto sembra immobile, come in pausa, in attesa che qualcuno torni ad aprire gli scuri delle finestre, a rimettere in moto il piccolo trattore, ad alzare di nuovo la basculante del garage, a diffondere ancora nell’aria l’odore del sugo domenicale.

Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa Km.30 (vedi mappa): si prende la superstrada e poi l’Autostrada A24 per Roma, uscendo al casello Colledara-S.Gabriele. Da qui si seguono i cartelli per Colledara e poi, all’inizio del centro abitato, si devia a sinistra seguendo la segnaletica turistica.

Acquaratola

 

Un tempo Acquaradula, è una frazione di  Rocca Santa Maria (Teramo) posta a m.1036 s.l.m. Secondo lo storico Niccola Palma deve forse il suo nome ad un vicino laghetto infestato da piccole rane (ranule o ratule), tanto più che si ha notizia che nei pressi esisteva il villaggio, oggi distrutto, di Lagoverde. Altri sostengono che, essendo il suo nome presente come “Acquaradalbi” in alcuni documenti del 1076, esso possa trarre origine dal nome di un goto, Radbald, possessore di una sorgente d’acqua in questa zona. Non del tutto abbandonata, conta ormai pochi abitanti, i quali si dedicano prevalentemente all’allevamento degli ovini.  Alla fine del 1700 era feudo della mensa Vescovile e contava 78 abitanti. A poca distanza da altri due piccoli borghi abbandonati,  Serra e  San Biagio, si tratta di un gruppetto di case tra cui troviamo costruzioni di metà settecento (su un architrave si legge la data 1722 e su un altro 1724), ormai quasi completamente diroccate, case dei primi del novecento abilmente restaurate e qualche casa risalente agli anni 70 del ‘900 spudoratamente fuori contesto. All’uscita del paese si trova un fontanile adibito ad abbeveratoio, probabilmente un tempo utilizzato anche come lavatoio. Su un dosso discosto dal centro abitato troviamo la chiesa. Risalente al XIV secolo, molte parti della struttura muraria attuale sono quelle originarie. E’ consacrata a S. Egidio Abate, è a facciata quadrata e la copertura del tetto è a capanna; l’interno è ad aula unica e sopra il portone d’ingresso c’è un  campanile a vela che sostiene due campane di misure diverse. La frequente presenza del monogramma dei Gesuiti composto dalle lettere IHS (Iesus Hominum Salvator), spesso con l’H sormontata da una croce, incastonato con le date di costruzione delle abitazioni indica la fervente attività di quest’Ordine sul territorio nel Settecento.

Per raggiungere Acquaratola da  Teramo, da cui dista circa 28 Km. (vedi  mappa): sulla strada provinciale che porta a Rocca S. Maria, prima della frazione Belvedere si incontra a destra il bivio per Macchia S. Cecilia ed Acquaratola; girare e proseguire per 10 Km. fino ad Acquaratola secondo le indicazioni.

Altovia

 

E’ una frazione di Cortino (Teramo) posizionata sulla via del Rifugio del Cegno a quota m.1.183 s.l.m. Nel periodo invernale non ha ormai più abitanti, ma le sue case, un tempo dimore di pastori, sono state tutte ristrutturate, per lo più utilizzando materiali in tono con l’ambiente, ma talvolta prediligendo interventi invasivi. Nel periodo estivo il paesino si ripopola e le circa venti unità abitative vengono di nuovo occupate. Nel complesso si presenta suggestivo ed accattivante, nonostante le numerose impattanti parabole televisive in bella vista sulle facciate degli edifici. Resta diruta soltanto la chiesa, posta all’ingresso del borgo, di cui è ancora in piedi, seppure sorretto da robuste impalcature, il solo frontale. Consacrato a S. Egidio della Rocca, l’edificio di cui oggi restano le tracce fu realizzato nel 1921. Il borgo si trova   solo a qualche chilometro da Casagreca.

Per raggiungere Altovia da Teramo (vedi mappa): andare in direzione Montorio al Vomano e svoltare verso Valle San Giovanni; proseguire verso Cortino e poi verso Piano Roseto. Circa 1 Km. prima di Piano Roseto c’è a destra il bivio, da cui Altovia dista 2 Km. Complessivamente saranno stati percorsi 32 Km.

Cannavine (o Le Canavine)

 

E’ una frazione di  Valle Castellana (Teramo) a 985 metri di quota, completamente disabitata. A solo 1 Km da  Macchia da Sole, e poco distante dal borgo abbandonato di Piano Maggiore, è costituita da quattro o cinque casali posti intorno ad un grande abbeveratoio per il bestiame, abitati fino agli anni 50 del ‘900 da una cinquantina di persone. Alcune di queste costruzioni sono quasi completamente crollate, lasciando comunque ancora intravedere gli accesi colori, principalmente l’azzurro ed il verde, che ricoprivano le pareti interne; un altro casolare è invece in via di ristrutturazione, ma i metodi risultano assolutamente invasivi nei confronti dell’antico corpo di fabbrica e fanno attualmente bella mostra di loro alcuni muri in moderno laterizio, cornicioni in cemento armato e grondaie e pluviali in plastica. Per la vicinanza con  Castel Manfrino e per essere dislocata su una importante via di comunicazione interna che collega Macchia da Sole con San Vito e Settecerri vi transita ogni anno un gran numero di persone. Appena un po’ più verso est c’è un ruscello, oltrepassato il quale si possono ancora vedere i resti delle mura perimetrali dell’Eremo di San Benedetto. Si individuano in particolare due edifici, uno più grande, evidentemente l’antica chiesa, ed uno più piccolo, la parte destinata ad abitazione. Dell’Eremo si hanno notizie dal 1252, poichè citato da  Papa Innocenzo IV, e nel 1274 viene citato dal Vescovo aprutino Rainaldo Acquaviva come “San Benedetto in San Flaviano in località Cannavine”, in quanto annesso alla giurisdizione di  Sant’Angelo in Volturino. Fu attivo fino al XV secolo, poi abbandonato; si dice che una delle campane della Chiesa di S.Giovanni Battista di Macchia da Sole provenga proprio da lì.

Per arrivarci da  Teramo , da cui dista circa   Km. 26  (vedi  mappa): si prende la S.S.81 per  Ascoli e da qui, dopo circa 13 km., dopo il bivio per  Campli, si svolta a sinistra verso Macchia da Sole. Appena all’ingresso del paese si svolta a destra in prossimità della Chiesa, prendendo la strada per S. Vito, e dopo circa 1 Km. si arriva alla meta.

Casagreca

 

E’ una frazione di  Cortino (Teramo) posta a m.833 s.l.m. Si trova solo a qualche chilometro da Altovia, a poca distanza dal Fiumicello, affluente del  Tordino, e conta circa una quindicina di case risalenti più o meno alla fine dell’800. Alcune di esse sono già ristrutturate, altre sono in via di ristrutturazione ed altre ancora sono divenute fatiscenti. Nel periodo invernale non vi abita ormai più nessuno, mentre nel periodo estivo i proprietari delle abitazioni ristrutturate, residenti per lo più a Teramo, ma anche a Roma ed all’estero, ripopolano il borgo. Su un dosso all’ingresso del piccolo centro abitato c’è la chiesa consacrata a S. Maria (Patrona di Casagreca) ed a S. Vincenzo. Si tratta di un edificio massiccio e semplice, in gran parte ristrutturato da qualche decennio, discosto rispetto al borgo e posizionato su una piccola altura che lo sovrasta. Si presenta con un tetto a capanna ed un  campanile a vela che ospita una campana.  Sui lati lunghi si aprono due alti finestroni, mentre sulla facciata principale un “occhio” dà luce all’interno.

Per raggiungere Casagreca da  Teramo (vedi mappa): andare in direzione  Montorio al Vomano e svoltare verso  Valle San Giovanni; proseguire verso Cortino e poi verso Piano Roseto. Circa 1 Km. prima di Piano Roseto si svolta a sinistra, e per 4 Km. si percorre una strada non sempre in buone condizioni. In tutto avremo percorso 34 Km.

Collegrato

 

E’ una frazione di Valle Castellana (Teramo) e si trova a m.774 di quota (I.G.M.). L’accoglienza è delle migliori: nel salire verso lo sparuto gruppo di case si gode di bellissimi panorami, offerti dalle anse eleganti del Lago di Talvacchia, dalla sua diga, dai Monti Sibillini e dalle morbide cime dei Monti della Laga. Arrivati, una ripida ed ampia scalinata lastricata di pietra semicoperta dall’erba ci conduce, tra due file di abitazioni, ad una graziosa chiesetta con facciata in pietra arenaria e campanile a guglia che reca sul portale la data 1937, quando è stata quasi completamente rifatta sui resti di una chiesetta preesistente. E’ di recente ristrutturazione ed è consacrata a San Giovanni Battista. Collegrato non è completamente disabitata: una famiglia vive qui tutto l’anno, ma d’estate il borgo è ripopolato da chi ama questo posto ed ha comprato qui una casa per poter godere del silenzio e della natura. In mezzo a ruderi e a case fatiscenti, in tutto una decina di edifici, qualche abitazione è stata ristrutturata, talvolta con tecniche raffinate talvolta con metodi invasivi e contrastanti con il contesto, e consente un più che decoroso soggiorno. Di fianco alla chiesa i gradoni continuano e si inerpicano tra rovi ed ortiche verso la parte antica di questo borgo, tra case ormai dirute ed irrecuperabili. In una di queste, a dispetto del tempo, fa ancora bella mostra di sé un bel balcone con supporti in legno, caratteristico perché costruito con tecniche edilizie longobarde, il cosiddetto gafio. Si tratta dell’esempio meglio conservato di tutti i Monti della Laga, eccettuati naturalmente quelli ristrutturati di Leofara e Valle Piola.

Per arrivarci da Teramo (vedi mappa): si arriva a Valle Castellana percorrendo prima la S.P. 48 di Bosco Martese e poi la S.P. 49 e da lì si prosegue verso Ascoli Piceno; dopo circa 6 Km. si gira a destra per l’unica direzione possibile, Collegrato, percorrendo i 2 Km. di ripida salita a tornanti, a tratti asfaltata a tratti no.

Corelli

Sulla collina che sovrasta il centro abitato di Flamignano, a m.650 s.l.m. è ancora visibile tra la fitta vegetazione ciò che resta del centro abitato di Corelli, in territorio di Tossicìa (Teramo). Si tratta di uno sparuto numero di case, sei o sette, ormai fatiscenti o diroccate che fino a non più di trenta anni fa ospitavano altrettante famiglie. Si dice che negli anni Sessanta del secolo scorso gli abitanti fossero addirittura un centinaio! Vero è che l’edificio della scuola elementare di Flamignano, ora divenuto di proprietà di un privato, si trovava non già all’interno del paese, che all’epoca rappresentava un importante punto di riferimento della zona, ma al bivio di Corelli, stando a significare che la popolazione infantile del borgo oggi scomparso era quantitativamente analoga a quella di Flamignano. La natura si è riappropriata dei suoi spazi e rovi, edera e pruni selvatici stanno divorando lentamente muri, porte e tettoie, nascondendoli per sempre ai nostri sguardi. Su una delle abitazioni sono ancora visibili i resti di un gafio, un balcone costruito secondo antiche tecniche edilizie longobarde. Solo una casa è ancora in piedi: appartiene ad una famiglia originaria del posto che l’ha ristrutturata completamente in modo più che decoroso, pur abitandola solo saltuariamente.

Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa Km.21 (vedi mappa): si percorre la S.S.80 in direzione di  Montorio al Vomano. Qui giunti si segue la segnaletica per Tossicia, fino ad arrivare a Camerale. Qui si devia a destra e si seguono le indicazioni per Flamignano, raggiunto il quale lo si oltrepassa e dopo circa m.500 si gira a destra seguendo l’indicazione stradale.

Faraone

 

Il nome è di chiara origine longobarda (“fara” in quella lingua era l’accampamento), è una frazione di  Sant’Egidio alla Vibrata (Teramo). E’ costituita da due parti ben distinte: la più antica è un vero e proprio borgo fortificato di chiara impronta medioevale e prende il nome di Faraone Antico. E’ ormai disabitata dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso e molti dei suoi abitanti hanno dato vita ad un nuovo centro a poca distanza che si snocciola lungo la S.P. 2 che collega Sant’Egidio alla  Vibrata con Villa Lempa, cui è stato dato il nome di Faraone Nuovo o, più semplicemente, Faraone. Venne parzialmente danneggiata da un terremoto nel settembre del 1950 e l’accorato interessamento del parroco di allora don Giovanni Reali (1913-1973) fece affluire a Faraone copiosi contributi pubblici che consentirono gradatamente la migrazione nel nuovo sito, con l’abbandono di quello vecchio. Dopo aver attraversato un profondo fossato con un ponticello, al posto del quale un tempo c’era un ponte levatoio, l’ingresso a Faraone Antico è trionfale, attraverso un grande portale ad arco sormontato da una elegante torre merlata. Un bel bassorilievo raffigurante una Madonna con Bambino cui San Giovannino porge il paese di Faraone, evidentemente invocando protezione per i suoi abitanti, firmata da G. Sassetti Asculanus fa bella mostra di sè. L’autore è con ogni probabilità Ghino Sassetti, scultore, affermato Maestro scultore a cavallo della metà del secolo scorso, che fu anche docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Il bassorilievo ricalca il tema di un affresco risalente al 1500 attribuito al pittore marchigiano Stefano Folchetti che si trova nella Chiesa di San Vito Martire di Faraone. Appena sotto, una iscrizione recita: “Maria SS. delle Misericordie. Il Parroco D. Giovanni Reali e il popolo di Faraone alla loro protettrice, perchè liberati dai pericoli della guerra. A. D. 1944”. Appena sotto, incastonata nel muro restaurato, una pietra logorata dal tempo porta incisa la data del 1467, che è probabilmente la data della costruzione della cinta muraria. Più a sinistra, anche questo rimesso in opera all’atto del restauro, si trova lo stemma in pietra di Generoso Cornacchia di  Civitella del Tronto, rappresentato da una torre quadrata sormontata da una cornacchia; di fianco le lettere G e C ed al centro la data 1511. Al di là del portale un’ordinata piazzetta su cui si affaccia la Chiesa di Santa Maria delle Misericordie ed un monolitico edificio munito di contrafforti di sostegno a scarpa, costruiti lì dopo i danni del terremoto del 1950. Nel bel mezzo del paese, in una delle tre strade che lo percorrono su cui si affacciano complessivamente una ventina di edifici, spicca il palazzo dei Baroni Farina, che insieme ai Ranalli ed ai Faragalli furono tra i più importanti proprietari terrieri della zona. Esso aveva ospitato un convento di suore e, al pian terreno, l’asilo; il soffitto del suo piano superiore ancor oggi mostra i bellissimi decori policromi che lo adornavano. Gli altri edifici, dove un tempo erano collocati anche un bar e l‘ufficio postale, sono ormai smozzicati dal tempo e divorati dalla vegetazione. A ridosso della chiesa, parte della casa canonica, che un tempo ha vissuto anche i fasti di un cinema parrocchiale, ha usufruito di interventi di recupero più o meno invasivi ed è oggi abitata da una famiglia.

Per arrivare a Faraone Antico occorre prima arrivare a Sant’Egidio alla Vibrata (vedi mappa);  da qui si prende la S.P. 2 che porta a Villa Lempa fino ad arrivare a Faraone. All’altezza della chiesa parrocchiale che si incontra praticamente lungo la strada si gira a sinistra e ci si inoltra nella campagna. Quasi subito si incontra un cartello che indica Via Faraone Antico, seguendo il quale si arriva a destinazione dopo qualche centinaio di metri.

Forno

 

E’ una frazione di Rocca Santa Maria (Teramo) posizionata a m.940 s.l.m. E’ abbarbicata ad un costone di roccia che guarda la frazione Lame di Rocca Santa Maria lungo la strada che da Lame porta a Riano, non distante da Fioli e Padula. E’ costituita da una decina di edifici disabitati, alcuni dei quali ristrutturati ed utilizzati nel periodo estivo, a valle di una chiesetta rurale che guarda le abitazioni come una chioccia i suoi pulcini. Intitolata a San Vito, la chiesetta è a pianta rettangolare con aula unica; la sua facciata è quadrata ed il tetto a capanna, ristrutturato di recente, sorregge un campanile a vela che ospita una campana. La costruzione è realizzata con le caratteristiche pietre arenarie squadrate di questi luoghi, posizionate senza utilizzo di malta cementizia, il che lascia supporre che la sua costruzione risalga almeno al 1700. Forno, che nel 1668 venne incendiato e distrutto dall’esercito spagnolo nella campagna anti-brigantaggio, faceva parte dello Stato di Bisegno ed i suoi abitanti erano prevalentemente pastori e tagliaboschi; agli inizi del 1800 ne contava ben 150.

Per arrivarci da Teramo (vedi mappa): si percorre la S.S. 80 in direzione Montorio al Vomano e si svolta, dopo circa 6 Km., verso Valle San Giovanni; si prosegue verso Cortino e subito dopo il centro abitato di Pagliaroli si devia a destra in direzione Agnova e Padula. Dopo circa 5 Km., prima di giungere a Padula si gira a destra seguendo l’indicazione Fioli e subito dopo ancora a destra per Riano.

Frunti Il piccolo borgo abbandonato di Frunti, frazione di Teramo posta a m.650 s.l.m. un tempo feudo dell’antica famiglia “De Frunto”, si presenta ormai come pochi ruderi, unici testimoni di antica laboriosità. Le notizie storiche ci dicono che nel 1300 era già un centro importante del teramano e che era governato da Roberto I di Frunti. La strada per raggiungerlo è abbastanza agevole, percorribile quasi sempre anche in automobile. Che la si faccia a piedi o in automobile offre comunque panoramiche molto suggestive, poiché per raggiungere l’antico borgo si deve percorrere il crinale del colle che domina l’alveo del fiume  Tordino. Oltrepassando graziosi boschetti e ventosi pianori si arriva in una radura posta alla fine della strada su uno sperone che guarda il centro abitato di  Valle San Giovanni, che si trova dall’altra parte del fiume. E’ lì visibile tutto quello che resta della medievale Frunti, per secoli contesa da Teramo e dalla Contea di Montorio. Si tratta delle mura perimetrali in pietra arenaria di tre edifici a pianta quadrata, ormai quasi completamente divorati dalla vegetazione, ed un edificio ristrutturato, talvolta con materiali di fortuna, e dotato di corrente elettrica, tanto da essere abitabile. Poco distante da lì un grosso casale, evidentemente di epoca più recente, è ancora in piedi, ma molte strutture sono ormai logore, il tetto è fatiscente e numerose crepe percorrono i muri perimetrali. Nei pressi, non più visibile perché ingoiata dalla vegetazione divenuta fittissima, c’era l’Abbazia benedettina di San Giovanni in Pergulis, che fu un importante monastero fino agli inizi del 1700.

Per arrivarci da  Teramo (vedi mappa): si percorre la strada verso Valle San Giovanni e si prosegue poi per Cunetta; poco dopo il bivio per Faieto si devia a destra su una sterrata abbastanza comoda e la si percorre per circa 1 Km.

Laturo

 

A m.820 s.l.m. (I.G.M.), è una frazione di Valle Castellana (Teramo). Collocato su un pianoro posto su una terrazza di roccia, si affaccia timido e si lascia ammirare solo da lontano. Si tratta di un antico borgo di dimensioni insolitamente grandi oggi non più raggiungibile agevolmente perchè la vegetazione spontanea ha ripreso possesso dell’unica mulattiera che per secoli l’ha collegato al mondo nel modo più breve, nascondendone le tracce per lunghi tratti e creando barriere talvolta insormontabili. Altri sentieri sarebbero percorribili sempre a piedi, ad esempio da Leofara, dalle Cannavine o da Settecerri, ma risultano, oltre che ben più lunghi, altrettanto impervi. Fino agli anni cinquanta del 1900 era abitato da una cinquantina di famiglie per un totale di oltre duecento persone, che occupavano una trentina di case, oggi fatiscenti e cadenti tra cui si evidenziano ancora i resti di un antico gafio, testimonianza di antiche tecniche edilizie longobarde. Si trattava di uno dei borghi più importanti dei Monti della Laga, costituito prevalentemente da persone dedite alla pastorizia ed alla produzione di legna. L’emigrazione del secondo dopoguerra ha fatto gradatamente diminuire la popolazione; l’assenza di una strada carrabile che consentisse le comunicazioni essenziali del vivere civile ed il trasporto delle merci, i disagi insiti nel vivere isolati e la drastica diminuzione dell’attività pastorizia hanno fatto il resto. Alla fine degli anni settanta del 1900 l’ultima famiglia ha così abbandonato il centro abitato di Laturo al suo destino. E’ davvero auspicabile che il Comune di Valle Castellana provveda al ripristino di un collegamento con l’antico borgo, semplicemente liberando dagli sterpi e dai rovi inestricabili l’antica strada da percorrere a piedi, allo scopo di non perderne la memoria ed il patrimonio sociale.

Per arrivare a Laturo da Teramo (vedi mappa): si arriva a Valle Castellana percorrendo prima la S.P. 48 di Bosco Martese, poi la S.P. 49 e da lì si prosegue verso  Ascoli Piceno; dopo circa 2 Km. si gira a destra per Olmeto e Valzo; si incontra la prima frazione dopo circa Km.3,5, dopo altri 2 si raggiunge Valzo e da qui si prosegue a piedi per circa 45 minuti.

Magliano

 

E’ una frazione di Torricella Sicura (Teramo) posta a m.680 s.l.m. Conosciuta già intorno all’anno mille come Maliano e poi nel 1300 come Castrum Magliani (o Malgani), intorno al 1600 vi sorse un’abbazia benedettina. Il paese è diviso in due parti ben distanti tra loro: Magliano da Piedi si trova più verso il piano e si incontra lungo la strada; è costituito da pochi edifici prevalentemente ottocenteschi e moderni ed è ancora parzialmente abitato. Magliano da Capo, invece, si trova a ridosso della collina ed è costituito da tre grandi caseggiati probabilmente sei-settecenteschi contornati da alcuni più piccoli, tutti fatiscenti, nessuno dei quali è oggi più abitato. Il più grande, in posizione centrale rispetto agli altri era utilizzato esclusivamente dalla famiglia De Dominicis, proprietaria di numerosi ettari di terreni e pascoli in quei dintorni. L’ultimo esponente della famiglia, Don Michele, è andato via intorno agli anni sessanta del secolo scorso e da lì si è determinato l’abbandono di tutti i caseggiati. A Magliano da Capo è tutto nel più completo abbandono e i tetti, costruiti secondo antiche tecniche utilizzando travi di quercia unitamente a laterizio, senza più manutenzione via via crollano. L’edificio più a sud presenta alcune interessanti caratteristiche: sulla sua parete meridionale è ancora evidente la struttura in legno di un gafio, un balcone costruito con antiche tecniche edilizie  longobarde; inoltre la cornice in pietra di uno dei suoi portali presenta dei motivi ornamentali semplici sui due montanti, nonché una croce cerchiata al centro dell’architrave. Sul colle alle sue spalle, a vista della valle del fiume Vezzola, vicino al cimitero c’è un imponente muro in pietra lungo circa 15 metri detto “Muraglia dei Saracini”, poiché c’è chi sostiene che si trattasse di un muro difensivo eretto per difendersi dall’invasione dei Saraceni. Altri sostengono invece che possa trattarsi dei resti di un antico santuario di epoca altomedievale su cui successivamente venne costruita la Chiesa di San Lorenzo, oggi diruta ma ancora visibile.

Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa 20 Km. (vedi mappa): si percorre la S.S.80 in direzione Montorio al Vomano fino al bivio di Villa Ripa, dove si gira a destra seguendo le indicazioni stradali per il Ceppo. Giunti all’interno della frazione di S. Stefano si gira di nuovo a destra seguendo le indicazioni per Magliano e Faognano. Dopo circa 6 Km. di strada spesso dissestata ed anche non asfaltata si giunge nel piccolo borgo disabitato.

Martese

 

E’ una frazione di Rocca Santa Maria (Teramo) e si trova sulla strada che porta al Ceppo, a m.997 s.l.m. E’ posto su uno sperone di roccia che sovrasta l’alta valle del Tordino, nelle vicinanze di un altro borgo disabitato, Tavolero, ed oggi è un vero e proprio cantiere aperto. Il nucleo di case, disabitato ormai da anni, è costituito da una quindicina di abitazioni che risalgono quasi tutte alla metà del 1800. Nel 1668 l’intero paese fu distrutto e messo a fuoco dalle truppe spagnole durante il tentativo di reprimere il fenomeno del banditismo dilagante in quella zona montuosa. Un caratteristico arco dà l’accesso alla via principale. Sull’architrave di una finestra che guarda la valle è incisa la data del 1772; su un’altro architrave, sotto l’arco di ingresso, c’è la data del 1856. Le abitazioni sono arroccate, una vicina all’altra, mentre  la chiesa, consacrata a Santa Lucia, si trova più in alto,  leggermente discosta dal borgo, ed è ormai quasi completamente crollata. Attualmente una enorme gru giganteggia sul piccolo borgo e dappertutto ci sono impalcature e betoniere: l’intento è quello di un restauro conservativo degli edifici ancora in piedi, nell’ambito di un preciso progetto voluto e curato dall’Amministrazione Provinciale di Teramo. Un po’ più in alto della chiesa un’abitazione risulta già restaurata con risultati apprezzabili e soprattutto con interventi non invasivi.

Per arrivarci da Teramo (vedi mappa): si sale verso il Ceppo da Villa Ripa tramite la S.P. 48 di Bosco Martese, poi, tra gli abitati di Belvedere e Cona Faiete si gira a sinistra. Una strada ben percorribile seppure tortuosa scende per circa 1 Km. fino al gruppo di case.

Masseri

 

Il piccolo nucleo di case che costituisce Màsseri, frazione di Campli (Teramo) a m.465 s.l.m., ormai non è più raggiungibile, ne’ in auto ne’ a piedi, perchè divenuto completamente preda della natura. La vegetazione spontanea, i rovi, i sambuchi, hanno coperto quasi ogni mattone, hanno riempito ogni anfratto ed hanno conquistato le stradine, la piazzetta e persino i muri, che a suo tempo furono puntellati con travi di legno nel disperato tentativo di impedire che venissero giù. Per avvicinarsi alle costruzioni rimaste occorre farsi largo con circospezione e decisione tra la vegetazione spesso inestricabile che avviluppa ogni cosa. Il terreno su cui era costruito il villaggio, cinque o sei edifici stretti attorno alla Chiesa del Rosario, era quasi completamente di proprietà della famiglia teramana dei De Santis, che abitava nel palazzotto più grande del borgo, ancora ben visibile anche se ormai fatiscente. La chiesa era con copertura a capanna ed un piccolo campanile a vela in corrispondenza della parete posteriore sosteneva una campana. L’interno, a navata unica, presentava larga parte del soffitto affrescata: ancora oggi se ne distinguono i colori, ancora incredibilmente vividi. Sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso il pericolo di un frana del costone su cui Màsseri è abbarbicata minacciò l’incolumità degli abitanti, i quali dovettero abbandonare quelle case e sistemarsi nei paesi limitrofi, principalmente a Paduli.

Per arrivarci da Teramo da cui dista Km. 14 circa (vedi mappa): si percorre la S.S.81 in direzione di Ascoli Piceno fino al bivio per Campli. Qui si gira a destra e, subito dopo il centro abitato di Nocella, ancora a destra in direzione Paduli e Pastinella. Si raggiunge questa frazione, la si oltrepassa e si prosegue con l’auto fino a che è possibile, cioè per circa 1 Km., poi si prosegue a piedi, quando i primi ruderi delle case di Màsseri sono già a vista.

Piano Maggiore

 

E’ una frazione di Valle Castellana (Teramo) e si trova a quota 1085 m.s.l. (I.G.M.), sul versante occidentale del Monte Foltrone. Si tratta di un agglomerato di sei o sette casali e di una chiesa, alcuni in buono stato di conservazione ed altri in avanzato degrado per incuria, per lo più utilizzati come rimessaggio per attrezzi agricoli. All’ingresso del borgo si trova un fontanile-abbeveratoio, nei pressi di un’edicola dedicata alla Madonna. Di Plano Maiore si hanno tracce in documenti antichi fin dal X secolo e la sua chiesa, un tempo su una collinetta più ad ovest poco distante dal pianoro su cui si trova quella attuale, era consacrata a San Nicola; intorno al 1300 e per una settantina di anni fu sotto la giurisdizione delle Badesse del Monastero benedettino ormai da tempo scomparso di San Giovanni a Scorzone. Nel 1521 passò sotto il dominio feudale di Andrea Matteo III di Acquaviva, Duca di Atri. Nel 1804 risulta avesse 43 abitanti. La chiesa di Piano Maggiore, risalente probabilmente al XIII secolo, è oggi intitolata a San Pietro e San Martino e si trova all’estremità nord della frazione. Piano Maggiore è collocato in un sito geograficamente strategico, a ridosso della strada del valico di Pietra Stretta e del valico tra i Monti Gemelli che porta verso Vallenquina, a vista di Castel Manfrino e nei pressi della strada che attraverso Cannavine conduce a San Vito e a Settecerri.

Per arrivarci da Teramo (vedi mappa): si prende la S.S. 81 (Teramo – Ascoli) e dopo circa 16 km. si svolta a sinistra verso Macchia da Sole; oltrepassato questo paese si svolta a sinistra seguendo la segnaletica stradale. Da Teramo si percorrono complessivamente circa 30 km.

Pomarolo

 

E’ una frazione di Rocca Santa Maria (Teramo) posta ad 877 m. s.l.m.. E’ costituita da uno sparuto gruppo di case, alcune delle quali oggi, non più abitate, sono adibite a rimessaggio di attrezzi agricoli. Si trova lungo la strada che collega Acquaratola con San Biagio.

Per raggiungere Pomarolo da Teramo, da cui dista circa 26 Km. (vedi mappa): percorrere la Strada Provinciale 48 per Rocca Santa Maria; prima dell’abitato di Belvedere deviare a destra per Macchia Santa Cecilia e poi per Pomarolo.

San Biagio

 

E’ una frazione di Rocca Santa Maria (Teramo) e si trova a m.1091 di quota. Posizionato tra le frazioni di Serra ed Acquaratola e nei pressi di Pomarolo, non è propriamente abbandonato, ma gli abitanti che vi risiedono stabilmente, quasi esclusivamente pastori o persone anziane, sono ormai pochissimi. Si tratta di un gruppo di case, per lo più ottocentesche o degli inizi del novecento, per la maggior parte tenute in buono stato, asserragliate su un dosso; al suo interno, stradine strette e tortuose danno il senso di un borgo cresciuto in fretta ed in disordine. La chiesa, consacrata ovviamente a San Biagio, si trova in mezzo al borgo ed è databile intorno all’inizio del 1800, costruita in sostituzione dell’antica chiesetta medievale crollata, i cui ruderi sono ancora visibili in un boschetto nei pressi dell’ingresso del borgo. Dal 1611 al 1614 fu pertinenza del Monastero benedettino femminile di San Giovanni di Teramo, che operò in sostituzione del più antico Monastero benedettino femminile di San Giovanni a Scorzone dopo lo smantellamento di questo avvenuto intorno al 1530. La campana, presumibilmente appartenuta all’antica chiesetta, trova posto in un massiccio campanile eretto negli anni trenta del novecento. L’attuale chiesa, restaurata sul finire degli anni duemila, è completamente ammodernata e presenta un’aula unica priva di abside. Lucenti travertini e moderni finestroni che si affacciano sulla valle danno luce all’interno, ma risulta così perduto ogni fascino dell’antico luogo di culto.

Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa 30 km. (vedi mappa): si prende la S.P. 48 per il Ceppo; all’altezza di Rocca S. Maria – Imposte si svolta a destra per San Biagio – Serra e dopo circa 4 km. si arriva a San Biagio.

San Lorenzo

 

Piccolo gruppo di case a pochi chilometri da Montorio al Vomano (Teramo) di cui era contrada, ormai non vive più nessuno. Tra rovi e sterpi si scende verso un fossato e poi si risale fino ad incontrare lo sparuto gruppo di case, oggi proprietà di privati, che costituiva il centro abitato. Tra le case arroccate e strette l’una all’altra svetta il campanile a vela ormai senza campane della Chiesa di S.Lorenzo. La parte più antica della costruzione risalirebbe alla fine del Cinquecento, costruita nei pressi del monastero medievale benedettino di S.Benedetto a Paterno. La chiesa ha copertura a capanna e l’interno, a guardare le mura perimetrali, è presumibilmente a navata unica con abside.

Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa Km.11 (vedi mappa): si imbocca la S.S.80  in direzione di  Montorio al Vomano e dopo circa Km.10 si incontra a destra l’indicazione stradale che invita a girare a sinistra. Imboccata questa strada occorre girare subito di nuovo a sinistra, scendendo verso il fossato, che si super attraversando un ponticello in legno.

Serra

 

E’ una frazione di Rocca Santa Maria (Teramo) sita a quota m.1096 e si trova su uno sperone di roccia che domina il fosso dal quale nasce il Torrente Vezzola. Sorge in una zona che si va sempre più spopolando: nei pressi si trovano i borghi abbandonati di Valle Pezzata, San Biagio, Pomarolo ed Acquaratola. Poco prima di entrare nel paesino, in posizione più elevata si incontra la  Chiesa del SS.mo Salvatore, ricostruita nei primi anni del 1900, ma oggi senza più il tetto, crollato da tempo, ed in completo abbandono. Superata la chiesa, un ponticello immette nell’unica via centrale, lastricata, lungo la quale si affacciano tutte le abitazioni, circa una ventina in tutto, abbastanza ben conservate. Qualcuna è stata restaurata, purtroppo non sempre rispettando principi conservativi, e presumibilmente d’estate ospita i suoi proprietari. Sulla parete di una casa ristrutturata spicca una targa commemorativa verosimilmente in bronzo, in ricordo di  Dario Di Paolo, figlio sfortunato di un nativo di Serra, ma nato altrove. In un angolo nascosto, invece, il cane Vasco, un fedele pastore tedesco, viene ricordato dal suo padrone con una piccola lapide ed una foto. Dalla splendida posizione del paese è possibile godere di una vista mozzafiato, che va dal massiccio del  Gran Sasso ai  Monti della Laga, fino ad una porzione dei  Monti Sibillini.

Per raggiungere Serra da  Teramo, da cui dista circa 30 Km. (vedi  mappa): percorrere la Strada Provinciale 48 per  Rocca S. Maria; all’altezza di Imposta deviare a destra per San Biagio – Serra, per raggiungere la meta dopo circa 5 Km.

Servillo

 

Frazione di Cortino a m.946 s.l.m., si sviluppa su un aspro crinale roccioso ed ha origini molto antiche. Il borgo è praticamente disabitato, anche se vi fervono tuttora le classiche attività montanare della pastorizia e della raccolta della legna. I proprietari delle poche case rimaste agibili frequentano abitualmente questi luoghi, pur non risiedendovi ormai più. La maggior parte delle case non più utilizzate è costruita in pietra e conci legati da poca malta; sull’architrave di una piccola finestra si legge in un cartiglio la data 1616. Sul muro di un’altra casa è stato ricollocato un architrave in pietra arenaria datato 1494 che reca numerosi simboli: un leone, un’orsa, un uomo nudo, tutti riconducibili ad antiche famiglie, gli Orsini, i Petrucci, i Poggio Ramonte, un tempo evidentemente signori di questi luoghi anche per via degli apparentamenti. La chiesa, intitolata alla Madonna della Mercede, era nota fin dal 1526 come S. Maria di “Sirbillo”; ha tetto a capanna e campanile a vela che ospita due campane. L’interno è a navata unica priva di abside.

Per raggiungere Servillo da  Teramo (vedi mappa): imboccata la S.S. 80 verso  Montorio al Vomano si gira verso Valle San Giovanni e poi verso Cortino; oltrepassato Pagliaroli si svolta a sinistra seguendo l’indicazione per il borgo.

Settecerri

 

E’ una frazione di Valle Castellana (Teramo) e si trova a m.920 di quota (I.G.M.). La lunga ed impervia strada che porta a Settecerri, interrotta nel mese di maggio a circa 1 Km. dal borgo da due macigni caduti lì per via di una frana di notevoli dimensioni, è oggi di nuovo agibile. Sulla sommità del costone di roccia ci attende  il minuscolo centro abitato, costituito da circa una decina di edifici, compresa la Chiesa di S.Martino, praticamente tutti ristrutturati o in via di ristrutturazione, cui si accede da una deliziosa stradina che sembra uscita dal disegno di un bambino. Gli interventi non risultano particolarmente invasivi, ma alcuni sicuramente inestetici e comunque non con l’effetto di preservare quanto preesistente. Il risultato finale appare grazioso, ma solo qualche rudere cadente richiama il paesino di un tempo.

Per arrivarci da Teramo (vedi mappa): si arriva a Valle Castellana percorrendo prima la S.P. 48 di Bosco Martese e poi la S.P. 49 e da lì si prosegue verso Ascoli Piceno; dopo circa 8 Km. si gira a destra per l’unica direzione possibile, Settecerri, percorrendo una lunga ripida salita per colmare i circa 300 metri di dislivello. Salendo si gode della magnifica visuale della vallata dove si adagia il centro abitato di S. Vito.

Stivigliano

 

Quando si raggiunge  Stivigliano, frazione di Valle Castellana (Teramo) a m.822 s.l.m. (I.G.M.), si ha subito la sensazione di entrare in un luogo protetto, quasi un fortino. Percorso a piedi l’ultimo tratto in salita, si è accolti da due edifici imponenti, uno a destra l’altro a sinistra, in parte ristrutturati ed in parte ancora in buono stato: l’ingresso del borgo. Un’iscrizione al centro degli architravi dice che appartengono entrambi alla famiglia Di Martino e che sono stati costruiti nel 1908. Sulla facciata a sud di uno degli edifici più piccoli si evidenzia ancora un gafio, il caratteristico balcone realizzato con tecniche costruttive di origine longobarda. Più avanti un fontanile ormai in disuso ci fa entrare nella vita quotidiana dei laboriosi abitanti di un tempo. Di fianco al fontanile corre il muro perimetrale visivamente inclinato della piccola e dignitosa Chiesa di Santa Maria Assunta, di origine cinquecentesca, sul cui campanile a vela c’è ancora la campana, fusa nel 1913. Più avanti, senza soluzione di continuità, si gira a sinistra verso le poche case che compongono il cuore di Stivigliano, una decina di abitazioni in tutto che si affacciano su una minuscola piazza. Sull’architrave di una delle abitazioni abbastanza in buono stato si legge l’incisione “Patacca Ermenegildo 1927”. La cosa più sorprendente è che vicino a questa casa ce n’è un’altra, più antica e malandata, sul cui architrave si vedono distintamente dei motivi allegorici consunti ed un’incisione fatta alla buona rappresentante certamente un volatile che ricordano le scritture rupestri. In basso, lungo il fosso, boschi di castagni quasi a perdita d’occhio, attraverso cui in circa 70 minuti si potrebbe raggiungere a piedi un altro stupendo borgo abbandonato: Valle Pezzata.

Per arrivare a Stivigliano da Teramo (vedi mappa): imboccata la S.S. 80 che va verso Montorio al Vomano si devia a destra per Villa Ripa e poi sulla S.P. 48 di Bosco Martese per il Ceppo; senza dover arrivare fino al Ceppo, si seguono le indicazioni per la S.P. 49 per Valle Castellana e, prima di giungere a Valle Castellana, si prende a destra la strada per Mattere. Giunti qui si prosegue su una strada sterrata ancora in buone condizioni, la stessa che conduce al piccolo Cimitero, fino a raggiungere, dopo un paio di chilometri, Stivigliano.

Tavolero

 

E’ una frazione di  Rocca Santa Maria (Teramo). Si trova a m.826 di quota e si affaccia su un canalone lungo il quale scorre il fiume  Tordino. Si tratta di una decina di casali del 1700 e del 1800 disposti in modo asimmetrico attorno alla corte e sovrastati da quel che rimane della duecentesca Chiesa di S. Flaviano, fondata su un luogo di culto sicuramente di epoca preromanica; è singolare il suo bel portale in arenaria.  Nel 1668 il borgo, che allora si chiamava Taudero, e successivamente anche Tibulario, o Tebulario, o Tivolario  fu distrutto e messo a fuoco dalle truppe spagnole impegnate nella repressione del brigantaggio in queste zone. Un paio di case sono state restaurate utilizzando per lo più la pietra, ma insieme ad essa anche il cemento armato: l’effetto finale è sicuramente gradevole, ma appare perduto il fascino dell’antichità. Della chiesa, un po’ discosta e su un dosso, rimangono in piedi la monumentale facciata ed i muri perimetrali; dai resti giunti fino a noi, la costruzione è riconducibile all’architettura cirstercense del 1200. Più in alto, a circa 1 Km., c’è un minuscolo camposanto con i cancelli divelti, la cappella parzialmente diroccata ed alcune porzioni di muro di recinzione crollate. Tutto lascerebbe pensare a terra sconsacrata, ma una salma ancora vi riposa, occupando uno dei soli due loculi presenti. La poveretta risulta deceduta nel 1965 a 83 anni. Più in basso del gruppo di case, a circa 500 metri di strada, c’è il centro abitato di Colle. Dall’altra parte del vallone spunta su un pianoro la suggestiva  chiesetta di Agnova.

Tavolero (vedi mappa) si raggiunge da Teramo, da cui dista circa 22 Km., percorrendo la S.P. 48 di Bosco Martese; all’altezza dell’abitato di Cona Faiete si gira a sinistra e si percorre una strada in discesa per circa 3 Km., lungo la quale si incontra anche il camposanto, fino a raggiungere il piccolo borgo.

Vallenquina

 

Che alcuni dicono anticamente si chiamasse Vallonchina, altri Valle Equina, è una frazione di Valle Castellana (Teramo) a m.869 s.l.m. (I.G.M.) e si trova lungo la strada che per secoli ha consentito l’accesso al piceno ed alla Val Vibrata da Roma. Una strada di comunicazione importantissima, presidiata fin dal XII secolo e per molto tempo dal Castel Manfrino, la fortificazione voluta da Manfredi di Svevia, di cui oggi sono visibili solo pochi ruderi, nei pressi di Macchia da Sole, a vista del borgo di Piano Maggiore. Il borgo è riconoscibile anche da grande distanza, per via della presenza di una costruzione assolutamente particolare che è il Castello Bonifaci. L’edificio ha una torre quadrata con merlature e fu fatto costruire in stile neogotico agli inizi del 1900 dallo studioso Vincenzo Bonifaci (1864-1943), forse sui resti di un’antica torre. Vincenzo Bonifaci, personalità di spicco a cavallo di due secoli, fu avvocato e poi notaio in Bellante, fu professore di economia politica all’Istituto Tecnico di Teramo e scrisse saggi sui filosofi Giordano Bruno e Fausto Socini. Oggi la costruzione è di proprietà della famiglia Angelini.   Sull’architrave di una porta posta sotto la volta che dà accesso al cortile retrostante è incisa la data del 1856. Sotto la stessa volta di accesso fa bella mostra di sè lo stemma   araldico dei Bonifaci, recante l’aquila ghibellina, che richiama quello degli Svevi di Manfredi, Re di Sicilia. Si presenta come un piccolo agglomerato di case ben ristrutturate disposte lungo l’unica breve strada in modo ordinato, per le cui costruzioni è stata usata quasi esclusivamente la pietra arenaria. In fondo alla via si trova il “castelletto”, nel cortile posteriore del quale si trova una chiesetta oggi in ristrutturazione, risalente probabilmente alla dominazione spagnola di Carlo V d’Asburgo (1500-1558). E’ la Chiesa di San Nicola di Bari, a facciata quadrata con tetto a capanna sorretto da capriate in legno; l’interno è ad aula unica priva di abside, con l’altare leggermente rialzato. Un piccolo campanile è incastonato nella facciata principale e reca una sola campana. Conosciuta già in età medievale, si pensa che il nucleo originario di Vallenquina fosse sulla collina di fronte, verso est, dove gli agricoltori locali hanno rinvenuto parecchi residui di coppi e laterizi. Intorno al 1600 si sa che aveva ben due chiese, quella di S. Nicola e quella di S. Bartolomeo, il che lascia immaginare la presenza a quell’epoca di un nutrito numero di abitanti; nel 1804 contava solo 67 abitanti.

Per arrivarci da  Teramo (vedi mappa): si prende la S.S. 81 (Teramo – Ascoli) e dopo circa 16 km. si svolta a sinistra verso  Macchia da Sole; oltrepassato questo paese si prosegue verso Leofara e poi verso Valle Castellana. Circa 5 Km. dopo Leofara si incontra la segnalazione per Vallenquina e si gira a destra su una breve strada brecciata.

Valle Pezzata

 

E’ una frazione di  Valle Castellana (Teramo) nel  Parco del Gran Sasso e Monti della Laga. Si trova a m. 918 s.l.m. (I.G.M.), pur affossata in un vallone a cui si accede da quota 1100. Il punto di ingresso a Valle Pezzata è segnato da due muretti in pietra a secco in località Piano dei Morti, pianoro che prende il nome dalle conseguenze di una furiosa battaglia che intorno alla metà del 1700 fu combattuta tra una banda di briganti e gli abitanti di Serra, borgo anch’esso oggi disabitato che si trova più avanti sulla stessa strada. Dopo una ripida strada sterrata in alcuni punti profondamente incisa dall’acqua, che scende quasi ininterrottamente per circa 2 Km., cui al ritorno corrisponderà una ben più dura salita, si arriva, rigorosamente a piedi, a Valle Pezzata. Una volta arrivati si dà davvero credito a chi sostiene che il suo nome derivi da “pozzata”, cioè affossata. Il borgo, insolitamente diffuso su un territorio piuttosto ampio, con i suoi edifici massicci, i suoi archi, i fregi e le incisioni sulle porte d’ingresso, è testimone di antiche ricchezze e prosperità. E’ diviso in due: una parte, la più significativa, si sviluppa sul versante della collina che guarda verso Nord e prende il nome di Valle Pezzata da Borea; l’altra, costituita solo da pochi casali, è sull’altro versante e prende il nome di Valle Pezzata da Sole. Si avvistano dapprima i casali della parte da Borea e poi si incontra la  chiesetta di  San Nicola di Bari, una volta evidentemente fastosa, ma che oggi presenta tutti i segni del tempo e dell’incuria. Sopra la porta laterale è incisa la data 1519. Nel 1521 passò sotto il dominio feudale di Andrea Matteo III di Acquaviva, Duca d’Atri. Arrivati ad uno spiazzo, si può scegliere se prendere il sentiero che porta verso la parte da Sole e verso Stivigliano e Mattere, o se inoltrarsi nel borgo vero e proprio. Andando verso il borgo si oltrepassa un ruscello attraverso un ponticello in legno e poi un grazioso arco che ci immette direttamente nella piazzetta, con le case a chiudere gli altri tre lati. Su una di queste è incisa su un architrave la data 1699, e a quest’epoca dovrebbe risalire la maggior parte di questi edifici, una ventina in tutto. Su un altro edificio, palesemente meglio conservato, campeggia invece la data 1911. All’interno di una di queste case, un lungo messaggio accorato di Tonino, un vecchio abitante di questi luoghi, invita a non dimenticare il paese natìo. Meno suggestiva è la parte da Sole, costituita da casali sparsi, su uno dei quali è possibile ancora vedere i resti di un balcone, il “gafio”, costruito con antiche tecniche edilizie longobarde.

Per arrivarci da  Teramo (vedi mappa): si percorre la S.P. 48 di Bosco Martese ed all’altezza dell’abitato di Imposte, sede del Municipio di Rocca Santa Maria, si gira a destra in direzione Serra. Dopo circa 3 Km. si incontra l’accesso a Valle Pezzata, segnalata da un muretto in pietra e da un cartello di divieto di transito. Qui occorre lasciare l’auto e si prosegue a piedi per circa mezz’ora.

Valle Piola

 

Un tempo Vallis Podioli,   è una frazione di Torricella Sicura (Teramo) posta a circa 1000 m. di quota, ed è forse il borgo più suggestivo tra quelli abbandonati dei Monti della Laga. Nel vallone sottostante che la separa da Poggio Valle nasce il Rio Valle, un affluente del torrente Vezzola. E’ composta da una dozzina di fabbricati per lo più risalenti alla fine del 1800, che risultano abbandonati dal 1977, più la Chiesa di San Nicola, sul versante nord-orientale del Monte della Farina. Tra di essi due casali per pastori, uno adibito ad abitazione e l’altro a stalla e rimessaggio attrezzi agricoli, risalenti agli anni sessanta, ma da tempo incustoditi e lasciati all’opera disgregatrice degli agenti atmosferici. Seppure circondata da un’incastellatura di tubi Innocenti, anche la chiesa versa ormai in grave stato di abbandono; completamente riedificata nel 1894, oggi il suo interno, già completamente depauperato da vandali e ladroni, è praticamente sommerso da calcinacci, giacchè il tetto è crollato in diverse parti e molti intonaci dei muri si sono scrostati. L’edificio prospiciente la chiesa, uno dei più grandi del borgo, è stato restaurato in modo eccellente dal Comune di Torricella Sicura, nell’ambito di un progetto più ampio di recupero delle bellezze del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, quale primo passo per la realizzazione di un albergo  diffuso stile Santo Stefano di Sessanio. Su una delle pareti fa bella mostra di sè perchè ben ristrutturato un gafio, un balcone costruito con antiche tecniche edilizie longobarde. (leggi rassegna stampa)

Per arrivarci da Teramo, da cui dista circa 30 km. (vedi mappa): si prende la S.S.80 verso Montorio al Vomano e si devia a destra, appena fuori Teramo, per Ioanella. Da qui, alla fine dell’abitato, si prosegue verso Poggio Valle, per raggiungere, attraverso una strada brecciata a scarsissima manutenzione, Valle Piola.

Valloni

 

E’ una frazione di Valle Castellana (Teramo) e si trova a m.673 s.l.m. (I.G.M.) E’ omonima della frazione, tuttora abitata, che si trova lungo la strada che collega Valle Castellana con Ascoli Piceno, ma è leggermente internata rispetto alla S.P. 49, tutto sommato non molto distante da Collegrato e da Laturo, a cui si può arrivare solo a piedi. Valloni è una frazione che praticamente non esiste più. Sono però ben visibili i ruderi della Chiesetta di S.Maria degli Angeli, posta nel punto più alto di un pianoro, attorno alla quale quattro o cinque antichi casali sono da tempo in completo stato di abbandono ed ormai quasi completamente divorati dalla vegetazione spontanea. E’ rilevante che in uno degli edifici più grandi siano ancora distintamente visibili i resti di un gafio. Propriamente il gafio è un elemento architettonico, utilizzato soprattutto negli edifici di montagna, testimonianza delle tecniche edilizie dei Longobardi. E’ costituito da una struttura di legno incastrata nella muratura ed agganciata al tetto da appositi sostegni, anch’essi in legno. E’ una vera rarità ed il più noto, ristrutturato a regola d’arte, si trova a Leofara (Te).

Per arrivarci da Teramo : si arriva a Valle Castellana percorrendo prima la S.P. 48 di Bosco Martese e poi la S.P. 49 e da lì si prosegue verso Ascoli Piceno; dopo circa 4 Km. si deve girare a destra per Olmeto e dopo 1,2 Km., sulla sinistra, si individua in basso un viottolo di campagna ed in alto i ruderi della chiesetta. Percorse a piedi poche decine di metri di leggera salita si arriva al centro del pianoro.

#Credits: Foto e testi di Francesco Mosca

HASTAG #abruzzovivo #abruzzovivoborghi #abruzzovivonelmondo #abruzzovivoarcheologia #abruzzovivoarteecultura #abruzzovivoborghi #abruzzovivocronaca #abruzzovivoenogastronomia #abruzzovivoeventi #abruzzovivoluoghiabbandonati #tabruzzovivomistero #abruzzovivonatura #Civitelladeltronto #abruzzovivopersonaggi #abruzzovivophotogallery #abruzzovivoscienza #abruzzovivoscrivevano #abruzzovivostoria #abruzzovivoterremoto #abruzzovivotradizioni #abruzzovivoviaggieturismo #abruzzovivovideo #abruzzovivomarcomaccaroni






Potrebbe interessarti
Il borgo di Escher, Castrova...
Pettorano sul Gizio
Rocca San Giovanni e la cost...
Roccacasale l’antico b...
Filignano dalle origini medi...
Una chiesa abbandonata
La chiave dei trabocchi - Hotel

Autore
Informazioni su Marco Maccaroni 993 articoli
Classe 1956, innamorato di questa terra dura ma leale delle sue innevate montagne del suo verde mare sabbioso dei suoi sapori forti ma autentici, autore, nel 2014, del sito web Abruzzo Vivo

8 commenti

  1. La cosa migliore sarebbe quella di informarsi presso il comune per verificare chi è e se c’è il proprietario della casa che si vuole acquistare

  2. Salve, sono molto interessata a questi luoghi abbandonati. La sua ricerca continua? Ha fatto davvero un buon lavoro. Volevo chiederle della prima foto…di quale chiesa si tratta?

  3. La ringrazio per gli apprezzamenti. Ho provato a scorrere l’archivio ma non sono riuscito a trovare la foto ma ritengo si tratti di Castiglione della Valle. Per quanto riguardale le ricerche ho appena finito un pezzo sulla storia geologica del Gran Sasso. Ho scoperto cose meravigliose che a giorni condividerò con tutti pubblicando l’articolo.

  4. salve, ho letto l’articolo e devo dire è stupendo e molto dettagliato.
    complimenti.
    fra le altre cose ho letto la descrizione di corelli, io sono il figlio dell’attuale proprietaria della vecchia scuola di Flamignano, che l’ha acquistata se non erro (sempre da un privato) nel 2007.
    ho intenzione di tirarla su perchè il posto mi piace molto e sinceramente vederla cosi con parte del tetto crollato mi duole molto.
    Su Flamignano si sa qualche cosa? Origini o altro?
    grazie mille.
    Distinti Saluti

  5. Ciao Alessandro e grazie per i tuoi commenti lusinghieri. Per quanto riguarda la Valle del Salto ed in particolare Fiamignano, c’è un ottimo documento della Comunità Montana Salto Cicolano molto interessante. Mi sono permesso di inviartela per email. Grazie e continua a seguirci.

  6. Da tempo cerco luogo simile per vita eremitica. Già vissuto in solitudineserena per 4 anni. Ora avrei la possibilità di vivere pienamente questa vocazione naturalmente dopo aver contattato il vescovo della diocesi. Cordiali saluti attendo eventuale risposta

  7. Suormargherita difficile rispondere ad una affermazione del genere. Si tratta di scelte personali che possono essere solo accettate. I miei più cari auguri.

Lascia un commento